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     n. 13 anno 2015

BASILEA 3: occasione di crescita manageriale per le PMI italiane

di Maria Grazia De Angelis e Andrea Pietrini

Il recente Forum di ABI sul tema ha evidenziato il bisogno di nuove competenze nelle PMI, manageriali in senso lato e finanziario-creditizie nello specifico, sia per facilitare il rapporto tra banche e imprese, sia perché rilevanti ai fini dei criteri di valutazione

"Basilea 3" è un insieme articolato di provvedimenti di riforma, predisposto per rafforzare la regolamentazione, la vigilanza e la gestione del rischio del settore bancario. L'intento è migliorare la capacità del settore bancario di assorbire shock derivanti da tensioni economiche e finanziarie, indipendentemente dalla loro origine; migliorare la gestione del rischio e la governance; rafforzare la trasparenza e l'informativa delle banche.

Un intento meritevole che, però, si dipana attraverso un vero intreccio di norme e regole, a volte di scarsa chiarezza, sempre più stringenti che, alla fine, potrebbe arrivare a strangolare il sistema delle piccole e medie aziende del nostro Paese.

In questo quadro regolamentare e di mercato una variabile sempre più critica diventa il management, in particolare quello finanziario, che sarà da una parte chiamato a farsi interprete pratico della norma per le aziende, dall'altro a condurre lo sforzo di miglioramento delle variabili finanziarie aziendali, perché l'introduzione delle regole di Basilea 3 non diventi esiziale per la sopravvivenza della propria azienda.

Il tema è stato affrontato a Roma, nel corso del convegno "Unione bancaria e Basilea 3 - Risk & supervision 2015", organizzato dall'Abi, alla presenza del Direttore Generale Giovanni Sabatini e di oltre 110 esperti nazionali e internazionali.

Il recepimento nel diritto nazionale delle nuove regole del pacchetto di Basilea3 presenta delle incognite per il suo impatto su mondo bancario italiano: "Abbiamo una unione bancaria ma non abbiamo un testo unico bancario, abbiamo un mercato finanziario europeo, ma non un diritto penale dell'economia che garantisca regole chiare e uguali per tutti - ha dichiarato Giovanni Sabatini - Non abbiamo dubbi sul fatto che l'ampio pacchetto riformatore post-crisi finanziaria, le decisive risposte all'andamento ciclico arrivate dalla Banca Centrale Europea con le forti dosi di politiche monetarie non convenzionali e il rafforzamento patrimoniale, creeranno un settore bancario più forte. Tuttavia - ha proseguito il Direttore Generale Abi - occorre prestare attenzione alla lunga fase di transizione che durerà ancora molti anni e dunque valutare l'interpretazione, troppo spesso effettuata nella maniera più restrittiva possibile, delle regole ed evitare misure che possano danneggiare la ripresa economica e, di conseguenza, la possibilità di erogare credito. Allo stesso modo, è necessario eliminare la cappa di incertezza che grava sulle banche e non consente loro una adeguata pianificazione per quel che riguarda la raccolta, la liquidità e, soprattutto il capitale".

Il tema è importante e anche la Banca d'Italia per voce di Carmelo Barbagallo, Capo del Dipartimento Vigilanza Bancaria e Finanziaria, ha posto l'accento sulle differenze macroscopiche che affliggono l'applicazione di Basilea 3: "Occorre assicurare un terreno di gioco veramente uniforme, evitando di percorrere la più comoda strada dell'applicazione di regole meccanicistiche.

E' tuttavia utopistico pensare che questo possa accadere in breve tempo; in attesa che questo avvenga è importante che le Autorità di Vigilanza operino congiuntamente per rimuovere le differenze regolamentari e nelle prassi di vigilanza".

Nel mentre le condizioni per la ripresa sembrano esserci, secondo Giovanni Sabatini: "Al di là delle tensioni che oggi si sperimentano anche a fronte della difficile situazione internazionale. continuiamo a registrare una riduzione dei tassi di interesse sui prestiti che si collocano oggi a livelli storicamente bassi e vi sono segnali importanti di ripresa per quel che concerne le nuove erogazioni di credito, tanto nel settore delle famiglie, quanto in quello delle imprese". Per il Direttore Generale dell'Associazione bancaria italiana è quindi indispensabile coniugare regole e sviluppo: "Siamo consapevoli che il bene pubblico della stabilità finanziaria non può andare a detrimento del bene pubblico della crescita economica, dell'occupazione e quindi del benessere. Dobbiamo lavorare, tutti per realizzare il giusto bilanciamento tra i due obiettivi. Senza crescita, alla fine, non vi può essere stabilità finanziaria duratura".

