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     n. 10 anno 2019

Le organizzazioni dove c'è un 'clima di perdono' tollerano l'errore e apprendono piu' facilmente

di Gabriele Gabrielli

di Gabriele Gabrielli

Voglio chiudere la lunga serie di riflessioni sul conflict management che ho sviluppato in diversi numeri del magazine riprendendo la questione del perdono per discutere e argomentare ancora circa la sua utilità per le organizzazioni. Nelle imprese dove dimora un organizational forgiveness climate, infatti, trovano cittadinanza, secondo numerosi studi, comportamenti dei collaboratori che si adoperano nel costruire relazioni di qualità, fondate su processi di comunicazione che alimentano sentimenti di prossimità. Quando le persone percepiscono l'organizzazione come un luogo dove il perdono e la riconciliazione sono comportamenti attesi, riconosciuti e premiati, si sviluppa dunque anche un clima che spinge le persone ad aiutarsi reciprocamente nella soluzione dei problemi.
Sono diversi i fattori che influenzano lo sviluppo di un "clima di perdono" nei contesti organizzativi. Ricerche empiriche mostrano che i valori fondanti la cultura dell'impresa, le caratteristiche dei leader e anche le pratiche organizzative sono importanti variabili del forgiveness climate. Come possiamo definirlo? Ricorrendo alla letteratura più accreditata possiamo definirlo come «la percezione condivisa che i comportamenti empatici e benevoli come risposta al conflitto tra i soggetti coinvolti sono apprezzati e premiati dall'organizzazione, incentivati e attesi» (Fehr, Gelfand, The forgiving organization: A multilevel model of forgiveness at work, The Academy of Management Review, Vol. 37, No. 4 October 2012, pp. 664-688). Le imprese che hanno tra i loro valori fondamentali (core values) quello di orientare i comportamenti organizzativi lasciandoli ispirare dalla "giustizia riparativa" (restorative justice), dalla "compassione" e "temperanza" costituiscono, quindi, il luogo privilegiato dove attecchisce e si sviluppa un clima di perdono.
E il conflitto? In questo caso si trasforma in un'opportunità per guardare avanti, per costruire pro-getti rivolti al futuro. Contribuisce positivamente alla crescita di un organizational forgiveness climate l'avere tra i tratti culturali dell'impresa un orientamento complessivo alla "misura e al controllo di sé", su cui trova fondamento il valore della "temperanza", ossia la convinzione che è bene controllare se stessi e l'istinto a reagire alle situazioni in cui veniamo provocati, essendo indulgenti. In questo modo, le organizzazioni comunicano l'idea di privilegiare i comportamenti che intendono ridurre la portata dei conflitti, attraverso processi e pratiche "riconciliative", piuttosto che atteggiamenti e comportamenti che rischiano di potenziare i conflitti lungo una spirale improduttiva.
D'altro canto, abbiamo sostenuto più volte che se non riusciamo a liberarci del passato continuiamo a farci del male. Medichiamo le nostre ferite con prodotti che non curano e che imbavagliano la nostra energia togliendoci l'orizzonte del futuro. Anche le organizzazioni però si bloccano quando non guardano avanti. Capita per esempio in quei contesti organizzativi dove l'errore non è tollerato, ma guardato come un male che va ristorato con punizioni esemplari che hanno il senso di un «avviso per i naviganti». Nelle imprese che non accolgono la possibilità dell'errore come opportunità per guardare avanti e imparare si respira un'aria pesante, quella di luoghi che conoscono soltanto comportamenti privi di energia, passivi e non generativi. Le organizzazioni che hanno questa cultura infatti considerano l'errore come un torto subito, pronte ad assumere il ruolo di vittime che devono farsi giustizia (retributiva) nei confronti di chi le ha offese, rimuginando continuamente e cercando occasioni di vendetta.
Ben diverso invece è il clima organizzativo quando le imprese sono guidate da leader che tollerano l'errore, pronte a perdonarlo attraverso un percorso "riconciliativo" che - coinvolgendo anche gli altri, i colleghi - guarda all'errore come occasione di crescita comunitaria e di miglioramento. Questi leader empatici mossi da motivazioni altruistiche, e non leader malati di narcisismo, si adopereranno per costruire così ambienti di lavoro con una cultura della tolleranza e del perdono, attivando pratiche e stili manageriali che incentiveranno creatività, sperimentazione e innovazione.
Rattrappirsi sul passato serve a poco o a niente. Dalla cultura del perdono, invece, può nascere progettualità, energia e l'attivazione di quei comportamenti di cittadinanza organizzativa extra-role, cooperativi ed altruistici cui sono associati - studi ed esperienza lo confermano - engagement e performance superiori. E' tempo allora per annoverare il perdono tra le virtù di leader e manager utili per gestire i conflitti in modo da generare comportamenti più produttivi per l'impresa, quelli che permettono di guardare avanti e costruire un nuovo futuro.

Gabriele Gabrielli, Executive Coach, consulente e formatore è Consigliere delegato di People Management Lab S.r.l Società Benefit, insegna HRM & Organisation alla LUISS e alla LUISS Business School è Professor of Practice in People management, HRM e Organisation, Organisational Behaviour. E' ideatore, fondatore e Presidente della Fondazione Lavoroperlapersona 

 

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