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     n. 14 anno 2021

Contro Canto n. 132 (stimoli da 825 a 830)

di Massimo Ferrario

di Massimo Ferrario

# VINCO-IO, VINCI-TU, e se l'altro ci frega? (825)
Una volta lavorai per un cliente, direttore di una grossa catena di negozi al minuto, che mi disse: «Stephen, l'idea del vincere/vincere sarebbe buona, ma è troppo idealistica. Il duro, realistico mondo degli affari è qualcosa di diverso. Dappertutto c'è vincere/perdere, e se non ti butti nella mischia non ce la fai, ecco tutto».
«E va bene», obiettai, «cerca di fare a vincere/perdere coi tuoi clienti. E' realistico questo?».
«Be', no», rispose.
«Perché no?».
«Perderei i miei clienti».
«Allora accetta l'opzione perdere/vincere: vendi i negozi. Questo è realistico?».
«No. Nessun margine, nessun investimento».
Considerammo le varie alternative, e vincere/vincere apparve l'unico approccio veramente realistico. «Penso che vada bene per i clienti», ammise, «ma non per i fornitori».
«Tu sei il cliente del fornitore», argomentai. «Perché non vale lo stesso principio?».
«Be', poco tempo fa abbiamo ridiscusso le modalità dei nostri contratti di locazione con i gestori e i proprietari dei negozi», spiegò. «Abbiamo adottato un atteggiamento vincere/vincere. Siamo stati aperti, ragionevoli, concilianti. Ma quelli hanno preso questa posizione per mollezza, per debolezza, e così ci hanno fregato».
«Ma perché avete scelto il perdere/vincere?», chiesi.
«Non l'abbiamo scelto. Il nostro paradigma era vincere/vincere».
«Non hai detto che vi hanno fregato?».
«Infatti».
«In altre parole, avete perso».
«Esatto».
«E loro hanno vinto».
«Già».
«Allora questo come lo chiamiamo?»
*** Stephen R. COVEY, 1932-2012, saggista, consulente di direzione e formatore statunitense, I sette pilastri del successo, 1989, Bompiani, Milano, 1991; e in ‘Mixtura', 12 giugno 2015.

# WEB, ok navigare, ma anche collegare (826)
Nella vita reale e nella lettura c'è un inizio e una fine, con rapporti chiari di causa ed effetto. Nei videogiochi no, sul web ipertestuale neppure. E c'è una tendenza ad affidarsi completamente a queste tecnologie, pensando che non sbagliano e lavorano meglio del nostro cervello. Il pericolo è di applicare procedure, invece di fare collegamenti e sintesi.
*** Anna OLIVERIO FERRARIS, psicologa dell'età evolutiva, intervistata da Riccardo Staglianò, ‘la Repubblica', 19 agosto 2003; e in ‘Mixtura', 14 giugno 2021.

# INTEGRITÀ, già nel 1954... (827)
L'integrità morale: requisito fondamentale di oggi e di domani.
L'istruzione intellettuale non sarà sufficiente, da sola, a fornire a un dirigente i mezzi necessari per far fronte ai compiti che lo attendono nel futuro.
Il successo del dirigente di domani sarà sempre più strettamente connesso con la sua integrità morale. Infatti, con l'avvento dell'automazione l'influenza e la portata temporale delle sue decisioni sull'azienda nel suo complesso e rischi connessi saranno talmente gravi da esigere che il dirigente anteponga il bene comune ai suoi stessi interessi.
La sua influenza su coloro che lavoreranno con lui in un'azienda sarà così decisiva che il dirigente dovrà basare la sua condotta su rigidi principi morali, anziché su espedienti. Le decisioni di un dirigente avranno una portata tale sull'economia che la società stessa lo riterrà responsabile. I compiti nuovi che attendono il diri-gente del futuro esigono che questi fondi ogni sua decisione su solidi principi morali e che la sua guida non sia ispirata solo dalle sue conoscenze specifiche ma anche dalla sua capacità di visione, dal suo coraggio, dal suo senso di responsabilità e dalla sua integrità morale.
Indipendentemente dall'istruzione ricevuta da giovane o da adulto, in futuro, come già per il passato, né l'istruzione né l'abilità individuale costituiranno le caratteristiche decisive per un dirigente: egli dovrà possedere soprattutto l'integrità di carattere.
*** Peter F. DRUCKER, 1909-2005, statunitense di origine tedesca, famoso esperto di management, The Practice of Management, 1954, citato da Marco Vitale, L'etica del manager al di là delle mode, ‘L'Impresa', n. 4, luglio-agosto 2004; e in ‘Mixtura', 10 giugno 2015

# SEGNO, non bava di lumaca (828)
Noi nasciamo per lasciare un segno, il nostro, quale che sia, Ilaria; un segno, non bava di lumaca. Se questo segno è contrario agli altri, illeggibile ai più, poco importa: noi stiamo con i nostri, con quelli che hanno gli occhiali giusti e non gli occhi degli altri.
*** Roberto VECCHIONI, 1943, già insegnante, cantautore, scrittore, poeta Le parole non le portano le cicogne, Einaudi, Torino, 2000, segnalato in ‘Mixtura', 16 giugno 2015.

# MEDICI, il dovere di chiedere perdono (829)
Il dovere di chiedere perdono, quando si fa il medico, è sempre più importante, oggi, nella misura in cui il dilagare della tecnologia conduce alla fatale disumanizzazione del malato. Non sempre si ascoltano i pazienti, non sempre nemmeno li si guarda, divorati dalla fretta di giungere alla diagnosi con i soli strumenti tecnologici e, in ogni caso, alla sola farmacoterapia. Non si ha tempo di condividere il dolore e l'angoscia, la tristezza e la inquietudine, la timidezza e la solitudine di una paziente, o di un paziente. Ciascuno di noi, e non solo in psichiatria, è continuamente esposto al rischio di essere portatore di una violenza, certo, involontaria ma radicalmente antiterapeutica. La violenza delle parole che non testimoniano umana partecipazione e speranza; la violenza delle parole e dei gesti che non rispettano il silenzio e il pudore; la violenza della indifferenza e della noncuranza; la violenza delle comunicazioni che non tengano conto delle attese e del dolore dei pazienti. La illusione, direi, di potere (di dovere) dire la "verità", ogni (talora apparente) verità a chi sta male; dimenticando l'invito alla prudenza e alla discrezione che rinascono da alcune bellissime parole di Hugo von Hofmannsthal: come è difficile dire la verità senza mentire. Quanti motivi ci sono perché ciascuno di noi non possa non chiedere perdono ai pazienti per le cose, anche tecnicamente adeguate, che siano state fatte senza carità e senza amore.
*** Eugenio BORGNA, 1930, medico psichiatra e saggista, Le emozioni ferite, Feltrinelli, 2009, e in ‘Mixtura', 16 giugno 2015.

# AMORE, quando è impotente (830)
Quando tu ami senza provocare amore, cioè quando il tuo amore come amore non produce amore reciproco, e attraverso la tua manifestazione di vita, di uomo che ama, non fai di te stesso un uomo amato, il tuo amore è impotente, è una sventura.
*** Karl MARX, 1818-1883, filosofo, economista, sociologo tedesco, Manoscritti economico-filosofici, 1844, Einaudi, 1980 ,segnalato in ‘Mixtura', 17 giugno 2015.

Massimo Ferrario,  consulente di formazione e di sviluppo organizzativo, responsabile di Dia-Logos 

 

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