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     n. 12 anno 2019

La retorica e' viva e gode di ottima salute

autori Andrea Granelli e Flavia Trupia

Franco Angeli, Milano, 2019

In occasione dell'uscita del volume abbiamo chiesto un breve momento di spiega e valorizzazione dei contenuti del volume

Perché un termine così antico e desueto ... che oltretutto si porta dietro pregiudizi e stereotipi non particolarmente positivi - "come sei retorico!", "che prosopoea!", "che parlar forbito ...", ...- sta diventando uno degli hot topic della leadership del XXI secolo? È perché dobbiamo abbinarlo al digitale, simbolo di una modernità dirompente e radiosa che sembra non aver bisogno di null'altro che di se stesso?

È proprio il digitale - a causa della sua irrefrenabile esuberanza e ubiquità - a richiedere ai manager nuove competenze e nuove attitudini: non solo competenze tecniche - derivanti dall'addestramento a usare i nuovi strumenti e le nuove piattaforme digitali, ma soprattutto capacità di pensiero critico, di sense making, di concettualizzazione astrazione e riflessione, ...: in parole povere di soft skills. A ciò aggiungiamo un contesto competitivo sempre più complesso, imprevedibile e ambiguo, che a sua volta richiede, per orientarvisi, soft skills: mentalità indiziaria e arte di connettere i puntini, capacità persuasive e negoziali, convivenza con informazioni parziali se non addirittura contraddittorie e immerse nel rumore di fondo.

A ben vedere l'antica ars rhetorica - come la concepiva Aristotele e, nei tempi più recenti, come l'hanno riperimetrata studiosi come Roland Barthes o Charles Peirce - è la madre delle soft skills, la piattaforma generativa da cui tutte le soft skills derivano e si articolano. Retorica intesa non tanto e solo come l'arte del "bene dicere", del parlar in modo efficace e persuasivo; ma come arte di ragionare e di com-prendere il contesto in cui ci muoviamo e soprattutto l'interlocutore che abbiamo davanti, con i suoi valori, la sua "hidden agenda", e i suo affetti. Non solo comprendere gli affetti, ma orientarli (con il pathos) o addirittura curarli. La psicoanalisi si basa infatti sulla parola e Jacques Lacan è da molti considerato l'erede contemporaneo della grande sofistica italo-greca (il suo iniziatore è stato infatti il siciliano Gorgia da Lentini), dove la parola non era al servizio della filosofia nella sua ricerca instancabile quanto impossibile della Verità ma - più praticamente - al servizio della politica, della giustizia, dell'educazione. La parola per identificare, valutare e spiegare il verosimile, la realtà come ci appare, le informazioni come si manifestano.

Con Flavia Trupia abbiamo dunque deciso - nel nostro secondo libro sulla retorica - di ri-leggere questa disciplina con le lenti della contemporaneità e suggerirne l'uso ai manager - o meglio ai futuri leader - partendo da una definizione - opera nostra - articolata e ampia: l'arte di ragionare e dialogare usando, soprattutto, l'ascolto e la parola: non è solo la principale tecnologia umana di cui disponiamo e ma anche una delle produzioni più alte dell'individualità artistica; una techné, dunque, che consente non solo di comunicare con chiarezza, persuadere e sedurre, ma anche di estrarre informazioni (da persone o fonti scritte) e scoprire le radici etimologiche profonde e i significati latenti delle parole, intuire-dialogare-collegare elementi (apparentemente) lontani e riassumere diversi punti di vista (connettendo i puntini ...), esercitare il pensiero critico (mettendo in luce debolezze argomentative, stereotipi e pre-giudizi), dirimere conflitti, negoziare, dare il (giusto) nome alle cose e - infine - (lavorando sul pathos), motivare le persone, com-prenderle nel profondo e curarle.

È quindi evidente che la retorica non appartiene al passato. Al contrario, la retorica è viva. E gode di ottima salute. Ed è questo il titolo che abbiamo voluto dare al nostro ultimo libro. Chi sono, allora, i retori contemporanei? Lo siamo tutti. Ogni parlante è retore a sua insaputa. Per primi coloro che dichiarano di "parlare fuor di retorica". Sono quelli che, proprio mentre affermano la loro verginità argomentativa, stanno usando una preterizione, ossia una delle più classiche tra le figure retoriche.

La complessità, il fascino e l'ubiquità della (nuova) retorica richiedono quindi, quasi impongono, un metodo articolato e sfaccettato che oscilla continuamente dall'alto al basso, dalla teoria alla pratica, dalle questioni poste dalla cultura alta alle tecniche praticone richieste dalla quotidianità. Ed è questa la cifra del libro.

 

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