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     n. 21 anno 2022

Dal convegno AIDP-ANDAF- IIM Institute of Management di Bologna: dal temporary management le competenze manageriali per gestire i fondi PNRR

di Patrizia Sassoni

Supportare lo sviluppo delle PMI introducendo competenze manageriali: se ne è discusso nel convegno che si è tenuto a Bologna il 28 novembre e che ha visto sul palco del MUG di Emil Banca professionisti del mondo del lavoro e associativo. E' stata l'importante ottava tappa di un roadshow partito nel 2020-21: AIDP, ANDAF e IIM Institute of Interim Management gli organizzatori, supportati dalla preziosa collaborazione di CONFAPI ed EMIL BANCA. Moderatore Sergio Luciano (Economy).

Se la strutturale sottomanagerializzazione delle nostre PMI rischia di frenare e financo impedire il pieno utilizzo delle risorse finanziarie messe a disposizione dal PNRR, il temporary management (TM) si presenta come uno strumento che sa leggere e suonare le note di uno spartito ed ancora di una partitura che porta nell’impresa una “nuova linea melodica”, capace di accrescere le capacità delle persone, che saranno in grado di fare le stesse cose meglio di prima oppure di farne di nuove.
Nuova linea melodica che, secondo Maurizio Quarta (Temporary Management & Capital Advisors) “può supplire all’impreparazione dell’80% delle PMI che non hanno a piano di utilizzare le risorse allocate dal PNRR (da indagine Unioncamere - Centro studi Guglielmo Tagliacarne) e che è sempre più conosciuta ed utilizzata dalle PMI, in vista dei tanti impegni cui sono chiamate (digitalizzazione, economia circolare, gestione finanziaria, internazionalizzazione, gestione del capitale umano), a fronte di risorse manageriali scarse”. 
Nuova linea melodica, che, con i ritmi del part time/fractional è accessibile anche a realtà molto piccole (<5 milioni), quali buona parte delle aziende emiliano-romagnole, che possono beneficiare di team di TM e veri e propri CdA virtuali”.

Lo spartito dell’imprenditore tende però a “privilegiare interventi nelle aree in cui intravede un più immediato ritorno economico (es. produzione, area commerciale, sviluppo internazionale), mentre fa ancora fatica a muoversi su temi di risorse umane e finanza, in cui sarebbe peraltro possibile generare rilevanti risparmi e ritorni di efficienza con interventi mirati su specifici obiettivi e attività”.

Due elementi di riflessione: “i manager oggi sul mercato sono molti, ma esiste ancora un disallineamento qualitativo tra le competenze necessarie per lavorare con le PMI e quelle di molti manager che provengono da grandi gruppi e un disallineamento ideologico tra chi porta avanti un discorso, totalmente legittimo, di ricollocamento di dirigenti in mobilità e di status dirigenziale, e imprese, specie PMI, che hanno bisogno di flessibilità e di operare più che mai a costi variabili”.

Tra le nuove sfide e i nuovi trend, Quarta pone l’accento sul ridisegno, da parte degli OEM, delle grandi filiere della manifattura e sulla sostenibilità come fattore di vantaggio competitivo e non più mera leva di marketing.
 
Di una nuova linea melodica  per  una gestione finanziaria e di business evoluta anche nelle PMI, parlano  Giancarlo Veltroni e Paolo Fanti di ANDAF sottolineando come “sia ormai imprescindibile in una moderna organizzazione imprenditoriale la redazione di un piano di business non solo per la comunicazione finanziaria e l'accesso al credito, ma anche come bussola per la navigazione aziendale di lungo termine. Il CFO è un “navigatore” affidabile per l’Imprenditore, un esperto di metodo contabile, finanziario, ma anche tecnologico (es. digitalizzazione e sistemi ERP). Scegliere un CFO competente e costantemente aggiornato è quindi un fattore di successo per la PMI che desidera crescere e svilupparsi correttamente. In un contesto in cui le conoscenze hanno una rapida obsolescenza, un asset fondamentale è quello relazionale: un manager, soprattutto finanziario, parte di un network di professionisti, è capace di portare in azienda soluzioni a valore aggiunto. L'Attestazione della Professionalità di ANDAF e la certificazione del profilo professionale da parte di Enti Internazionali accreditati sono una garanzia di competenza della risorsa che si inserisce nel progetto aziendale e una dimostrazione di aver incontrato un professionista capace di mettersi in gioco”.

Secondo Aurelio Luglio (AIDP) “Le imprese che compongono il tessuto economico delle PMI sono estremamente competenti e concentrate nella produzione di beni e/o l’erogazione di servizi di qualità, ma hanno poca dimestichezza con i moderni strumenti di gestione dei loro dipendenti/collaboratori e le nuove aspettative dei giovani che si affacciano al mondo del lavoro. L’esperienza specialistica di professionisti della funzione Risorse Umane è fondamentale per definire e realizzare una Strategia delle Persone finalizzata ad attrarre, motivare e sviluppare le migliori risorse, garantire la stabilità organizzativa e lo sviluppo delle competenze nel tempo”.

AIDP e ANDAF hanno nel 2020 dato vita a due gruppi interregionali con l’obiettivo di far riflettere le PMI sulle necessità di competenze manageriali: dal loro incontro virtuoso è nato il roadshow sui territori, di cui l’evento bolognese ha rappresentato l’ottava tappa. Dal 2022 in AIDP è operativo un nuovo gruppo nazionale denominato AIDP-PMI.

