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     n. 6 anno 2023

Inclusion & diversity LGBT: come misurare gli interventi

di Roberto D'Incau

Avere a disposizione dati solidi sui quali poggiare le proprie scelte è sempre più importante nel mondo del business. Anche quando si tratta di persone, tema in passato lasciato di più a intuizione e soggettività, avere modalità di misurazione che ci permettano di avere dati sui quali costruire iniziative di miglioramento del recruitment, della retention e della crescita professionale diventa sempre più importante.

La letteratura è inoltre concorde sul fatto che raccogliere e analizzare metriche LGBT è un segnale chiaro di commitment dell’organizzazione. Ciò che si misura – fatturato, margini, turnover etc. – è importante, ciò che non si misura rischia di andare in secondo piano. Al tempo stesso, introdurre metriche che misurino l’appartenenza a gruppi o categorie presenta criticità dal punto di vista legale, etico, politico e culturale (non solo la cultura nazionale, ma anche quella locale e aziendale). Pertanto, cercheremo di tracciare i passi fondamentali del processo di definizione e implementazione delle metriche, soffermandoci sui punti di criticità specifici per la popolazione LGBT.

  1. Definire la dimensione che vuoi monitorare. Il nostro focus è sulla popolazione LGBT e proprio questo rappresentata il primo punto critico: i dati del 2021 S&P Global Corporate Sustainability Assessment (CSA) mostrano come in Europa soli il 2% delle aziende possano comunicare la percentuale dei dipendenti LGBT. Tracciare la popolazione LGBT+ in alcuni contesti può essere complesso per ragioni legali, etiche, storiche, politiche o culturali. Ciò ci porta inevitabilmente al secondo punto.
  2. Rivedere le politiche sulla gestione dei dati. Lavorare sulle metriche della diversità richiede di avere a disposizione nuovi dati da analizzare. Ci sono due prerequisiti importanti:
    • a. Volontarietà. È la persona stessa a indicare la propria appartenenza alla popolazione LGBT (non può esserci un’attribuzione da parte di altri). Diventa quindi fondamentale una comunicazione dell’iniziativa al tempo stesso incisiva e rassicurante, attraverso l’impiego di ambassador “ingaggiati” sul tema.
    • b. Anonimità. Viene garantita con alcuni accorgimenti: il dato non deve essere visibile responsabile, colleghi e collaboratori della persona e in generale se ne limita la visibilità a poche persone vincolate da un non-disclosure agreement; la reportistica deve impedire la facile individuazione della persona (es. non fare report su cluster con meno di 5 persone).
  3. Selezionare le metriche. Le metriche devono permetterci per prima cosa di fare diagnosi, cioè di identificare opportunità, aree di rischio e “blindspot” (aspetti che vediamo/non vogliamo vedere ma che i dati ci mettono di fronte) e quindi dare una priorità alle iniziative da intraprendere. Poi devono permetterci di tracciare il progresso, di misurare i risultati ottenuti con le iniziative intraprese. Le metriche possono essere integrate da strumenti di natura più qualitativa come focus group o interviste. Ecco qualche esempio di metrica, con qualche suggerimento per adottarla al meglio:
    • a. Representation. Può essere calcolata in modo semplice come percentuale dei dipendenti LGBT sul totale dei dipendenti aziendali. Suggerimento: segmentare la forza lavoro affinché la rappresentanza sia monitorata a tutti i livelli (es. posizioni di leadership, diversi rank retributivi) e in tutte le funzioni.
    • b. Retention: percentuale dei dipendenti LGBT che hanno lasciato l’azienda rispetto alle dimissioni totali (o a quelle della popolazione LGBT) oppure durata media del rapporto di lavoro delle persone LGBT (rispetto alle media generale o del “gruppo dominante”). Suggerimento: suddividere l’attrition in volontaria e involontaria per comprendere se le persone LGBT scelgono di andarsene o vengono, in qualche modo, “spinte” fuori dall’organizzazione.
    • c. Recruitment. Gli indicatori di natura numerica come il numero di candidati LGBT o il numero di colloqui di selezione con persone LGBT presentano il problema già sopra citato dell’identificazione ed entrano in conflitto l’art.10 del decreto legislativo n.276, 2003 che vieta di effettuare indagini relative alle all’orientamento sessuale. Suggerimento: condurre survey sulla forza dell’employer brand nella popolazione LGBT o analisi approfondite degli annunci di lavoro, in particolare sulla presenza di bias che possano incidere sulla partecipazione alle selezioni da parte della popolazione LGBT.
