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     n. 1 anno 2024

La parità di genere: 5 cose che dovete sapere

di Giulia Leardi

di Giulia Leardi

In un lasso di tempo relativamente breve - anche a seguito di episodi assurdi e drammatici - la società (intesa come insieme di individui) e le società (intese come persone giuridiche) sono state permeate dalla consapevolezza che la parità di genere è un tema fondamentale e che la declinazione della stessa in ambito lavorativo è un’esigenza da affrontare.

Nel panorama odierno, si colgono esempi molto virtuosi come la scesa in campo di Tim, colosso della telefonia, che a fine anno ha lanciato uno spot tv, nell’ambito della più ampia campagna “la parità non può aspettare”, creato per sensibilizzare sul tema del gender gap. Ed esempi apparentemente meno virtuosi, come quello denunciato dal programma di Rai tre condotto da Sigfrido Ranucci che ha contestato all’Onorevole Di Biase di aver messo in piedi una società per la consulenza della certificazione della parità di genere, in anticipo rispetto alle altre. Report ipotizza che questo sia avvenuto grazie alle sue entrature politiche, lei che è la moglie di Dario Franceschini, all’epoca ministro del Pd.

In mezzo… gli imprenditori (soprattutto delle PMI) che sono – come spesso accade - lasciati a loro stessi, presi d’assalto da ogni genere di proposta e/o offerta.

Il mio contributo nasce dall’esperienza diretta, essendo stata consulente, per questa certificazione, a società appartenenti a cluster diversi. Avendo lavorato anche in qualità di esperta, per degli enti certificatori, in diversi audit.

Ecco le cinque cose che è necessario tenere in considerazione per sfruttare al meglio l’investimento nella certificazione di parità.

1)         LA CONSULENZA DEVE ESSERE COSTRUITA SU MISURA DA CHI HA LA COMPETENZA NECESSARIA.

Non è una banalità.

Infatti, non tutti sanno che l’iter per arrivare alla certificazione è fatto di due fasi: la prima di consulenza e preparazione di tutta la documentazione necessaria. La seconda è la verifica dei requisiti previsti dalla UNI/PDR 125 da parte di un ente certificatore, che rilascerà la certificazione.

Mentre all’ente certificatore la propria qualifica viene rilasciata da Accredia (l’Ente Italiano di Accreditamento), la consulenza nella prima fase può essere svolta da diverse figure di consulenti, con risultati che possono variare notevolmente!

La certificazione di cui stiamo scrivendo, impatta su temi quali la retribuzione dei dipendenti ed in particolare delle dipendenti, la loro assunzione e crescita all’interno dell’azienda, la genitorialità e il welfare. È logico che il consulente a cui ci si rivolge debba conoscere approfonditamente la materia oggetto di questa certificazione, anche per aiutare il responsabile delle risorse umane che sarà incaricato di seguirene l’iter (l’HR in questa certificazione ha un ruolo preminente).

2)         LA FORMAZIONE

Nella prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022 è previsto che venga stilato un regolamento contro gli atti discriminatori e le molestie. Inoltre “la politica di genere aziendale deve essere (…) oggetto di formazione e sensibilizzazione al management aziendale”.

Quindi, la formazione del personale, a tutti i livelli, sui temi specifici della discriminazione è fondamentale, perché la comprensione aiuta a sensibilizzare.

In un ambiente, come può essere quello delle aziende italiane, in cui convivono etnie diverse e generazioni anche lontane tra di loro, non sempre viene data la stessa lettura a certe situazioni. Spiegare a tutti cosa si intende per atto discriminatorio, cosa si intende per molestia, cosa fare o non fare soprattutto in ambito lavorativo, permette di creare consapevolezza.

La formazione è uno strumento potente che la società può avere per dissuadere certi comportamenti e per generarne altri che portano ad un ambiente di lavoro funzionale, dove per esempio le assenze per malattia diminuiscono e la produttività è più elevata.

3)         IL TESORETTO

La fase di consulenza dovrebbe permette all’azienda di crearsi un “tesoretto”.

Non tutte le PMI (soprattutto quelle che appartengono ai cluster micro e piccola) hanno policy/ procedure per gestire delle situazioni in ambito lavorativo.

