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     n. 20 anno 2018

Contro Canto n. 105 (stimoli da 635 a 642)

di Massimo Ferrario

di Massimo Ferrario

FILOSOFIA, ti dà ‘distanza critica' (635)
[D: La filosofia deve sostituirsi alla sociologia?] Anche se in questi ultimi decenni molti filosofi si sono trincerati nella loro torre d'avorio, dietro un sapere ultra-specialistico e lontano dalle preoccupazioni della gente, la vocazione della filosofia resta sempre la stessa: analizzare in modo critico l'epoca in cui si vive, cercando di fornire una serie di strumenti per ragionare e per decostruire i linguaggi e le immagini e i codici culturali e sociali che ci circondano. Lo scopo di un filosofo, per me, non è quello di "fotografare" la società come fanno i sociologi, né di dare delle ricette di vita, come fanno molti coach, ma di permettere alla gente di acquistare una distanza critica di fronte ai nuovi sofismi, per esempio quelli del management aziendale o del linguaggio dei media, e quindi di non essere più succubi delle ambiguità della lingua che rappresenta un'arma nella mani di coloro che hanno il potere politico, dei media, dei soldi. (Michela MARZANO, filosofa e saggista, docente all'università di Paris V, intervistata da Antonio Gnoli, ‘la Repubblica', 25 giugno 2009).

CIELO, lo vedo (636)
Ma cosa credete, che non veda il filo spinato, non veda i forni, non veda il dominio della morte, sì, ma vedo anche uno spicchio di cielo, e questo spicchio di cielo ce l'ho nel cuore, e in questo spicchio di cielo che ho nel cuore io vedo libertà e bellezza. Non ci credete? Invece è cosi. (Etty HILLESUM, scrittrice olandese, uccisa dai nazisti nel campo di Auschwitz, citata da Eugenio Borgna, psichiatra, Le emozioni ferite, Feltrinelli, 2009)

VITA, la nostra porta (637)
La vita non è un cammino semplice e lineare lungo il quale possiamo procedere liberamente e senza intoppi, ma piuttosto un intricato labirinto, attraverso il quale dobbiamo trovare la nostra strada, spesso smarriti e confusi talvolta imprigionati in un vicolo cieco.
Ma sempre, se abbiamo fede, si aprirà una porta: forse non quella che ci saremmo aspettati, ma certamente quella che alla fine si rivelerà la migliore per noi. (Archibald Joseph CRONIN, 1896-1981, medico e scrittore, citato in epigrafe da Spencer Johnson, Chi ha spostato il mio formaggio, 1998, Sperling & Kupfer, Milano,1999).

UTOPIE, aspetterò (638)
Aspetterò domani, dopodomani e magari cent'anni ancora finché la signora Libertà e la signorina Anarchia verranno considerate dalla maggioranza dei miei simili come la migliore forma possibile di convivenza civile, non dimenticando che in Europa, ancora verso la metà del Settecento, le istituzioni repubblicane erano considerate utopie. (Fabrizio DE ANDRÉ, 1940-1999, cantautore e poeta, citato da Chiara Pazzaglia, Fabrizio, io l'anarchico, ‘alias', 20 giugno 2009).

INTERESSE, indica una relazione (639)
"Interesse" deriva dal latino "inter-esse", ossia "essere fra". Se sono interessato io devo trascendere il mio ego, essere aperto al mondo, ed entrarvi. (...)
L'interesse può avere molti oggetti: le persone, le piante, gli animali, le idee, le strutture sociali, e dipende per una certa misura dal temperamento e dal carattere specifico degli intenti di una persona. Ciò nonostante gli oggetti sono secondari. L'interesse è un atteggiamento che pervade tutto, è una forma di rapporto verso il mondo. (Erich FROMM, 1900-1980, sociologo e psicoanalista tedesco, La rivoluzione della speranza, 1968, Milano, 1982)

IMPRENDITORI, quelli che capivano il lunedì mattina (640)
Poi incontrai Adriano Olivetti e mi chiese se volevo occuparmi di industria. Dissi di sì e andai per dieci anni all'Olivetti in una delle esperienze più belle della mia vita. Adriano Olivetti voleva che mi occupassi del personale ma mi disse subito: «Prima deve fare un po' di mesi in fabbrica». Feci il fresatore, il tornitore, le presse, il montaggio (...) Olivetti mi diceva: «Voglio che lei conosca il buio del lunedì». Il buio, il peso, la tristezza dell'operaio che arriva il lunedì mattina in fabbrica alle 6 e mezza». (Furio COLOMBO, giornalista, scrittore, senatore, intervistato da Claudio Sabelli Fioretti, 'Sette', 14 agosto 2001).

