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     n. 2 anno 2023

Whistleblowing: un primo vademecum per le imprese

di Roberto Podda

di Roberto Podda

Il 9 dicembre scorso il Consiglio dei Ministri ha approvato in via preliminare il decreto legislativo per l'attuazione della Direttiva UE 2019/1937, inerente la protezione dei c.d. “whistleblowers”, ovvero i soggetti che segnalino violazioni delle disposizioni normative nazionali ed europee di cui siano venuti a conoscenza nel contesto lavorativo.
La Direttiva si pone la duplice finalità (i) di garantire misure minime di tutela ai whistleblowers, prevedendo l’obbligo per gli Stati Membri di provvedere affinché vengano adottate le misure necessarie per vietare qualsiasi forma di ritorsione contro le persone che effettuino segnalazioni, e (ii) di imporre agli enti privati con almeno 50 dipendenti l’istituzione di canali di segnalazione, interni ed esterni, in grado di tutelare la riservatezza dell’identità del segnalante e di terzi. 
I soggetti tutelati dalla Direttiva sono sia i lavoratori dipendenti pubblici e privati, sia i lavoratori autonomi, gli azionisti e membri degli organi di amministrazione, direzione o vigilanza delle imprese, nonché le persone che lavorino sotto la supervisione e la direzione di appaltatori, subappaltatori e fornitori. Le misure di tutela offerte dalla Direttiva possono estendersi anche ai colleghi o parenti dei whistleblowers ove sussista, a causa della segnalazione ed anche nei loro confronti, il rischio di ritorsioni nel contesto lavorativo. 
Sino a pochi giorni fa, nel settore privato la normativa nazionale prevedeva l’obbligo di dotarsi di sistemi di segnalazione delle violazioni solamente per gli enti che avessero adottato un modello di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs. 231/2001, con riferimento ai soli illeciti rilevanti ai sensi di tale normativa. Con il recepimento della Direttiva, tale adempimento verrà richiesto a tutte le aziende con almeno 250 dipendenti e, a decorrere dal dicembre 2023, anche a quelle che impiegano almeno 50 dipendenti, indipendentemente dall’adozione del modello ex 231. 
In attesa di leggere il testo del decreto di recepimento della Direttiva, è quindi consigliabile che le aziende inizino a strutturare adeguati canali di comunicazione interni, di cui almeno uno in modalità telematica, che consentano segnalazioni anche su base anonima, siano in grado di garantire la riservatezza del segnalante e dei terzi coinvolti e generino un avviso di ricevimento della segnalazione al whistleblower
Inoltre, è altamente raccomandata l’adozione di policy che individuino i ruoli aziendali, imparziali e competenti, a cui i whistleblowers possano rivolgersi e che chiariscano le modalità e le tempistiche di segnalazione, oltre alle misure di tutela garantite dal datore di lavoro. 
In questo scenario, è facile comprendere come il coinvolgimento delle rappresentanze sindacali interne sia essenziale, al fine di creare un percorso condiviso e tutelante sia per i lavoratori sia per i datori di lavoro. 
Da ultimo, la prassi già da tempo in vigore oltreoceano offre preziosi spunti di riflessione: l’implementazione di campagne di sensibilizzazione interne, di appositi training aziendali, nonché l’adozione di misure di supporto effettive, quali ad esempio l’erogazione di permessi aggiuntivi per i whistleblowers o l’offerta di assistenza psicologica e/o legale, rappresentano dei validi strumenti per lo sviluppo di un clima aziendale di fiducia, in cui la tutela dei whistleblowers possa trovare piena e concreta attuazione.
  
avv. Roberto Podda, partner presso K&L Gates, responsabile del dipartimento di diritto del lavoro

 

 

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