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     n. 21 anno 2018

Il Contratto a tempo determinato e le recenti novità previste nel Decreto Dignità

di Elisabetta Cassaneti

di Elisabetta Cassaneti

Il 12 agosto u.s. è entrata in vigore la Legge n. 96/2018 attuativa del D.L. n. 87/2018 (cd. Decreto Dignità), che ha profondamente riformato l'istituto del contratto a tempo determinato, introducendo un regime molto restrittivo rispetto a quello previsto in precedenza dal Job Act.

Infatti da una disciplina che prevedeva la possibilità di utilizzare il contratto a tempo determinato per 36 mesi, in maniera acausale, con un numero massimo di 5 proroghe ed in caso di successione di contratti con il rispetto del cd "stop and go", si è passati ad una normativa molto più stringente.

Per prima cosa, la durata massima di utilizzo del contratto a tempo determinato è stata fissata in 24 mesi: resta ferma la possibilità che la contrattazione collettiva (di qualsiasi livello, anche aziendale) stabilisca dei termini di durata maggiore e la possibilità in ogni caso di sottoscrivere un contratto di ulteriori 12 mesi avanti l'Ispettorato Territoriale del Lavoro , sempre con l'apposizione della causale.

Il Legislatore, sebbene solo in fase di pubblicazione della Legge, ha poi reinserito le deroghe per le attività stagionali, settore che altrimenti sarebbe stato notevolmente penalizzato dalla nuova normativa.

Nel computo del periodo dei 24 mesi sarà necessario inserire tutti i contratti a tempo determinato, le relative proroghe, e gli eventuali contratti in somministrazione a tempo determinato stipulati con il medesimo lavoratore per lo svolgimento di mansioni connesse al medesimo livello di inquadramento. In caso di superamento ditale limite il contratto si trasformerà in contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento della soglia dei 24 mesi.

Ma la principale novità introdotta dal Decreto Dignità è la reintroduzione delle causali: infatti,successivamente ad un primo periodo di 12 mesi in cui sarà possibile stipulare contratti a termine in maniera acausale, sarà necessario inserire causali (o come definite "condizioni").

Le causali, che per la loro complessità sono state considerate da taluni commentatori come del tutto inutilizzabili (ad eccezione ovviamente di quella relativa alla sostituzione di lavoratori assenti su cui si dirà infra ), sembrano riesumare principi antichi, frutto dell'interpretazione giurisprudenziale che si era sviluppata relativamente alla Legge n. 230/1960 e lontanissime non solo dall'acausalità del Job Act, ma anche dal cd. "causalone"-tanto contrastato, ma a questo punto certamente più utilizzabile- previsto dal D.Lgsn. 368/2001.

Le difficoltà di inserimento delle causali- che lo ricordiamo dovranno essere necessariamente presenti in tutti i rinnovi e nelle proroghe laddove queste intervengano dopo i 12 mesi o portino al superamento dei 12 mesi di acausalità (pena la conversione del contratto in contratto a tempo indeterminato oltre al pagamento dell'indennità risarcitoria da 2,5 a 12 mensilità)- presentano difficoltà oggettive.

Quanto alla prima causale (Esigenze estranee all'ordinaria attività lavorativa temporanee ed oggettive), ci si chiede che cosa possa intendersi per estraneità all'ordinaria attività. In buona sostanza le attività devono essere al di fuori del core business della società? Estranee all'oggetto sociale? Non semplice la risposta, specie se si fa riferimento all'oggetto sociale, perché si rischierebbe di limitarne fortemente l'utilizzo.

Le ipotesi in cui con meno rischio sarà possibile utilizzare questa causale saranno ad esempio eventi metereologici (nevicate improvvise, allagamenti) o strutturali (incendi, cedimenti, ecc.) ovvero in caso di progetti del tutto nuovi, straordinari ed eccezionali come ad esempio l'implementazione di nuove attività, mai in precedenza effettuati.

Anche la seconda causale (Esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria), che ad una prima superficiale lettura sembrava essere maggiormente utilizzabile facendo riferimento ad incrementi (cd. picchi), presenta delle criticità di utilizzo. Il Legislatore ha infatti reso maggiormente complicata l'applicazione , parlando di incrementi "significativi". Il punto è capire cosa si intenda per significativi. Quello che può essere significativo per il datore di lavoro, può non esserlo per un soggetto terzo (ad esempio il Giudice, il lavoratore).

Non sarà possibile ad esempio utilizzare questa causale per il classico periodo dei saldi e nel periodo natalizio o in genere nelle festività: perché, pur ricorrendo due su tre dei requisiti richiesti (temporanei e significativi), non ricorre il terzo requisito "non programmabili" (i giorni in cui vengono effettuati i saldi sono stabiliti ad inizio anno, così come sono noti i periodi festivi).

