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     n. 7 anno 2014

Networking e rilancio del Made in Italy nell’economia reticolare

di Domenico Barricelli

Il ruolo del manager di supporto rappresenta la chiave per favorire la costituzione di reti d'impresa, meta-organizzatori in grado di aiutare le PMI a rispondere con forza a sfide competitive sempre più globali: è quanto emerge dal recente workshop "Il rilancio del sistema economico e sociale del Made in Italy nell'economia reticolare" tenutosi a Roma lo scorso 12 marzo

Appare emblematico parlare di rilancio dell'innovazione e della competitività, di fronte ad una crisi recessiva prolungata senza precedenti che ha costretto a ripensare i termini dello sviluppo sociale ed economico, soprattutto per il nostro Paese che stenta ancora nel dare segnali di ripresa, nonostante il riattivarsi di alcune economie dei principali paesi europei e internazionali.
Sappiamo che il rilancio del sistema economico e sociale passa attraverso scelte ben definite, di politica industriale, di prospettiva, in grado di intercettare "tendenze, idee e visioni sul futuro del lavoro e delle organizzazioni" . Uno scenario del cambiamento che ha implicazioni per individui, istituzioni (anche educative), imprese e governi (centrali e periferici) che devono necessariamente acquisire la capacità di progettare e gestire nuove abilità, competenze, modi di pensare il futuro (ma anche il presente).
Di fronte a tali cambiamenti di scenario, il nostro contesto nazionale come sappiamo presenta alcune criticità legate alle caratteristiche assunte dall'assetto produttivo, caratterizzato dal prevalere di microimprese (sono il 95% del totale e assorbono il 50% degli occupati) che presentano spesso forme organizzative poco evolute e attività tradizionali. Realtà che stentano ad intercettare le traiettorie dello sviluppo economico reticolare su scala globale, per la difficoltà di ampliare i mercati, la clientela, i sistemi di fornitura, con problemi di accesso al credito e di equilibrio economico/finanziario.
Una difficoltà legata alla ridotta dimensione aziendale, ma soprattutto ad una struttura di tipo familiare in cui il controllo è (direttamente o in direttamente) esercitato da una persona fisica o da una famiglia: secondi l'ISTAT quasi ¾ delle microimprese e oltre il 60% delle piccole, e solo il 31 % delle grandi imprese sono controllate da una persona fisica o da una famiglia.
Aspetti che si riflettono anche sul tipo di organizzazione aziendale dove la gestione manageriale (in particolare nei casi in cui la conduzione prevede l'intervento di manager interni o esterni all'impresa) è limitata a non più del 5 % delle aziende di ciascun macrosettore di attività economica; fenomeno che caratterizza anche il 40 % delle imprese con almeno 250 addetti.
Emerge, da tale quadro, per la maggioranza delle imprese italiane un profilo aziendale di "piccolo cabotaggio", a prevalente "conduzione familiare", dove sono pressoché assenti modelli di gestione manageriale. Imprese che impiegano in media 5 addetti, poco dinamiche, rivolte ad un mercato prevalentemente locale (comunale o regionale), con un tipo di organizzazione molto semplificata. Imprese "conservatrici", dunque, con basse performance organizzative e comportamenti "difensivi" che stentano, rispetto alle medio-grandi imprese con orientamenti di tipo "espansivo", nel tentativo di potenziare la necessaria rete di relazioni con altre imprese, aspetto ormai strategico, non più eludibile.
Un sistema produttivo quello nazionale caratterizzato, dunque, da grande frammentazione che necessita, per riattivare la crescita e lo sviluppo aziendale, di una massiccia attivazione delle relazioni produttive tra imprese e strutture di ricerca, formative, di servizi, ancora poco visibili e formalizzabili. Le aggregazioni in Italia, sappiamo essere ancora ridotte, visto che rappresentano il 12 % delle piccole imprese e il 15% delle medie; nonostante la forte accelerazione di questi due ultimi anni, a seguito dell'istituzione dei contratti di rete, le reti restano ancora un fenomeno piuttosto marginale e poco diffuso: solo lo 0,15% delle imprese risultavano coinvolte in contratti di rete a fine dicembre 2013. (fonte: "Quarto Osservatorio sulle reti d'impresa redatto dal servizio Studi e ricerche di Intesa Sanpaolo e Mediocredito Italiano").
Sono comunque cresciute le iniziative delle varie associazioni per promuovere e agevolare l'aggregazione tra le imprese (ed altri organismi di ricerca, sviluppo, formazione), anche se come abbiamo visto dai dati citati vi è ancora molto lavoro da svolgere; soprattutto per individuare il vero potenziale aggregativo presente nei sistemi territoriali che ancora sfugge alle rilevazioni strutturate degli "osservatori" ufficiali. Sono per questo importanti quei tentativi e quegli sforzi organizzativi orientati a far incontrare i protagonisti dello sviluppo aggregativo (imprenditori e coordinatori di reti), con le loro diverse esperienze, impegnati nel riassetto delle proprie attività imprenditoriali tipiche del Made in Italy (dell'Italian Way of Doing Industry: "crocevia territoriali di reti lunghe vitali"(2)) nell'economia globalizzata reticolare(3).
Sappiamo che esistono molte forme aggregative (contratti di rete e contratti di fatto, poli di innovazione e poli tecnologici, distretti, cluster, network e filiere), ma occorre, a nostro avviso, farle emergere attraverso una più attenta lettura delle dinamiche relazionali territoriali per poter individuare e valorizzare le capacità, le conoscenze e le competenze che i diversi attori dello sviluppo locale (imprese, istituzioni, associazioni, università) mettono in atto grazie alla forza del networking.
In questo delicato processo di attivazione della circolazione delle diverse esperienze presenti nei territori, diventano centrali i meta-organizer, ovvero coloro che sostengono la crescita in chiave distintiva delle economie locali secondo una logica di knowledge management territoriale, in grado di mettere in campo specialisti dello sviluppo competitivo, quali sono i support manager (oppure i temporary manager), professionisti di "cerniera", di "raccordo", tra le imprese, i territori e le istituzioni.
Questa figura strategica ed allo stesso tempo operativa, favorisce il collegamento tra network locali, nazionali e internazionali, supportando in particolare i titolari delle micro e piccole imprese nella redazione di piani di sviluppo imprenditoriale e/o manageriale. Il support manager è in sostanza colui che orienta e accompagna l'imprenditore nel dirigere le azioni dell'impresa all'interno di reti di fornitura, clientela, innovazione, sviluppo, ricerca. Un "agente di cambiamento" che agisce "per il cambiamento", grazie al possesso di conoscenze specialistiche di tipo economico-organizzativo-gestionali. In definitiva, il support manager rappresenta una key competence territoriale (oltrechè imprenditoriale di affiancamento ai titolari responsabili aziendali) che consente alle imprese di:

