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     n. 16 anno 2020

Smart working e lavoro dirigenziale: profili di criticità

di Pasquale Dui

di Pasquale Dui

Sommario

  1. Premessa: smart working e prospettive di valutazione 
  2. Smart working post Covid19 
  3. Il ruolo del dirigente 
  4. Lavoro dirigenziale e smart working (segue) Lavoro dirigenziale: nozione e caratteri 
  5. L‘accordo individuale sul lavoro agile 

Premessa: smart working e prospettive di valutazione
Lo smart working è focalizzato - normativamente e funzionalmente - sulla (realtà della) prestazione e su una misurazione e quantificazione del risultato della stessa. La definizione normativa, a seguito dell‘entrata in vigore della legge 81/2017, parla di"Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato". Con riguardo alla seconda tipologia di misure, la legge sottolinea, in via di qualificazione generale, come ben noto, che, nell‘ambito del lavoro agile, la prestazione lavorativa viene eseguita in parte all'interno di locali aziendali e in parte all'esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.
Quali elementi noti, derivanti da ricerche ed indagini statistiche - pre e post Covid19 - pare assodato che il lavoro agile ha portato con sé, seppure nell‘ambito dell‘esperienza in corso, ma attentamente esaminata, incrementi reali di produttività, riduzioni effettive dei costi di gestione dell‘immobile aziendale sede di lavoro, diminuzioni concretamente realizzate nell‘ambito del fenomeno dell‘assenteismo. La contropartita per il collaboratore beneficiario è sviluppata nei due percorsi del miglioramento di qualità della vita e del miglioramento del clima aziendale.

Smart working post Covid19
Fermo restando il giudizio tendenzialmente positivo dell‘esperienza del lavoro agile nel periodo dell‘emergenza sanitaria - ancora in una fase centrale e verosimilmente lontana da un assestamento solutorio con correlato ritorno alla normalità - occorre tenere in debito conto che lo smart working è stato di fatto reso necessario dall‘epidemia ed in questo senso imposto, dalla pienezza del pubblico impiego alla obbligatorietà consigliata/attenuata del lavoro privato, con una comune condizione di passività nell‘adozione e, soprattutto, in una situazione di assoluto vuoto di esperienze pregresse significative e, dunque, di attività preparatoria, di predisposizione del necessario retroterra di supporto o, comunque, di fasi prodromiche all‘attivazione del relativo regime organizzativo.

Studi specifici nel panorama internazionale hanno posto in evidenza la necessaria attività di predisposizione - anche mentale e culturale - e preparazione dei necessari strumenti che, in una gestione dinamica e a regime, si rendono essenziali per sovraintendere consapevolmente il fenomeno in una modalità di diffusione ampia e allargata a tutti i settori, non solo a quello dei servizi che, forse a torto, molti ritengono lo scenario di espressione del lavoro agile in un futuro a regime c.d. ordinario.

Ogni intervento in materia dovrà rispettare il corredo normativo e contrattuale vigente, non esclusi regolamenti interni e policy specifiche. Dal punto di vista economico e finanziario occorrerà una scrupolosa ed attenta valutazione sulla sostenibilità e sul controllo dei costi e dello scostamento rispetto a quanto stanziato, in quella che sarà una vera e propria previsione budgetaria e di controllo gestione.

Occorrerà l‘adozione di un nuovo approccio proattivo e sistematico verso tutte le soluzioni tecnologiche e il necessario supporto di specifiche competenze HR nei riguardi del significativo cambiamento organizzativo e gestionale che l‘adozione dello smart working in modalità diffusa comporterà. Le competenze manageriali necessarie per gestire le situazioni nuove e complesse devono ritenersi fondamentali. L‘azienda deve attivare - nell‘ambito di un terreno normale di confronto e lavoro preliminare, quello di stretta competenza del sistema delle relazioni industriali - un processo di selezione e verifica molto attento, in cogestione concettuale con tutte le figure dirigenziali, per stabilire quali funzioni possano essere svolte a distanza e quali invece debbano essere svolte in sede, tenendo peraltro presente che lo smart working è spesso caratterizzato, in alcune sue applicazioni reali, da una alternanza tra periodi in sede e periodi in esterno. Il lavoro agile, come visto, non può considerarsi appannaggio delle sole imprese operanti nel settore dei servizi, posto che anche il settore manifatturiero e produttivo può essere idoneo terreno di applicazione della modalità di lavoro agile, con le dovute differenze di approccio.

