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     n. 6 anno 2024

Passaggi di livello

di Federico Bencivelli

Il coaching dialogico per vedere oltre sé stessi

Le domande che ci poniamo e i feedback che riceviamo sulla qualità del nostro lavoro all’interno della Comunità di coaching ci aiutano a capire cosa servirà nei prossimi anni per continuare a generare apprendimenti, ispirare comportamenti virtuosi, in un ambiente (sociale, economico, tecnologico) sempre più complesso.

Attualmente la risposta più ricorrente nel nostro dibattito è: facilitare nelle persone lo sviluppo di una coscienza più ampia, imparando a guardare oltre sé stessi.

Questa visione è ambiziosa perché richiede l’acquisizionedi un modello alternativo di comprensione della persona umana, che superi il dualismo fra due concezioni contrapposte che tanto caratterizzano il nostro tempo: l’individualismo e il collettivismo.

Entrambi scaturiscono dalla solitudine profonda (e senza precedenti nella storia) nella quale è sprofondato l’uomo della nostra epoca: la persona umana oggi si sente esposta in un mondo in rivolta, indesiderata in un ambiente caotico, isolata in quanto persona.

Nell’individualismo, dove l’uomo esiste solo in relazione a sé stesso, l’individuo esposto per natura ad un mondo tanto ostile, si sente obbligato ad accettare questa situazione come unico modo d’essere per lui sostenibile in quanto singolo. Cosi accetta il suo stato di isolamento, non si sente legato a nessun’altra persona ma libero di esaltarsi individualmente.

Con il collettivismo abbiamo la tendenza opposta. L’individuo tenta di sfuggire alla solitudine e si fonde in un insieme di altri individui nella stessa situazione. Tanto più questo insieme di individui è massiver (massivo), tanto più si rende ospitale e confortevole agli occhi dei suoi componenti e li libera dalla coscienza di non avere una casa nel mondo e nella società. Per cui non resta che lasciar­si tra­spor­ta­re da quel­l’in­sie­me di av­ve­ni­men­ti, in­for­ma­zio­ni, cre­den­ze ed usan­ze che coin­vol­go­no gli uo­mi­ni in un modo sem­pre più sub­do­lo e stru­men­ta­liz­za­to.

Se l’individualismo comprende solo una parte dell’uomo, il collettivismo comprende l’uomo solo come una parte. 

Né l’uno né l’altro procedono verso l’integrità della persona umana: per comprendere l’uomo nella sua totalità occorre una terza via.

Il coaching si è affermato negli anni come disciplina in grado di percorrere questa strada. 

Nasce e si sviluppa per farsi carico di questo dualismo favorendone potenzialmente il superamento, accompagnando le persone in una evoluzione graduale della consapevolezza di sé e del proprio posto nel mondo.

A partire da un primo inquadramento.

Infatti, quando ci chiediamo, come ha fatto Giovanna D’Alessio durante la Conferenza di ICF Italia dello scorso anno, in quale “stadio della coscienza” si trovano i clienti (in percentuale) nel momento in cui intraprendono un percorso di coaching, emerge una rappresentazione che si articola su 5 livelli progressivi.

Livello 1: Egocentrico (5%): In questo stadio al centro c’è unicamente il punto di vista del Cliente (coachee). Il livello di ascolto è modesto, la tendenza dominante è affermare principi e convinzioni (ad es. io spiego e gli altri non capiscono, le persone non cambiano mai, ecc). I bisogni da soddisfare sono unicamente di tipo autoreferenziale ed è minima la disponibilità a ragionare sui propri modelli. Un atteggiamento tipico della fascia di età 8-18 anni, ma riscontrabile anche negli adulti, in cui si coglie un tratto narcisistico più marcato.

Livello 2: Reattivo (70%): Qui si colloca la fascia più ampia della popolazione: il bisogno primario espresso dai coachee è in risposta alle aspettative esterne: risultano estremamente influenti il giudizio, il riconoscimento (di successi e insuccessi), la valutazione delle proprie capacità derivanti dagli altri, incluso il coach. Si nota una certa difficoltà a padroneggiare le proprie emozioni, soprattutto quelle negative (paura, rabbia, vergogna). Ci sono comunque segnali incoraggianti di apertura all’apprendimento e alla riflessività.