  • condividere orientamenti culturali e comportamenti strategico-organizzativi con un "sistema-rete" di attori (che comprende altre imprese e/o istituzioni o agenti dello sviluppo locale);
  • collocarsi all'interno di progetti strategico-territoriali (contratti di rete, poli di innovazione etc.), per cogliere le opportunità di co-finanziamento legate ad attività di formazione e consulenza provenienti da specifiche policies di sostegno e sviluppo;
  • inserirsi in aggregati formalizzabili, dove far crescere e potenziare sistemi di rappresentanza di interessi comuni, di sistema, di rete, di network, di comparto/settore;
  • intensificare i processi di attivazione di nuove conoscenze, competenze, innovazioni, tecnologie già presenti all'interno di aggregati;
  • attivare processi di promozione e comunicazione attraverso l'e-web marketing (per aggregati), necessari a migliorare la visibilità di prodotti e/o servizi intercettando le opportunità di attivazione di nuovi mercati e/o clientela;
  • attivare specifici servizi di sviluppo imprenditoriale e/o manageriale, attraverso propedeutici check-up in grado di verificare lo stato di salute aziendale e proporre specifiche attività di supporto.

Un profilo di competenze e conoscenze quelle del support manager con specifici compiti e attività peculiari (sintetizzate nella Fig. 1) che si sostanziano nel supporto:

  • all'individuazione del fabbisogno di formazione e/o consulenza, attraverso l'utilizzo di strumenti per l'analisi e la diagnosi territoriale, settoriale, aziendale/interaziendale (all'interno di forme aggregative);
  • alle attività di pianificazione dello sviluppo locale attraverso l'individuazione di interessi imprenditoriali di rete;
  • alla definizione di piani formativi (settoriali, territoriali, aziendali) e/o di consulenza per lo sviluppo manageriale e/o imprenditoriale e attività di fund-raising;
  • all'individuazione di strumenti tecnologici e metodologie utili a migliorare il contesto di apprendimento organizzativo in rete;
  • alla valutazione degli esiti degli investimenti formativi e/o di consulenza.

Fig. 1 Competenze e ruolo del Support Manager


Fonte: Barricelli D. (2013)

In conclusione, sembra auspicabile, nella chiave interpretativa proposta, dare maggior valore alla qualità dei legami sociali, culturali ed economici che si strutturano all'interno e tra i diversi territori, ricorrendo all'utilizzo di nuove figure di specialisti (i support manager), necessari a supportare gli agenti dello sviluppo (i meta-organizer) nell'individuare le migliori condizioni, nonché gli strumenti e le metodologie più idonee a sostenere i sistemi territoriali locali che possono spingere, oppure frenare, il movimento verso una "società imprenditoriale" che premia la distintività (e dunque la competitività) dei sistemi di PMI e l'emergere dei talenti cosmopoliti.

Domenico Barricelli
Docente di Economia e Gestione delle Imprese e dei Servizi, Università dell'Aquila
Autore del volume "Competitività e innovazione nei sistemi territoriali di PMI" - Giuffré Editore

 

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