Anche le PMI avvertono il bisogno di nuove linee melodiche: è Federico Cocchi (Confapi) a parlarne: “tra le nostre oltre 450 imprese associate con una media di 50-60 dipendenti, molte si stanno da tempo interrogando su rischi e vantaggi di inserire una o più figure manageriali di spessore, perché le vecchie formule per il successo sono oggi non più adatte: molti riflettono  su soluzioni alternative e alcuni hanno preso in considerazione l’introduzione di TM”.
Cocchi fa quindi un interessante distinguo: da una parte, “numerose piccole aziende che operano in nicchie di mercato caratterizzate da scarsa competizione e per le quali la crescita non costituisce un obiettivo primario e che operano con  una struttura centralizzata con al vertice l’imprenditore, «che ha sempre fatto così e non vuole affidarsi a manager o consulenti esterni».
“In questi casi, la nostra esperienza ci ha portati ad affermare che la loro piccola dimensione rappresenta per il mercato nel quale si trovano ad operare un valore strategico: per queste PMI l’inserimento di manager potrebbe mettere a rischio una struttura che funziona e performa perfettamente. 
 
In PMI il rischio viene dalla frequente volontà del titolare di non voler affrontare per tempo e con reale consapevolezza il passaggio generazionale: in queste fattispecie, un manager esterno diventa valore aggiunto, strategico e determinante per preparare il titolare a traghettare la propria azienda nelle mani delle generazioni successive.
In tutte le altre fattispecie di PMI per le quali ne la crescita è una condizione necessaria, il TM si è dimostrata un’ottima soluzione, portatore di competenze forti capaci di rispondere al cambiamento che il mercato impone e di trasformare le difficoltà in opportunità, dando concretezza la sogno dei nostri imprenditori”.

Gianni Tugnoli (Manageritalia), analizza un caso di WBO (Workers Buy Out), strumento ancora poco noto nella gestione delle crisi.
Racconta: “Quando i lavoratori di una Cooperativa in fallimento cercano in modo coraggioso e costruttivo di risolvere lo stato di crisi, hanno bisogno di una organizzazione che li supporti e di un TM che li affianchi e li indirizzi fino a che non siano in grado di procedere autonomamente. Il TM opera per sviluppare il percorso per conseguire lo status di WBO, definire progetto e relativo piano industriale, con cui avviare il confronto con il mondo bancario e con il CFI, Cooperazione Finanza Impresa, per rendere disponibili le risorse necessarie. Successivamente agisce come coach con i soci della cooperativa, digiuni di competenze manageriali e di gestione”. 
Quali le competenze richieste perché un intervento di questo tipo abbia successo?
“Conoscenza dei meccanismi di funzionamento di una cooperativa, conoscenza del sistema cooperativo e sue associazioni di rappresentanza, il suo sistema di servizi e la sua finanza, capacità di comunicazione, di leadership e di sviluppo delle competenze e coaching dei soci, allo stesso tempo persone da formare/accompagnare e proprietari della nuova cooperativa”.

“L’Italia non è un paese per manager: si parla troppo di imprenditori e poco di manager”, esordisce Andrea Molza (Federmanager) citando una recente lettura, che fa secondo lui riferimento ad un concetto di capitalismo familistico di stampo tecnico tipico della ripresa industriale del dopoguerra. Il punto focale deve diventare “l’adeguatezza delle competenze manageriali all’azienda che ne beneficia. Crescere in una sola azienda non fa diventare manager, ma persona di fiducia che sposa l’azienda, ma proprio perché ne ha vista solo una spesso non acquisisce quella sensibilità e flessibilità necessarie in un contesto in costante evoluzione. In futuro dovremmo vedere PMI che competono con successo nel mondo perché hanno imparato a investire e a delegare a  manager (dirigenti  o quadri) adeguatamente formati da precedenti esperienze magari in multinazionali pronti a fare la loro parte con impegno e onore e ad impegnarsi su un progetto condiviso consapevoli che nel futuro il successo della propria azienda dovrà essere anche sostenibile. In questo contesto un TManager può essere un acceleratore per riallineare l’azienda con un mercato che cambia”.

In tutte le tappe del roadshow una voce molto importante, stante la strutturale sottocapitalizzazione di tantissime PMI, è quella delle banche, più volte “invitate” a ragionare sul tema della bancabilità del TM e dell’interazione con le PMI.
Emil Banca può essere considerata l’archetipo delle banche locali e del territorio, seconda BCC del Paese, con 97 filiali, 183.000 clienti e 54.000 soci. 
 
Paolo Francia pone l’accento sulla capacità di dialogare con il sistema bancario: “la banca ha un ruolo di facilitatrice; la banca valuta ma non entra nella definizione della strategia d’impresa. Risponde alle richieste ed articola le forme di sostegno economico necessarie. Ma un dialogo costruttivo e tempestivo con l’impresa esigerebbe da parte degli imprenditori un certo grado di consapevolezza almeno indicativamente su alcune aree tematiche: piani di sviluppo e strategici; Centrale dei Rischi e banche dati, bilancio (equilibri e marginalità, non solo fatturato); bandi ed opportunità di contributi; obiettivi di internazionalizzazione; sostenibilità”.
Racconta di Agrimanager, “progetto di promozione di un cammino di crescita dell’imprenditorialità dei produttori agricoli dell’Emilia-Romagna, con l’obiettivo di stimolare un approccio imprenditoriale in un settore strategico, ma «statico», fortemente interessato dal problema del ricambio generazionale.
Oltre 1.400 agricoltori aderenti, 14.000 coinvolti, per confrontarsi sulle tematiche della transizione ecologica e digitale in atto nelle aziende agricole, attraverso un forum sulla managerialità e il “Premio per l’innovazione”, assegnato ad aziende distintesi per l’introduzione di innovazioni”.

 

Patrizia Sassoni, Temporary & Fractional HR Manager

 

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