hronline
     n. 16 anno 2016

Sviluppo di carriera nell'azienda familiare

di Filippo Ferrari

Il passaggio generazionale è spesso difficoltoso, se non proprio fallimentare. Una delle possibili ragioni risiede nella scarsa attenzione che viene dedicata allo sviluppo di carriera dei figli/e. Il tema è stato oggetto di ricerche specifiche, i cui risultati possono essere di grande aiuto ai temporary manager impegnati nella gestione/supporto della transizione.

Le generazioni successive di imprenditori e imprenditrici si trovano ad affrontare percorsi di carriera in parte già segnati. Infatti, in merito ai processi di orientamento (scolastico, professionale, e di carriera) l'azienda famigliare è in una situazione del tutto particolare: l'esistenza di un'azienda di famiglia rende assai delicata la scelta da parte degli junior del percorso scolastico prima, universitario poi, infine lavorativo.

Recenti ricerche sono state realizzate su un campione di oltre 200 imprese famigliari italiane, prevalentemente piccole e medie ed appartenenti a tutti i settori produttivi. Sono stati utilizzati metodi sia quantitativi (raccolta sistematica di dati tramite questionari standardizzati) che qualitativi (interviste in profondità). Tali ricerche hanno fornito alcune evidenze che sottolineano forti criticità e che rendono l'orientamento scolastico, professionale e infine di carriera una necessità ineludibile per le PMI famigliari.

I percorsi scolastici e di carriera della seconda generazione nelle imprese famigliari: cosa dice la ricerca scientifica in Italia
Le evidenze empiriche disponibili suggeriscono diverse aree di criticità nelle quali sarebbe opportuno un intervento consulenziale/orientativo. Più del 30% degli junior ha frequentato un corso di studio incoerente con la posizione occupata in azienda. Solo il 20% circa ha avuto precedenti esperienze lavorative al di fuori dell'impresa di famiglia, e si tratta prevalentemente di figlie (32% rispetto al 12% dei maschi), ma sono di solito esperienze in settori differenti, e la decisione tardiva di entrare nell'azienda di famiglia sembra un ripiego. Inoltre, almeno la metà degli junior (60% femmine, 40% maschi) ha in qualche occasione cercato lavoro al di fuori dell'azienda di famiglia, in quanto si reputava insoddisfatto, però nessuno ha lasciato ritenendo la situazione attuale più comoda.
Nella percezione dei colleghi non-membri della famiglia, la rilevanza organizzativa della mansione svolta dallo junior è messa in dubbio. Di fatto, gli junior (specialmente le figlie) molto spesso ricoprono una posizione di dubbio valore, disegnato adhoc per trovare un posto all'interno dell'azienda, ed assicurare loro un reddito. Infine, in una logica di progettualità e orientamento al futuro, la ricerca suggerisce che gli junior svolgono mansioni diverse dal senior, e non avviene un trasferimento di competenze, neanche in maniera tacita. Inoltre, il passaggio generazionale non è correttamente preparato, ma spesso lasciato ad un futuro indefinito, con una serie di potenziali conseguenze negative per la sopravvivenza dell'impresa stessa.

Quali conseguenze per l'azienda?
Per meglio chiarire la rilevanza di questi dati, ed andare oltre una mera descrizione ed interpretazione dei risultati, è opportuno evidenziare le implicazioni pratiche di quanto emerso.
Le carriere lavorative tutte svolte all'interno dell'impresa famigliare e le prestazioni negative in termini di condivisione della conoscenza possono portare, in futuro, ad esiti indesiderati in termini di innovazione e competitività.
Inoltre, secondo la Teoria delle Organizzazioni ad Alta Affidabilità (High Reliability Organizations Theory), la scarsa o nulla condivisione della conoscenza rendono il fondatore insostituibile e quindi l'organizzazione diventa vulnerabile a shock esterni, quali l'improvvisa morte o incapacità del fondatore stesso.
Ancora, l'incertezza della generazione successiva riguardo al futuro conduce facilmente a condizioni soggettive di frustrazione e di ansia con conseguenze negative sul benessere complessivo dello/a junior.
Infine, il valore di mercato di un'azienda è fortemente dipendente dal suo capitale intangibile, in particolare le competenze specifiche. Se l'azienda è dipendente dalle competenze del fondatore, è facile che il vantaggio competitivo si perda nel passaggio generazionale, e che la generazione successiva diventi poco attrattiva per eventuali investitori o finanziatori esterni.

