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     n. 11 anno 2016

World Business Forum: story-what? Making o Telling?

di Maurizio Quarta

di Maurizio Quarta

L'ultima edizione del World Business Forum ha giocato sul tema dello story making, creando un legame ideale con il tema dei provocatori dell'anno precedente, raccontando una storia, un percorso intellettuale che troverà la sua naturale evoluzione nel payoff della prossima edizione: Be Beta

Il tema conduttore del World Business Forum 2015 sono stati gli story maker.
Il loro identikit: persone che, poste di fronte alle situazioni anche traumatiche dell'attuale momento, non se ne lasciano condizionare e intimorire, ma se ne servono come pista di lancio per generare benessere sociale. Sono in buona sostanza innovatori, provocatori (tema del WBF dell'anno precedente), menti creative che non provengono solo dal business e dal management, ma anche da altri ambienti (società civile, sport, ambiti religiosi, web).
Come ormai da qualche anno, WOBI, insieme a Manageritalia, ha indagato il pensiero e il sentiment di oltre 30.000 manager sul tema chiave del WBF, cercando di capire chi sono gli story maker, se esiste un percorso per diventarlo e quali possano essere le ricette per reagire in maniera costruttiva alla crisi e agli shock contingenti.
Un primo dato interessante: nonostante la tipologia di rispondenti, i personaggi "guida" indicati provengono da settori eterogenei: nessuna meraviglia che ai primi posti ci siano Steve Jobs (21%) e Richard Branson (8%), seguiti a ruota daBarack Obama (7%) e Papa Francesco (3,5%).
Le "guide" italiane più votate: Sergio Marchionne (9%) e Oscar Farinetti (7,7%), in compagnia dei quali fa sensazione e desta ammirazione l'indicazione di Adriano Olivetti (3.5%).
E per il 2016 il 24% indica Matteo Renzi.
Un altro dato su cui riflettere riguarda i luoghi di "nascita" delle idee: anche grazie all'eterogeneità di cui sopra, i modelli di riferimento si spostano sempre più verso quelle aree che una volta erano considerate sostanzialmente passive, con i Paesi Emergenti al 42% e l'Africa al 6%.

Le doti che vengono riconosciute ad uno story maker?
La principale è la "visione" (72% dei rispondenti), mentre segue seconda, ma a grande distanza, il carisma (10.9%), messo sullo stesso piano di una qualità recentemente scoperta dal mondo del management, la "curiosità".
Purtroppo però, l'Italia sembra non essere un paese per story maker: secondo infatti il 60% dei rispondenti è più facile fare business all'estero che nel nostro Paese
Per una story maker donna l'impresa diviene quasi impossibile, per circa un terzo dei rispondenti.
Così come realizzare delle politiche pubbliche efficaci: secondo il 58% degli intervistati nessuna delle misure adottate dagli ultimi Governi ha favorito l'impresa e l'imprenditorialità, mentre le aree in cui si dovrebbe investire di più sono scuola e Università (30%) e sostegno alle start-up (23,5%).

Sulla base di queste premesse, abbiamo cercato di selezionare, tra i tantissimi offerti dalla due giorni milanese, gli spunti più significativi, così come ci sono stati indicati da un panel di temporary manager cui abbiamo chiesto di riflettere sugli interventi dei relatori.

Da Ken Robinson, grande esperto di creatività e innovazione e autore del best seller The Element: "Viviamo in un momento di rivoluzione ... se vogliamo andare incontro a questa rivoluzione e sopravvivere dobbiamo pensare in modo diverso. Dobbiamo pensare al talento e all'intelligenza. Credo che molti non conoscano il proprio talento; Dobbiamo iniziare a fare le cose in modo diverso, in ogni contesto: nelle organizzazioni, nella scuola, nella società."
Come promuovere la creatività? Giocando su tre leve fondamentali: "le Persone, di cui dobbiamo stimolare la creatività; i Gruppi, in quanto la creatività degli esseri umani dipende dalla collaborazione, non dall'isolamento; la Cultura, che influenza il modo di pensare a come e in quali campi si può innovare. Bisogna diffondere una cultura della creatività".

