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     n. 5 anno 2012

Cultura d’impresa e temporary management: un binomio possibile?

di Paolo Petrucciani, Epistema

"Una cultura d'impresa ‘abbandonata' risulta di ostacolo anche ad una strategia ben formulata e alle migliori intenzioni e a qualunque sforzo di cambiamento annunciato".
Oggi non esistono strumenti diffusi in grado di allineare la proprietà, il Temporary Manager "affittato", diciamo così, e la squadra interna che dovrà traguardare, nel suo complesso, l'azienda da un punto A ad un punto B. Questo articolo presenta un percorso metodologico per coniugare in modo appropriato due tematiche apparentemente contrastanti: come garantire a) la continuità aziendale in un contesto turbolento e in mutamento, attraverso b) l'utilizzo efficace di una vasta gamma di ricchezze, rappresentate da competenze ed esperienze diversificate, verticali od orizzontali, offerte dalla platea dei Temporary Manager esistenti nel mercato.
Ci chiediamo spesso se la cultura d'impresa sia o no un valore per l'azienda. Specie in un momento storico dove l'immediatezza e la strategia a breve e brevissimo termine la fanno da padrone. Beh la risposta a mio avviso e' sì e tra quelli più importanti, anche se intangibile.
La motivazione della risposta risiede nella consapevolezza che ogni ambiente aziendale è prevalentemente connotato da linguaggi, usanze, tradizioni, costumi e consuetudini che costituiscono un'asse portante e un patrimonio unico del business o servizio creato e creabile.
D'altro lato la cultura non è un valore immutabile: l'insieme dei comportamenti di chi partecipa alla vita dell'organizzazione ne contribuisce a mutare le caratteristiche e gli attributi nel tempo.
Comprendere e considerare quindi la cultura nei suoi costituenti elementari può risultare di estremo vantaggio per il sostegno o la modifica della strategia di business, per il mantenimento di una posizione nel mercato o per poter intraprendere un cambiamento, piccolo o grande, e mantenere la sopravvivenza e la successione storica nel contesto in cui si opera.
Questo è tanto più vero quando si affronta, come proprietà o azionista di riferimento, un progetto di Temporary Management inevitabilmente destinato alla soluzione di uno o più problemi aziendali operativi e alla gestione di una fase di evidente discontinuità.

Cultura d'Impresa, Cultura organizzativa e Temporary Manager
Quando parliamo di cultura d'impresa dovremmo distinguere tra cultura del lavoro e cultura organizzativa. La prima (cultura del lavoro) è l'insieme delle regole organizzative, delle caratteristiche e dei sistemi gestionali che costituiscono l'ambiente dell'impresa e ne orientano le azioni. Si esprime quindi come un insieme collettivo di comportamenti, valori, aspettative e attitudini delle persone che la compongono (in un dato momento storico), ed e' guidata dalla strategia. La seconda (cultura organizzativa) invece si sviluppa e si consolida come risultato diretto delle prassi, dei sistemi, dei processi, delle strutture e del personale di un'organizzazione. Può essere modificata mutando gli elementi che la compongono.
Capire quali elementi possono risultare patologici e quali invece fisiologici, e individuare le necessarie azioni correttive, anche tramite l'apporto di un Temporary Manager esperto, qualificato, selezionato e prescelto per il progetto, risulta decisamente utile nell'evoluzione e nel dinamico adattamento al contesto che l'azienda opera nel tempo.

Driver del cambiamento in atto e nuove prospettive di impegno e identità aziendale
I contesti di mercato sono in continuo mutamento e comprendere quindi dove e come operare eventuali variazioni di ‘rotta' diventa sicuramente un driver di ‘valore', specie in momenti di grande incertezza come quelli che stiamo vivendo negli ultimi anni (vedi Fig.1).

Alcuni tra i principali elementi del cambiamento in atto nelle imprese sono:

  • l'economia globale stabilisce il costo del lavoro;
  • i design e le strategie organizzative sono sempre più determinate dai clienti/consumatori;
  • le organizzazioni e le aziende sono oggi più conosciute per le loro competenze che per i loro prodotti;
  • le persone sono sempre di più i principali investimenti reali delle organizzazioni;
  • la velocità e la semplicità stanno diventando le risorse-chiave del vantaggio o della coesistenza competitiva.

In un recente articolo pubblicato su Harvard Business Review a luglio 2009 e tradotto nella versione italiana di settembre 2009 ("Rebuilding Companies as Communities", nella versione italiana ‘L'azienda come comunità"), Henry Mintzberg, uno dei padri e capostipiti della scienza organizzativa a livello mondiale, effettua uno storico passo indietro rispetto a modelli di management troppo basati sulla leadership poco partecipata e direttiva, sostenendo che il futuro delle aziende e' da ricercare nel middle management, attraverso un esame più accurato e riflettuto degli asset valoriali presenti nelle persone (know-how, idee, competenze, esperienze, ecc.) rispetto ad un loro uso solo istantaneo, strumentale, immediato e basato sugli esiti di borsa. Una nuova era dell'economia globale dovrà quindi ripensare le organizzazioni costruendo nuovi percorsi di fiducia, identità, rispetto e di impegno, dall'interno dell'impresa verso il mondo esterno e il mercato, a partire dal patrimonio aziendale esistente, sinteticamente quella che conia con il nuovo termine di ‘comunitocrazia' (communityship).
Questa potrà essere realizzata anche con il supporto di competenze esterne e contributi individuali a sostegno della cultura d'impresa esistente, quali quelle fornite da un Temporary Manager dedicato, il cui apporto di esperienze e "innesti aggiuntivi" dovrebbe fare la differenza nelle attese della proprietà o dell'azionista.

 

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