Cosa fare? Implicazioni pratiche per aumentare le probabilità di sopravvivere al passaggio generazionale
Quanto sopraesposto permette di concludere questo articolo con una serie di suggerimenti pratici rivolti alle generazioni coinvolte (in particolare la successiva, che ha la necessità di legittimarsi e differenziarsi rispetto alla precedente) in un processo di successione.
Il primo suggerimento è quello di definire gli obiettivi di carriera e seguire un percorso di studi appropriato prima di prendere in mano le redini dell'azienda. L'ingresso nell'azienda di famiglia è frutto di una decisione consapevole ed effettuata precocemente, altrimenti agli occhi di tutti gli stakeholders sembrerà un ripiego.
Secondo, trovare all'interno dell'azienda un mentore che non faccia parte della famiglia: questo aiuterà ad uscire dall'ombra del genitore.
Terzo, svolgere un'esperienza lavorativa significativa di alcuni anni al di fuori dell'azienda di famiglia, allo scopo di comprendere contesti organizzativi differenti e culture aziendali diverse.
Quarto, non concedere alla seconda generazione benefit relativi alla conciliazione tempi di vita - tempi di lavoro, ma seguire gli standard offerti alle altre lavoratrici e lavoratori non membri della famiglia (orari di ingresso e uscita, assenze dal lavoro, permessi, ecc.).
Quinto (sopratutto per le figlie), sviluppare competenza e passione per gli aspetti gestionali e produttivi (indicatori di performance, di Qualità, finanziari ecc), in virtù della loro importanza strategica e anche per rompere lo stereotipo della figlia che si occupa di pubbliche relazioni e comunicazione.
Sesto, portare un contributo nuovo e riconoscibile all'organizzazione, in termini di innovazione di prodotto, processo e/ o organizzativa che sia riconosciuta ed apprezzata dai lavoratori non membri della famiglia: una linea di prodotti o servizi, un nuovo mercato, una diversa procedura di selezione dei fornitori ecc...

A questi aspetti, ne seguono altri legati alla relazione con il/la senior, tutti estremamente delicati sul piano organizzativo, ma soprattutto psicologico. Un problema diffuso è la presenza ‘continua ed ubiqua' del fondatore. Tuttavia, un passaggio generazionale è completo solo se include anche la trasmissione dei simboli di potere all'interno della famiglia. È allora necessario anche prevedere che il/la senior verrà spogliato di tutti i benefici del ruolo: ufficio, automobile, accesso libero a tutte le aree. Il/la senior godrà dello status di ‘emerito', con i relativi benefici che le si vorranno accordare, ma tassativamente non sarà più il capo supremo. Si comprende la difficoltà di realizzare ciò ma se ne sottolinea l'importanza strategica, benché poco applicata. La compresenza di più generazioni con ruoli di comando è deleteria per la sopravvivenza dell'impresa.
Inoltre, la catena di comando è un aspetto essenziale dell'organizzazione informale. Ma tale catena è spesso scavalcata dall'alto, ad opera del fondatore, o dal basso, soprattutto ad opera dei non - membri della famiglia, particolarmente durante e dopo il processo di successione. È tassativo che ciò non sia mai permesso, nemmeno in via eccezionale, salvo esplicita e temporanea delega da parte del nuovo leader.
È analogamente negativo che il fondatore rimanga l'interlocutore privilegiato anche di soggetti esterni all'organizzazione (fornitori, clienti), in quanto percepito come sede del ‘potere reale' di decisione e di veto.
Si deve concludere che i legami famigliari sono culturalmente molto forti in ogni famiglia, ma il tasso di fallimento relativo al passaggio generazionale tra la prima e la seconda generazione (circa il 70%) è testimone di come il problema sia sottovalutato ma è spesso anche testimone della frequente mancanza di fiducia, rispetto e confidenza tra membri della famiglia. La necessità di salvaguardare l'azienda (se questo è l'obiettivo) può invece costringere a strappi nel tessuto relazionale tra famigliari, ad esempio allontanando i membri che non portano un contributo in termini di risultati, competenze, o comunque valore aggiunto. Ai fini della sopravvivenza, è necessario agire secondo la logica del merito e non quella dell'appartenenza, a partire dal successore stesso.

Filippo Ferrari,
Consulente e formatore, Professore a Contratto di Organizzazione Aziendale presso la Scuola di Economia, Management e Statistica dell'Università di Bologna
 

 

  • © 2024 AIDP Via E.Cornalia 26 - 20124 Milano - CF 08230550157 - tel.02/6709558 02/67071293

    Web & Com ®