La consulenza per la certificazione di parità dovrebbe mettere la società nella condizione di arrivare alla fine ed avere:

- un codice etico,

- una procedura di gestione delle risorse umane in cui venga disciplinato:

a) il processo di recruiting,

b) il processo di sviluppo professionale,

c) il processo di gestione dell’equità salariale,

d) il processo di gestione della genitorialità (maternità e paternità),

e) il processo di gestione della work life balance,

- il processo di denuncia e gestione delle non conformità e reclami (una sorta di whistleblowing relativo agli atti discriminatori e le molestie)

- un processo di gestione della comunicazione interna ed esterna.

Questi documenti una volta creati, devono essere aggiornati ma sono sicuramente fondamentali per gestire meglio una società.

4)         I VANTAGGI

Oltre alla possibilità di avere un punteggio più alto nelle gare di appalto, l’ottenimento della certificazione comporta per la società ulteriori vantaggi, come ad esempio:

-           la possibilità di partecipare a dei bandi regionali e nazionali ed ottenere i relativi fondi. Lo scorso 23 novembre presso la sede della Regione Lazio è stato presentato il bando “Voucher Digitalizzazione PMI”, il cui obiettivo è sostenere le imprese che intendono acquistare tecnologie digitali e servizi. Per le imprese certificate nella parità di genere erano a disposizione 10 punti!

-           Superare il questionario SAQ (5.0) che è un questionario di valutazione di sostenibilità che coinvolge le seguenti tematiche: la gestione aziendale, la salute e la sicurezza, l’etica aziendale, l’ambiente, la gestione responsabile della catena di approvvigionamento, i diritti umani e le condizioni di lavoro. Il rating SAQ 5.0, sul quale si basa il risultato del questionario, fornisce un’indicazione delle prestazioni di sostenibilità dell’azienda in questione, in riferimento agli standard dell’industria automotive. Il rating fornisce inoltre un confronto delle prestazioni rispetto alle medie del settore e del paese in cui si trova tale azienda. Volvo, chiede ai propri fornitori - affinché questi continuino ad essere tali, di ottenere dei punteggi elevati in questo questionario, ove la parte sui diritti umani e le condizioni di lavoro implicano una certificazione di parità di genere.

-           Entrare nel magico cerchio della “buona reputazione”. La reputazione è ciò che precede l’azienda. Un asset intangibile e dinamico che influenza fortemente gli acquisti dei consumatori, preservando il successo aziendale. La brand reputation è l’insieme delle percezioni, valutazioni e aspettative degli stakeholder rispetto alle azioni passate e future dell’impresa. È la diretta conseguenza (anche involontaria) delle azioni che l’azienda realizza e che determina la sua posizione rispetto ai competitor. Una buona reputazione consente di distinguersi dai concorrenti, ottimizzando la propria performance. Tra due aziende competitor, quella che non gode di una buona reputazione è considerata, infatti, maggiormente “a rischio” dagli investitori.

5)         IL RISPARMIO

Last but not least! Investire in una “buona” certificazione di parità avvicina immediatamente l’azienda all’obbiettivo del bilancio di sostenibilità che diventa più a portata di mano sia in termini economici che in termini di sforzi per realizzarlo.

Oggi, le aziende devono tenere in grande considerazione l’aspetto sociale (“S”) dell’ESG (environmental, social and governance). Questo è un aspetto fondamentale che si concentra principalmente sulle condizioni di lavoro e sul rispetto dei diritti umani.

Negli ultimi anni, gli investitori hanno concentrato i loro sforzi sulla dimensione “E” o ambientale perché è più facile da misurare.

La componente sociale “S” di ESG si manifesta attraverso sei variabili distinte:

1. L’importanza della salute

2. Disuguaglianza di reddito

3. Diversità, equità e inclusione

4. Competenze dei dipendenti

5. Migliorare le comunità

6. Innovazione sociale.

Tutte quante mettono in evidenza il trattamento dei lavoratori, poiché le aziende non possono progredire se non si prendono cura della loro forza lavoro.

 

avv. Giulia Leardi, Partner Nunziante Magrone

 

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