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     n. 19 anno 2018

Per favore, non chiamiamole risorse umane…

di Ugo Perugini

Abbiamo avuto l'opportunità di intervistare Isaac Getz, autore, insieme a Brian Carney. del libro "Freedom INC", edito recentemente da Guerini Next, con un sottotitolo che è tutto un programma "Quando la libertà dei dipendenti fa il successo delle aziende". In estrema sintesi, la tesi di base è che le imprese non possono più reggersi su sistemi gerarchici e piramidali - come capitava in passato e spesso ancora oggi - con decisioni calate dall'alto, attraverso una catena di comando, da responsabili, magari con ampie vedute, ma lontani dalla realtà del mercato.

Sarebbe sbagliato continuare su questa strada in un mondo VUCA (caratterizzato da volatilità, incertezza, complessità, ambiguità) nel quale i dipendenti occupano, anche grazie alle loro esperienze e all'innovazione tecnologica, la posizione migliore per determinare i punti di forza e di efficienza di un'azienda: dobbiamo, secondo Getz, lasciarli decidere e agire con autonomia.

In questo contesto, quale sarà il compito della leadership?

Leader è colui che dispone di tutte le informazioni. Chiunque può assumere, in una situazione particolare, il ruolo di leader. Ci riesce meglio chi conosce il mercato, chi opera nel front line ed è in grado di captare i segnali deboli, le esigenze reali dei clienti e le potenzialità del prodotto che offre l'azienda.

Quindi, la figura del leader del passato è destinata a tramontare?

Il leader del passato che accentrava su di sé tutte le conoscenze non ha più senso. Me lo raffiguro come una persona dalla testa enorme, a causa delle conoscenze che possiede, e per questo motivo superiore alle altre, oberato da mille problemi che confluiscono sul suo tavolo. Il leader di questo tipo è tendenzialmente portato a isolarsi, perde il contatto con la gente, con i clienti e, soprattutto, con i suoi collaboratori. Si chiude nel suo ufficio, non ha tempo né interesse ad ascoltare nessuno, se non quelli più vicini a lui. Oggi non c'è più bisogno di leader dalla testa grande ma di molte piccole teste che funzionino in modo coordinato, come un'intelligenza collettiva. Il leader, paradossalmente, avrà raggiunto il suo scopo quando l'impresa in cui opera non avrà più bisogno di lui e il suo ruolo diventerà inutile.

Ma qualcuno che gestisca il rapporto con le risorse umane dell'azienda ci dovrà pure essere?

Anzitutto, non mi piace il termine "risorse umane". Il termine" risorsa" è riduttivo perché le persone che sono all'interno delle aziende vengono considerate come pezzi di un ingranaggio. Se non funzionano sono i primi ad essere eliminati, secondo il principio della variabile di aggiustamento. Fino a qualche anno fa, il capo aveva la responsabilità di cambiare la situazione, puntando al miglioramento dei risultati finanziari dell'impresa, invece, oggi la cosa più importante è che sia in grado di curare lo sviluppo delle persone, facendo leva sulla fiducia, sul rispetto e sulla libertà. I risultati verranno dopo, come conseguenza. Solo, però, se si sarà lavorato bene con le persone.

Non sarà facile che i leader delle imprese cambino il loro atteggiamento...

E' vero, è necessaria una radicale trasformazione che deve partire dalla necessità di lasciare andare il proprio ego. Le persone più umili ci riescono più facilmente. Ma possono riuscirci tutti. Basta un corso da 3 a 6 mesi per modificare il proprio mindset, seguiti da un executive coach. Bisogna però essere convinti di questa trasformazione. Se il leader ha qualche dubbio, gli altri non gli crederanno. E basta poco, un piccolo passo falso, per distruggere mesi di sforzi. L'altro step è dare un senso a quello che si fa, avere fiducia nel sogno, nella vision, non valori astratti ma norme di comportamento. Regole di vita quotidiane. A cominciare dall'ascolto, dal rispetto, dalla cortesia, dal buon umore. Non c'è modello, o metodo vincente. Se non rispetti le persone va tutto a monte. I lavoratori devono diventare co-creatori. L'azienda deve trasformarsi da struttura meccanica a struttura organica, evolutiva.

Come mai, se è così, moltissime imprese ancora oggi non hanno deciso di cambiare la loro struttura gerarchica?

Le aziende che sono strutturate secondo criteri gerarchici verticali sono destinate a morire. Sono dei dinosauri, alcuni dei quali resistono ancora solo perché possono avvalersi di agevolazioni di tipo politico, al di fuori del mercato. Le altre ci stanno provando e sono numerosi gli esempi di aziende che hanno messo in discussione questi vecchi schemi tayloristici, ponendo al centro del sistema i dipendenti e focalizzando l'attenzione sui clienti. (Nel suo libro vengono citate molte imprese che sono riuscite in questa operazione: la Gore Tex, la Chrono Flex, il gruppo Poult, l'azienda Favi).

L'idea che venga messa in discussione la gerarchia può far pensare ad aziende in preda all'anarchia. Cosa ne dice?

Le imprese gerarchiche tradizionali all'esterno appaiono ordinate ma poi se le osservi da vicino scopri che non lo sono. Vi sono regole burocratiche che frenano le persone, le quali cercano di fare il possibile per evitarle, perdendo molto tempo a scapito della produttività. Nelle aziende dove esiste il self control, apparentemente sembra tutto meno ordinato e disciplinato ma in realtà ogni cosa scorre in modo fluido senza ostruzioni burocratiche. Piuttosto che dipendere da un leader che ordina e imposta azioni di controllo e correttive, l'azienda è divisa in zone (prospezione, comunicazione, produzione , ecc.) dove ognuno può esprimersi e dove un delegato è designato per integrare altre aree, comunicare le proprie decisioni e riportare quelle degli altri. Queste zone indipendenti lavorano a braccetto. Questo modo di lavorare ripristina la motivazione e il coinvolgimento a tutti i livelli dell'azienda. Bisogna anche considerare che le aziende sono società collettive di lavoro, dove esiste una condivisione antropologica dei valori condivisi, tanto che il gruppo riconosce subito chi non segue questi principi: naturalmente non può licenziarli ma, in qualche modo, può scomunicarli, cioè emarginarli, fare in modo che escano dalla comunità di lavoro.

Insomma, secondo Lei, le aziende del futuro, liberate dalla gerarchia, potrebbero diventare delle vere e proprie oasi di lavoro?

In termini di clima sociale, c'è un netto miglioramento nelle aziende liberate dalla gerarchia, perché ogni dipendente acquista in autostima. Sente di far parte dell'azienda, di essere un elemento utile per la sostenibilità del proprio lavoro. Se imponi una decisione a qualcuno, questi può potenzialmente opporsi; mentre la stessa persona non si opporrà se a questa decisione avrà contribuito in qualche modo direttamente. Quindi passare dalla decisione alla operatività sarà facilitata e più veloce. Inoltre, quando le idee partono dalle persone che stanno a contatto con i clienti e, quindi, sono più in sintonia con la realtà del mercato, ci sono meno possibilità di errori.

Gli stimoli che Isaac Getz - professore di leadership e innovazione presso la Business School ESCP Europe - ci ha lasciato sono moltissimi. Vale la pena approfondirli, leggendo il suo libro, ricco di aneddoti, storie di vita, episodi reali, fallimenti e successi che aiutano a meglio conoscere questa nuova e innovativa prospettiva di governance, magari aiutandoci a superare scetticismi e diffidenze.

 

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