Il ruolo del dirigente
Il lavoro agile, come noto, impone di agire per progetti, fasi, percorsi, cicli e richiede, indubitabilmente, una diversa organizzazione, nella quale si innesta il diverso ruolo del dirigente d‘azienda, come finora descritto analiticamente. Occorrono competenze trasversali di base, informatiche, statistiche, linguistiche, essenziali per uno smart working efficiente. Ho già detto come sia necessario rivedere i processi e individuare gli obiettivi per valutare le performance organizzative (manager) e individuali (collaboratore); aggiungo:

  1. una sempre maggiore attenzione alla salute e sicurezza del lavoro (indipendentemente dall‘esistenza di deleghe di funzioni, attesi i compiti di direzione generali che non esimono alcun dirigente dalla ordinaria vigilanza di intervento);
  2. procedere, contemporaneamente alla adozione di cultura informatica e digitale avanzata, alle necessarie attività di implementazione e formazione (senza dimenticare, ovviamente, il notevole problema della protezione dei dati: GDPR, etc.);
  3. ristrutturare - col tempo - la stessa condizione degli uffici e, in genere, dei luoghi di lavoro;
  4. prevenire il potenziale e possibile isolamento, tipico del lavoro da remoto, verosimilmente prevedendo modalità di lavoro in cooperazione;
  5. rivedere i contenuti delle mansioni e dei profili professionali, sia per orientare future assunzioni, sia per impiegare al meglio il personale;
  6. liberare, finalmente, i dirigenti da attività burocratica (leggi: controllo, etc.), focalizzando l‘attenzione al coordinamento delle risorse, interne e smart.
Lavoro dirigenziale e smart working
Lo svolgimento del lavoro dirigenziale in modalità "agile" deve essere riguardato e modulato con le caratteristiche proprie del lavoro del manager, determinando minori scostamenti dal "tipo" paradigmatico della prestazione resa dal dirigente. Sotto questo profilo, le associazioni dirigenziali dichiarano che lo smart working è un modo indispensabile per favorire flessibilità e organizzazione, necessariesia per le aziende, sia per le persone. Il tutto in una logica di work-life balance nonché di autoresponsabilizzazione del lavoratore. Lo stile manageriale e di leadership dovrebbe cambiare, mirando al lavoro per obiettivi, attraverso una crescita della fiducia reciproca (più responsabilità e meno controllo).

Gli elementi fondamentali che connotano lo smart working sono due: il primo, di natura "temporale", riferito al "quando" si lavora; il secondo, di rilievo "topografico", riferito al "dove" si lavora. Il lavoratore agile, quando è all'esterno della sede aziendale, presta la propria attività "senza precisi vincoli di orario", salvi i limiti della durata massima dell'orario giornaliero e settimanale e le questioni connesse. Sotto il profilo c.d. "topografico", il lavoratore agile presta la propria attività esterna senza precisi vincoli riguardanti il luogo di lavoro (secondo le regole dell'art. 18, comma 1, legge 81/2017).

Si ritene che l'assenza di precisi vincoli di tempo e di luogo vada ad impattare direttamente la nozione tipica della subordinazione, incentrata sull'elemento costitutivo della eterodirezione che, a sua volta, comporta la determinazione unilaterale, da parte del datore di lavoro, delle modalità temporali e logistiche di esecuzione della prestazione, laddove lo smart working implica un margine di autonomia valutativa connesso proprio alla assenza di vincoli di tempo e di luogo. In caso di lavoro dirigenziale, però, emergono alcuni spunti di criticità, considerato che gli elementi qualificanti e definitori del lavoro agile, sono già significativamente presenti nel paradigma della figura dirigenziale e, conseguentemente, innestare un lavoro "agile" all'interno di un lavoro "dirigenziale" deve essere frutto di una operazione concettuale e pratica molto delicata.

(segue) Lavoro dirigenziale: nozione e caratteri
Per verificare la sussistenza del lavoro dirigenziale è necessario fare riferimento, in primo luogo, alle declaratorie dei contratti collettivi. Questi ultimi caratterizzano: 1) la diretta responsabilità del dirigente nei confronti dell'imprenditore, senza la necessità di chiedere, di volta in volta, istruzioni e/o consensi, ovvero, in caso di pluralità di tali figure, 2) il coordinamento con quella di altri dirigenti e non la subordinazione.

Quanto, poi, al concetto di subordinazione, si può osservare che, se tale vincolo è comunque presente nel rapporto dirigente-azienda, esso viene notevolmente sfumato, soprattutto sotto il profilo del legame gerarchico, sì da essere definito di natura "attenuata".