Al termine del suo intervento lo abbiamo avvicinato per fargli notare che Basilea 3 risulta ostica alle PMI e, seppur stracolma di regole e norme, appare ignorare l'importanza del cosiddetto fattore umano, ovvero è priva di una particolare attenzione al management delle società che si avvicinano al credito bancario. Sabatini ci ha così risposto: "le regole sulle banche sono amministrate dalle banche, ma servono alle Pmi per individuare un percorso compatibile con questa fase di ripresa. Bisogna altresì tenere conto che la struttura manifatturiera italiana è disallineata rispetto all'Europa, le imprese sono sotto capitalizzate e indebitate al breve e con il nuovo ordinamento dovranno allinearsi. Un esempio sono i mini bond, che stanno avendo successo, ma le regole di emissione devono essere semplificate e su questo occorre attivarsi. Il fattore umano è una variabile qualitativa, come ad esempio il valore del management, ed è giusto inserirlo nei livelli di valutazione dei progetti, perché non può esistere solo il modello matematico".

Il tema, a nostro parere, andrebbe tuttavia affrontato in maniera più decisa, anche a livello di sistema e sicuramente esplicitato in maniera più netta: il sistema finanziario non può ignorare che esiste un rapporto banca-impresa indissolubile, che non ragiona a compartimenti stagni e se una parte del binomio, in questo caso l'impresa, non è preparata per recepire il mutamento, non si riuscirà andare nella direzione voluta e le ricadute sul sistema bancario e del credito saranno ancora più negative, innescando un circolo vizioso che potrebbe diventare drammatico; tuttavia questa preparazione si può avere velocemente soltanto introducendo in azienda figure manageriali esperte che agevolino il lavoro delle banche e sappiano interpretare a favore dell'azienda e del sistema le nuove norme, molto più restrittive.

Ernesto Poza, uno dei guru mondiali in tema di imprese familiari, sottolineava in una sua intervista la rilevanza del temporary management quale strumento di crescita per le aziende familiari, e per le PMI in particolare, sia come portatore di una specifica competenza, funzionale e non (ad esempio nell'area dei cosiddetti CFO services), sia come portatore di una più generale competenza di governance, ponendo comunque l'accento, in entrambi i casi, sulla particolare capacità di entrare in sintonia con la cultura imprenditoriale, e con i suoi limiti, senza la quale qualsiasi intervento sarebbe destinato ad un precoce fallimento.

Almeno a livello di obiettivi di un intervento, queste aziende sembrano sposare perfettamente i principi e le prescrizioni di Poza: per loro, infatti, il temporary management è lo strumento ideale per portare in casa competenze di alto livello, non altrimenti disponibili, a costi accessibili, con il risultato di accrescere le capacità delle persone già operanti in azienda, che alla fine di un intervento saranno in grado di fare le stesse cose meglio di prima oppure di nuove.
Il temporary management rappresenta dunque un ragionevole punto di equilibrio tra bisogno di managerialità e vincoli economici e culturali, in quanto opera con manager senior, spesso "sovradimensionati" rispetto all' incarico, in tempi brevi con una presa di contatto immediata con il problema, oltre ad essere una soluzione a costi certi, comunque variabili e in buona parte legati ai risultati e senza alcuna complicazione ed onere legato al termine dell' incarico.

In ottica di Basilea 3, importare cultura finanziaria e implementare strumenti di controllo orientati alla condivisione delle informazioni e degli obiettivi aziendali (ad esempio nel caso di progetti di sviluppo, specie internazionale), oltre che facilitare il rapporto con le istituzioni bancarie potrebbe anche stimolare l'interesse da parte della finanza privata (fondi di Private Equity e Venture Capital) che ancora oggi mostrano molta diffidenza, stante la difficoltà di interfacciarsi positivamente con le PMI.

di Maria Grazia De Angelis - Presidente AISL_O mgraziadeangelis@yahoo.com
e Andrea Pietrini - Managing Partner yourCFO A.pietrini@yourCFO.it

 

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