    • d. Retribuzioni e promozioni. Confrontare il dato relativo alla popolazione LGBT, con quello del resto della popolazione aziendale (o con quello del gruppo dominante) non è sufficiente. Suggerimento: misurare non solo il numero di promozioni, ma anche quello di “application” e i tempi di crescita professionale, per comprendere se ci sono resistenze, più o meno esplicite, a candidarsi oppure a favorire/ostacolare la candidatura.
    • e. Engagement. Si può misurare il tasso di partecipazione della popolazione LGBT (verso la popolazione generale) a programmi di mentoring, formazione, sviluppo o ad altre esperienze aziendali oppure utilizzare strumenti come Inclusion Survey, DE&I Index, ENPS (Employee Net Promoter Score). Suggerimento: prevedere la registrazione, sempre in modo anonimo e volontario, dell’appartenenza alla comunità LGBT, per permettere il confronto dei dati con la popolazione generale, il gruppo dominante o altri cluster.
  4. Stabilire una base di partenza. È fondamentale per misurare i progressi. Posso avere una baseline aziendale e/o fare riferimento a benchmark di settore/industry o più generali (relativi al mercato del lavoro o alla società). 
  5. Definire obiettivi. Per cambiare le persone devono avere una chiara idea di cosa ci si aspetta da loro, senza obiettivi specifici e misurabili c’è il rischio che tendenze nascoste e automatiche, bias e stereotipi prendano il sopravvento. Al tempo stesso, gli obiettivi relativi alla diversity dovrebbero essere definiti con cautela: ambiziosi sì, ma realistici (per non alimentare resistenze o paure) facendo attenzione a distinguere obiettivi di breve termine, raggiungibili dall’azienda, da quelli di lungo periodo, come la possibilità di accesso a determinate professioni che dipende anche da fattori esterni (cultura di provenienza, scuole frequentate).
  6. Dare responsabilità. Una volta definiti gli obiettivi, occorre individuare persone responsabili del loro raggiungimento, a tutti i livelli, collocando la responsabilità finale ai piani alti (CEO, Board).
  7. Tracciare e analizzare i risultati. Una volta definite le metriche è necessario monitorare e analizzare i dati con la giusta frequenza per capire cosa sta funzionando e cosa no.
  8. Comunicare i risultati e sottolineare le nuove iniziative. I risultati devono essere comunicati in modo trasparente all’interno dell’azienda, compresi quelli non positivi (sapere che nulla viene nascosto “sotto il tappeto” incoraggia fiducia e responsabilità). La comunicazione all’esterno può rafforzare l’immagine e la reputazione dell’azienda, ma richiede una grande attenzione su cosa e come comunicare.
  9. Rivedere le metriche regolarmente. I programmi di DE&I maturano nel tempo e pertanto alcune metriche possono essere sostituite da altre o magari rese più sofisticate.
  10. Agire sulla base dei dati. Raccogliere dati e analizzarli non basta, bisogna implementare azioni a diversi livelli: dal recruitment (es. fare careeer day in università con una popolazione LGBT significativa, pubblicare annunci di lavoro senza bias) alle promozioni (es. formare i manager a valutare senza bias) etc. Costituire Employee Resource Groups (ERG), gruppi di dipendenti volontari che promuovono attivamente una cultura inclusiva e favoriscono il cambiamento in azienda è altrettanto importante. Solo con l’azione, il processo di misurazione, che può essere impegnativo e irto di ostacoli, diventa pieno di senso e significato.

Misurare non è facile, non lo è dal punto di vista strettamente tecnico, non lo è nemmeno da un punto di vista etico e culturale e in fondo tocca le nostre storie: identificarsi, riconoscersi, non discriminare e non essere discriminati. Misurare in fondo è qualcosa che ci aiuta a fare di più, a fare meglio, a creare condizioni migliori per tutti, non solo per la popolazione LGBT. La misurazione, le metriche, gli indicatori sono linguaggi, una lingua che nelle aziende è praticata e conosciuta. Un linguaggio che può permetterci di trovare ascolto. E risposte.

 

Roberto D'Incau, Founder Lang & Partners 

 

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