Livello 3: Creativo (20%): In questo stadio il coachee mostra fin dalla prima sessione di possedere una buona capacità di elaborazione, una consapevolezza personale più matura, una maggiore abilità a confrontarsi con le proprie emozioni, a fronteggiare le paure. Il coachee riesce a vedere i propri modelli mentali e conseguentemente a metterli in discussione. Queste persone sono già potenzialmente in grado di rispondersi alla domanda: cosa voglio veramente? Come i miei desideri si connettono con il mondo intorno a me e con gli altri?

Livello 4: Integrale (5%): È lo stadio nel quale il coachee è capace non solo di superare ma di riabbracciare le proprie paure, di accettare le proprie ombre. A questo livello la persona è in grado di comprendere che non soltanto ha la possibilità, ma è anche titolare della capacità di andare oltre i propri attuali limiti per liberarsi, se lo vorrà, nella via dell’autenticità.

Livello 5: Unitivo (0%): È lo stadio nel quale il coachee è in grado di entrare facilmente in risonanza piena non solo con sé stesso ma con il mondo, con il sistema di cui fa parte e che è parte di lui.  Quando le persone raggiungono questo livello subentra la sensazione di essere coinvolte in una relazione a livello globale. È lo stadio trascendente che consente di guardare oltre sé stessi, di vedere il tutto mentre si interpreta una parte.

Questa rappresentazione mostra quanto sia difficile emanciparsi dalle spinte individualistiche o, all’opposto, eccessivamente conformiste per riuscire a percorrere efficacemente la via che conduce all’integrità della persona.

Per favorire questi passaggi di livello occorre tuttavia chiedersi quanto il processo stesso di coaching che proponiamo e realizziamo sia o meno ispirato ad una concezione antropologica di tipo dialogico-relazionale

Basata sulla filosofia dialogica di Martin Buber, l’assunto è che l’individuo è un soggetto relazionale.

L’uomo perciò può essere compreso solo se tenuto in considerazione nella relazione con l’altro. 

Questo è dovuto al fatto che tra-uomo-e-uomo esiste qualcosa, un’entità che non ha l’eguale in natura. 

Questa entità ha la sua radice lì dove la persona vede nell’altro la sua alterità, vede quest’altro essere qui, ben determinato, posto lì per comunicare con lui, in una sfera che sia loro comune; una sfera però, che oltrepassa l’ambito particolare tanto dell’uno quanto dell’altro.

Se si inquadra la persona come un soggetto relazionale che dispiega tutte le sue capacità e configura la sua identità nell'incontro con altre realtà, e in modo del tutto particolare nella relazione con altre persone, compito del coach non è solo concentrarsi, come suggerisce il modello ontologico-trasformazionale di Echeverria, sugli atti linguistici del coachee ma aprirsi alla sua presenza, rendersi partecipe del suo vissuto, entrare dentro la relazionalità per scoprire “l’essere della relazione”, in una logica di apprendimento e influenzamento reciproco

Il linguaggio è un segno, un mezzo; la relazione è l’entità di cui parliamo.

Nel dialogo vero (vale a dire, un dialogo che non sia concertato nei dettagli della partecipazione individuale, ma che sia del tutto spontaneo, in cui ciascuno parli direttamente all’altro e ne susciti direttamente l’imprevedibile replica), ciò che c’è di essenziale si compie in un modo molto preciso e puntuale tra coach e coachee, in una dimensione che, per così dire, non è accessibile se non ai due protagonisti.

Durante una sessione, ciò che succede nel momento in cui c’è una relazione autentica, benché si tratti di un qualcosa di fugace e altresì molto intenso, non è nulla di psicologico, ma è una entità, una realtà.

Al coaching di tipo dialogico compete la responsabilità di svelare pienamente la natura di questa entità, facilitando così l’accesso ad ulteriori livelli della coscienza e la creazione di nuovi spazi di sviluppo.

Guardare la realtà “secondo la relazione”ci consente di diventare ciò che siamo. 

È il livello di maturità perseguibile da chiunque sia disposto ad evolvere in risonanza con le esperienze della vita.

 

Federico Bencivelli, Coach ACC – ICF (International Coach Federation)

 

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