STATO, e Comunità (l'utopia olivettiana) (641)
Gli amministratori, i tesorieri ciechi nella contemplazione e nell'adorazione delle cifre e dei numeri, hanno ripreso il comando dimenticando le persone. Ma il denaro che queste cifre rappresentavano era pur destinato a dare finalmente lavoro e a sprigionare con il lavoro nuova vita ad un popolo nuovo. Lo sforzo tecnico dello Stato è ancora importante, ma esso non vede la vita sociale dell'uomo, quella che potrebbe strapparlo all'isolamento e ad ogni forma di decadimento morale, e in definitiva farne un uomo nuovo, conferendogli nuova dignità.
Ma c'è un'altra ragione che ci fa riporre le nostre speranze e quelle del popolo italiano in un'azione diversa, in un'azione autonoma; gli è che la società nuova si crea solo attraverso delle formule nuove che sono personalistiche e comunitarie e il personalismo comunitario non si attua aggiungendo una croce, sia pure quella di Cristo, alle bandiere rosse della rivoluzione proletaria, ma si attua creando giorno per giorno i nuovi organismi, nelle comunità, nelle fabbriche, nelle regioni. Nuovi organismi che siano la espressione di un cristianesimo sociale intimamente sentito e che tragga dalle sue premesse teoriche adeguate conoscenze pratiche.
Perché, altrimenti, andando di questo passo lo Stato diventa attraverso i Partiti, l'arbitro assoluto dei destini dell'individuo perché esso tratta gli individui come mezzi per raggiungere dei fini. Ogni uomo, anche il più povero, il più debole, non può appartenere allo Stato. Affinché la persona sia libera e riesca a possedere un valore spirituale assoluto, infinitamente più importante e infinitamente più alto di ogni valore dell'ordine economico e politico, occorre che lo Stato esista per l'uomo e non già l'uomo per lo Stato. Il largo intervento dello Stato negli anni recenti ha forse portato a stabilire un uomo nuovo? Si è dato, è vero, a migliaia di contadini della terra e una casa. Si è data a migliaia di operai un'abitazione spesso molto migliore di quella che prima occupavano. Ma tutto questo è rimasto estraneo alla vita interiore, perché a questi pur nuovi organismi, connessi con la bonifica, la riforma, l'edilizia popolare, non si è dato un cuore affinché gli animi potessero pulsare fiduciosi verso un comune ideale. L'uomo sembra insediarsi come ospite provvisorio, non partecipa in forme democratiche nuove, in forme esemplari di vita associata alla sua emancipazione e alla sua liberazione. (Adriano OLIVETTI, 1901-1960, imprenditore, documento interno al Movimento di Comunità, 1956, citato da Riccardo Bonacina, Ridiamo voce ad Adriano Olivetti, blog vita.it/la puntina, 7 novembre 2008, sito visitato il 12 agosto 2010).

CULTURA, il ruolo nella società (642)
La cultura (...) è organizzazione, disciplina del proprio io interiore; è presa di possesso della propria personalità, e conquista di coscienza superiore, per la quale si riesce a comprendere il proprio valore storico, la propria funzione nella vita, i propri diritti, i propri doveri. (Antonio GRAMSCI, 1891-1937, filosofo e militante politico, Socialismo e cultura, 'Il Grido del popolo', 29 gennaio 1916, citato in http://it.wikiquote.org/)

DEPRESSIONE, nobile soffrirne (643)
... perché una cosa almeno credeva di averla capita: la depressione non è altro che la percezione violenta della verità. Aveva la malattia della verità. Gli sembrò addirittura nobile soffrirne. (Claudio PIERSANTI, scrittore, I giorni nudi, romanzo, Feltrinelli, Milano, 2010).

Massimo Ferrario, Consulente di Formazione e di Sviluppo Organizzativo, responsabile di Dia-Logos  

 

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