La c.d. nozione legale ha una valenza prettamente negativa, nel senso di configurare una serie di discipline specifiche del lavoro subordinato non applicabili al dirigente, per incompatibilità; si ritiene che la definizione legale sia un minimo assoluto nel corredo economico, normativo e classificatorio del dirigente. Gli effetti pratici - e non solo - di questa operazione sono rinvenibili nel globale trattamento, legale e contrattuale, spettante al soggetto interessato.

Parlando di trattamento complessivo spettante al dirigente, mi riferisco a tutto il trattamento comunque connesso con la qualifica, sia sotto il profilo legale che contrattuale collettivo: così, si considerino, innanzitutto, sotto il profilo strettamente legale, l'eccezione alle limitazioni di orario; l'eccezione alle limitazioni sul riposo domenicale e settimanale; la durata del patto di non concorrenza; la disciplina del lavoro a termine; la disciplina in materia di sicurezza sul lavoro; la tutela previdenziale e assistenziale, nonché per malattia, infortuni sul lavoro, malattie professionali e maternità.

A questo elenco si aggiunge tutto il trattamento contrattuale relativo alla costituzione, allo svolgimento del rapporto (per gli aspetti normativi ed economici, quali trattamento di fine rapporto, preavviso, elementi accessori e quant'altro), nonché, infine, alla sua cessazione.

L‘accordo individuale sul lavoro agile
L'art. 19 della legge 81/2017 stabilisce che l'accordo individuale sulle modalità del lavoro agile:
  • Disciplina l'esecuzione della prestazione svolta all'esterno dei locali aziendali, anche con riguardo all'esercizio del potere direttivo.
  • Disciplina l'esercizio del potere di controllo sulla prestazione resa dal lavoratore all'esterno dei locali aziendali, nel rispetto delle previsioni dell'art. 4 statuto lavoratori.
  • Individua le condotte connesse all'esecuzione della prestazione all'esterno dell'azienda, che danno luogo all'applicazione di sanzioni disciplinari.
L'applicazione pratica di queste indicazioni potrebbe non essere in linea con la natura del rapporto dirigenziale, in ragione delle seguenti considerazioni. Il potere organizzativo e direttivo nei confronti del dirigente si manifesta in forma attenuata e si configura, in termini di intensità, in misura inversamente proporzionale al grado di dirigenza verso cui è diretto. Questo comporta, in buona sostanza, l'emanazione di direttive molto generiche nei riguardi del dirigente apicale, o di vertice, e l'emanazione di direttive più specifiche - sempre in funzione della intensità propria delle stesse - nei riguardi della media e bassa dirigenza. Secondo gli stessi principi, da un lato, 1) deve intendersi graduato il potere di controllo sull'esecuzione della prestazione (che urta significativamente, peraltro, con le prerogative della figura dirigenziale) e, dall'altro lato, 2) deve ritenersi irrituale la stesura di un c.d. codice di condotte disciplinarmente rilevanti, sia su base conservativa, sia su base espulsiva, laddove si parli di un rapporto di lavoro - quello dirigenziale - che non ammette sanzioni disciplinari conservative e che relega le sanzioni espulsive ad un regime legale imperniato sulla libera recedibilità, salvo il contenuto della disciplina codicistica, di cui agli articoli 2118 e 2119 c.c., in merito al licenziamento disciplinare per giusta causa (e fermo restando il regime di tutela contrattuale imperniato sul controllo della giustificatezza).

Considerato quanto sopra, appare veramente singolare la stesura di un documento contrattuale (un contratto all'interno della disciplina di quello dirigenziale) che sia finalizzato a disciplinare elementi fondamentali di una forma di lavoro che spesso non collimano, fino a contraddirli, con gli elementi propri della figura dirigenziale. Il contenuto eccessivamente stringente del contratto di lavoro agile, ove non calibrato razionalmente, può determinare una lesione della figura professionale del dirigente, con conseguenze dirette sulla stessa configurazione del relativo rapporto.

In questi termini, mi sembra di poter affermare che strutturare un rapporto di lavoro agile innestato in un rapporto dirigenziale, debba sempre tenere in debito conto le prerogative di questa categoria di lavoratori, limitandosi a riaffermare le caratteristiche proprie di autonomia e discrezionalità, circoscrivendo il contenuto del contratto al coordinamento esecutivo e funzionale dei poteri datoriali con gli elementi di marcata accentuazione del principio di "autogestione", che caratterizza e qualifica il lavoro dirigenziale, in tutte le sue manifestazioni ed applicazioni.

Avv. Prof. Pasquale Dui
Professore a contratto nell'Università di Milano Bicocca 

 

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