Da Matt Brittin tre consigli su come sfruttare al meglio l'onda digitale che hanno riscosso grande consenso tra chi si occupa di temporary management:
Mettersi in evidenza: è la cosa più importante nella vita e nel mondo digitale è altrettanto vero. In ogni momento ci sono tantissime persone che fanno ricerche sul web. Andate su Google Trends, cercate i vostri prodotti e scoprite come, dove e quanto le persone li cercano. Quando qualcuno cerca un qualsiasi tipo di prodotto, online ci sono migliaia di link, tra cui anche quelli dei vostri competitor. Quindi mostrarsi, farsi vedere, in questo momento è vitale.
Diventare più astuti: ogni interazione digitale ci dà l'opportunità di sapere di più sui nostri clienti. Potete usare Google Analytics per scoprire da dove visitano il vostro sito, quanto spesso e quanto tempo ci restano. Il bounce rate è un'informazione importantissima: se da Google qualcuno viene indirizzato sul vostro sito ma non resta sulla pagina, vuol dire che state rispondendo alle domande sbagliate. Online potete testare e imparare continuamente.
Accelerare: tutto sta accelerando e le organizzazioni, i consumatori, le aziende in qualche modo stanno aiutando e incrementando questa accelerazione. Tenere il passo è probabilmente il punto più importante di tutti.

Da Alessandro Baricco, autore, regista, fondatore della Scuola Holden di Storytelling & Performing Arts un po' di chiarezza e alcune serie riflessioni su una delle mode manageriali del momento, lo story telling.
"Negli ultimi anni è entrato in modo massiccio nella nostra vita e nel nostro lavoro, anche nei contesti meno adatti. Solo una piccola parte delle persone che usano questo termine sa davvero cosa significhi. Spesso quando diciamo storytellig parliamo di cose differenti, ci capiamo tra noi ma siamo molto lontani dall'averne un'idea precisa.
La migliore definizione ... è "sfila via i fatti dalla realtà, quello che resta è storytelling. ... lo storytelling è il valore immateriale della realtà.
"... lo storytelling non è sempre una narrazione. Non è sempre una storia. La prima pagina di Google "gronda" storytelling ma non c'è una storia. E il primo tratto dello storytelling di Google è proprio questo.
I manager chiedono di costruire lo storytelling della propria azienda. È un'idea riduttiva e perdente quella di pensare di poter ridurre un'azienda ad un solo storytelling. Qualsiasi evento è una somma algebrica di diversi storytelling simultanei. L'azienda come famiglia, dove tutti hanno un proprio storytelling e dove ognuno ha una propria visione dello storytelling dell'azienda."

Da Steven Kotler, Direttore della ricerca del Flow Genome Project, sui processi di innovazione "... il massimo della performance umana ha sempre le stesse caratteristiche. Noi chiamiamo queste caratteristiche "Flow": il massimo rendimento umano. Lo stato di consapevolezza ottimale in cui rendiamo il massimo e in cui siamo così concentrati sull'obiettivo che tutto il resto scompare.
Quando siamo in stato di flow il nostro cervello può processare più informazioni, più velocemente e più in profondità. Ma in cosa consiste lo stato di flow nella vita reale? Negli ultimi 25 anni la performance è cresciuta in modo esponenziale ed è qualcosa di incredibile, soprattutto considerando i limiti posti dalla natura ...
Se qualcosa mi spaventa devo andare verso quella cosa, per migliorare ogni volta le mie competenze. Dobbiamo fare nostro il mantra della Silicon Valley: "fallisci presto, fallisci molto e fallisci guardando avanti" ... Questo ci porta all'ultimo punto, quello che in inglese viene definito moonshot thinking. È più facile concepire un miglioramento del 1000% che uno del 10%. Pensando in grande si eliminano i preconcetti.
L'importanza della percezione. Io identifico questo punto con una cifra: 3.54.90, ovvero il tempo impiegato per correre un miglio da Roger Bannister, il primo uomo a scendere sotto i quattro minuti. Prima di lui si pensava che un simile record fosse impossibile ma un mese più tardi ci riuscirono altre cinque persone. Come è possibile? Perché è cambiato l'approccio mentale. All'improvviso l'impossibile sembrava possibile e per questo si riesce a farlo. C'è un accoppiamento tra percezione e performance. Se si vogliono vincere le grandi sfide bisogna percepirle come possibili.

In sintesi e per usare la terminologia di Kotler, viviamo oggi in un mondo sempre più VUCA (Volatile, Uncertain, Chaotic, Ambiguous), caratterizzato da una costante ebollizione e da una dinamica travolgente, che condiziona il modo di vivere e di pensare delle persone. L'essere Beta non è più un'opzione: ma questo WOBI ce lo spiegherà nella prossima edizione del World Business Forum.

 

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