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     n. 16 anno 2022

Che posto hanno le persone e l’organizzazione del lavoro nell’impresa sostenibile?

di Gabriele Gabrielli

Il «paradigma della sostenibilità» sfida la visione e la gestione di imprese e organizzazioni. Gli imprenditori e i manager che hanno già deciso, o stanno decidendo di abbracciare questo paradigma, sono consapevoli che dovranno riuscire a incorporare i suoi principi nel modello di business facendoli diventare cultura e comportamenti coerenti a tutti i livelli. 
La sostenibilità dunque avanza nel business, ne conquista giorno dopo giorno territori più estesi. D’altro canto sta diventando ormai criterio ineludibile – grazie agli ESG (Environmental, Social, Governance) -per orientare l’allocazione degli investimenti finanziari e sostenere lo sviluppo delle imprese. La vita nelle imprese tutti i giorni, scandita dal ritmo dei suoi flussi operativi, deve sempre più spesso confrontarsi con queste metriche. Nessuna funzione e business unit può sottrarsi alla misura di indicatori che dichiarano cosa e quanto si stia facendo per la sostenibilità. 

Qual è la vera svolta? Semplificando molto sta nell’idea che le imprese sostenibili non possono generare «esternalità negative» e scaricarle sulla società, soprattutto sulle prossime generazioni. La sostenibilità è davvero una rivoluzione da questa prospettiva, richiede un nuovo sguardo sul mondo e sull’economia; soprattutto uno sguardo nuovo rispetto al “posto” che l’impresa ha nella società. 
Il tradizionale impianto strategico ed operativo dell’organizzazione va così ripensato e rigenerato. Per farlo serve una mentalità nuova. Occorre un nuovo mindset per attivare, guidare, implementare la trasformazione radicale richiesta e accompagnare la transizione.

E il lavoro? L’obiettivo è creare «valore condiviso» con il suo ecosistema che diventa più esteso - andando ora ben al di là del perimetro ristretto dei lavoratori dipendenti - e con gli altri stakeholder per generare un positivo impatto economico, ambientale e sociale. 
Il cambiamento delineato dalla «transizione sostenibile», infatti, riguarda in modo particolare le persone e il capitale relazionale che esse generano. Riguarda appieno allora la progettazione e la cura dei sistemi organizzativi, del lavoro, delle forme di cooperazione. 

C’è un modello di riferimento al quale i manager, principali attori organizzativi, possono guardare per gestire in modo sostenibile collaboratori e stakeholder? 
A quali principi il management può ispirarsi per costruire strategie, politiche, pratiche organizzative sostenibili? 
Su quali fondamenta possiamo ancorare pratiche sostenibili di people management?
In questa transizione vedo un rischio: che la sostenibilità «sociale» degli ESG rimanga indietro perché le imprese guardano con maggiore attenzione «ambiente» e «governance». Se fosse vero la sostenibilità risulterebbe zoppicante perché trascurerebbe il suo cuore pulsante, ossia il lavoro, la sua organizzazione, la gestione e cura delle persone.
Sarebbe un errore imperdonabile. Occorrono idee, progetti e laboratori per mettere al centro del percorso delle imprese verso la sostenibilità l’organizzazione del lavoro e la gestione di collaboratori, collaboratrici, team.

Per cogliere appieno questa dimensione il management deve dotarsi di un «mindset» e di «pratiche» sostenibili.  Per implementare nella vita organizzativa e nella gestione il nuovo paradigma occorre un rinnovamento autentico nel modo di considerare e organizzare il lavoro e i  suoi protagonisti.

Per essere sostenibili non basta realizzare qualche iniziativa di inclusione o supportare qualche progetto esterno con impatto sociale, occorre ridisegnare l’organizzazione e riscrivere i programmi di gestione delle risorse umane, rileggere la sua filosofia e gli strumenti disponibili con le lenti della sostenibilità per identificare nuovi approcci e pratiche per creare benessere personale, organizzativo, sociale.

Si apre una stagione straordinaria di lavoro comune tra team HR e manager per generare una rinnovata consapevolezza sulla centralità che ha il prendersi a cuore l’organizzazione del lavoro, la costruzione di ambienti generativi di benessere, la cura delle relazioni capo-collaboratore-team
Fenomeni come la Great Resignation e il Quiet Quitting sono le nuove emergenze organizzative che chiedono di ripensare con apertura e in profondità anche il people management. 
Abbracciare la sostenibilità in poche parole significa ridisegnare il lavoro e le sue premesse, lasciandosi ispirare da principi che sono stati annacquati o peggio travolti da concezioni dell’economia e dell’impresa che non stanno più reggendo l’urto delle diseguaglianze crescenti e della crisi ecologica e umana. È ora di dire chiaramente che le barriere che ostacolano il benessere delle persone, frenano l’engagement, incentivano il disimpegno organizzativo sono prima di tutto culturali ed etiche.
Bisogna ricominciare da qui e rimettere in ordine i valori-guida di un’organizzazione che vuole essere sostenibile in modo integrale.

 

Gabriele Gabrielli
imprenditore, executive coach e consulente è Founder e Ceo di Studio Gabrielli Associati Srl e di People Management Lab S.r.l Società Benefit e BCorp certificata e ideatore di Sostenabitaly. Co-fondatore e presidente della Fondazione Lavoroperlapersona, è professore a contratto presso l’Università Luiss Guido Carli dove insegna Organizzazione e gestione delle risorse umane e People management e reward. Il suo ultimo libro è: (con Donati P., Alici L.), Beni relazionali. La conoscenza che accomuna, FrancoAngeli, 2021. 

 

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