Nulla questio invece sulla terza causale: ovvero sostituzione di lavoratori assenti. Peraltro, il mancato inserimento della dicitura "con diritto alla conservazione del posto" permette di utilizzare tale causale non solo nelle ipotesi di lavoratori assenti per malattia, infortunio, maternità, ma anche in caso di assenza per ferie, frequentazione di corsi ovvero di lavoratori in distacco.

In tale ipotesi a differenza della precedente disciplina, occorre sempre indicare il nominativo del lavoratore sostituito e la relativa data di fine sostituzione. Nell'ipotesi in cui non sia possibile desumere con certezza la data di rientro (ad esempio in caso di maternità) è opportuno comunque indicare il termine massimo (ovvero la scadenza dei 24 mesi). Infatti, nella nuova formulazione del comma IV dell'art. 19 del decreto l'apposizione del termine al contratto deve risultare comunque nell'atto scritto, pena la trasformazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro.

Anche la disciplina della proroga del contratto è risultata penalizzata dalle nuove disposizioni di legge (sebbene in misura minore).

La seconda parte del comma zero dell'art. 21 prevede che il contratto possa essere prorogato liberamente (senza la necessità che sussista una ragione e che venga indicata) nei primi 12 mesi, sempre ovviamente nel rispetto del numero massimo di proroghe (quattro).

Oltre la durata di 12 mesi, computando ovviamente anche la durata della proroga, questa soggiace alla disciplina del rinnovo; la proroga può essere disposta, in ogni caso all'interno dei 24 mesi e per non più di 4 volte, solo in presenza di una delle causali di cui abbiamo detto prima.

In buona sostanza,introducendo i limiti di cui soprala nuova legislazione si pone l'obiettivo di disincentivare i datori di lavoro all'utilizzo di proroghe e rinnovi.

L'ultimo elemento degno di nota, che conferma ancora una volta l'intento dissuasivo del Legislatore all'utilizzo di tale forma contrattuale, è costituito dall'aggravio del costo previdenziale, che aumenta progressivamente per ciascun rinnovo.

Già in precedenza l'art. 2, XXVIII comma della Legge n. 92/2012 aveva disincentivato il contratto a termine mediante la previsione di un contributo previdenziale aggiuntivo pari al'1,4%. Ora l'art. 3 II comma del DL. n. 87/2018 prevede che tale contributo previdenziale addizionale venga aumentato dello 0.50% per ogni rinnovo, cercando quindi ancora una volta di limitare il frazionamento del rapporto, pur in presenza delle causali giustificatrici.

A questo punto è necessario chiedersi se sarà possibile uscire in qualche modo dalle rigidità introdotte dal Legislatore.

Molto potrebbe essere fatto dalla contrattazione collettiva. Non quella nazionale, a cui il Legislatore del 2018 ha lasciato un ruolo residuale, e che in caso potrà intervenire solo sulla durata massima dei contratti a tempo determinato e sul numero delle proroghe, ma certamente dalla contrattazione di prossimità.

Grazie alla stipulazione di accordi aziendali ex art. 8 D.L. n. 138/2011 convertito dalla Legge n. 148/2011, e ricorrendone i presupposti della stipulazione, sarà possibile intervenire su diversi aspetti quali in primis la definizione di una durata massima più elevata (es. 36 mesi), l'ampliamento del numero di proroghe (es. da 4 a 6), ma in particolare modo le causali.

Su questo tema gli interventi possono essere molteplici, anche in ragione dei soggetti con cui la negoziazione avrà luogo: si potrà infatti ipotizzare di eliminare del tutto il riferimento alle causali, ovvero di introdurne altre, maggiormente confacenti e ritagliate sulle realtà aziendali in cui andranno applicate, ovvero sarà possibile specificare il contenuto di alcuni presupposti previsti dal Legislatore (ad esempio: cosa si intende per significativi? Cosa per " non programmabili"? quali sono gli eventi estranei all'ordinaria attività drastici?).

A quanto costa, alcuni accordi in tal senso sono già stati sottoscritti, anche grazie alla visione lungimirante delle parti negoziali che hanno saputo cogliere i rispettivi bisogni (maggiore flessibilità da parte datoriale, maggiore occupazione da parte delle OO.SS.). Vedremo in futuro gli sviluppi che avrà tale negoziazione.

Infine è doveroso segnalare che in data 31 ottobre u.s. il Ministero del Lavoro ha emanato la circolare n.17, che avrebbe dovuto- almeno nelle intenzioni- chiarire alcuni punti della nuova normativa. Il risultato di tale atto, che lo ricordiamo ha valore di prassi amministrativa e quindi non certamente regolatoria, è stato di avere maggiormente confuso gli interpreti. Una tipica occasione mancata...

avv. Elisabetta Cassaneti, Socio Studio Legale New Labour  

 

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