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     n. 1 anno 2012

Dal World Business Forum un approccio innovativo all’innovazione nelle PMI (e non solo)

di Maurizio Quarta

di Maurizio Quarta

Parlando di politiche industriali mirate al recupero di competitività delle PMI italiane, uno degli argomenti maggiormente ricorrenti è certamente quello relativo alla definizione di interventi che favoriscano i processi di innovazione. Se sul tema c'è un consenso pressoché generale, altrettanto generale è l'osservazione che i costi di un processo di innovazione efficace sono molto elevati e comunque non sostenibili da questa tipologia di imprese.
Una possibile risposta viene da uno degli interventi più apprezzati del World Business Forum, quello di Larry Huston, già Innovation Officer di P&G, ruolo nel quale ha creato e messo a punto il modello connect and develop, oggi utilizzato da centinaia di aziende in tutto il mondo.

Va innanzitutto chiarito che l'innovazione è un concetto molto più ampio della semplice, si fa per dire, invenzione di nuovi prodotti e che si focalizza sulla capacità dell'azienda di creare nuove soluzioni, di prodotto e di servizio, che soddisfino i bisogni dei clienti di riferimento attraverso quelle che Huston definisce "terrific beginning-to-end total experiences" , con un mix ottimale tra ciò che i clienti chiedono e ciò che la tecnologia può offrire.
Un mix che emerge quasi spontaneamente dal concetto che sta al centro del suo modello, ovvero la creazione di Reti di Innovazione capaci di scovare la domanda e la risposta giusta "in giro per il mondo", laddove queste nascono. Questo significa trasformare i tradizionali processi interni di Ricerca e Sviluppo in una strategia di innovazione di tipo open source, capace di integrare contributi e idee provenienti da una miriade di fonti esterne, quali istituti di ricerca indipendenti, sistemi di licenze e brevetti, mondo accademico e di ricerca pura, piccole imprese innovative, fornitori e così via, per poi sviluppare in casa nuovi prodotti e nuove soluzioni.

Il cambiamento in gioco è di tipo copernicano e molto verosimilmente all'interno dell'azienda possono non essere disponibili le competenze e/o le motivazioni necessarie per compiere il salto di qualità, specie se richiesto in tempi ristretti.
In questo senso, non è infrequente il ricorso allo strumento del temporary management, soprattutto per la sua capacità di iniettare in azienda in tempi brevi nuova managerialità che faciliti e acceleri il processo di cambiamento e radichi stabilmente in azienda le nuove capacità critiche richieste.

Per le PMI, il problema è soprattutto quello di doversi confrontare con aziende molto più grandi aventi disponibilità economiche e di risorse umane decisamente superiori in tutte le attività di ideazione, promozione e distribuzione.
In questi casi ha senso ricorrere ad un temporary manager che sappia spaziare trasversalmente dal concept del prodotto, al marketing strategico e operativo, ai canali di distribuzione per arrivare a sviluppare una visione del business e l'organizzazione necessaria a sostenerla. Si tratta di un manager con forte commitment e capacità di leadership, che abbia logica imprenditoriale, e che soprattutto creda nella missione e sia capace di vedere e di far vedere agli altri in modo innovativo gli spazi di competizione; che agisca per obiettivi con piani di azione realistici.
Soprattutto, si tratta di un manager con forte vocazione alla creazione di reti e quindi geneticamente portato a realizzare un modello connect and develop: non a caso Huston ne ha sottolineato le potenzialità proprio per il mondo delle PMI, per le quali questo approccio combinato viene quasi naturalmente a proporsi come un ragionevole punto di equilibrio tra bisogno di gestione manageriale dell'innovazione e vincoli economici e organizzativi.
Il manager viene tipicamente inserito a capo di una business unit dedicata o con incarichi specifici in staff alla Direzione Generale o al Consiglio di Amministrazione, stante la necessità di muoversi agilmente attraverso tutta l'azienda e di essere riconosciuto/legittimato da tutte le funzioni. Si parla di incarichi di durata minima di un anno.

Anche aziende più grandi trovano utile il ricorso al temporary management. In questo caso, il problema con cui più spesso ci si confronta è quello dell'ottimizzazione complessiva della funzione R&D, con i seguenti possibili obiettivi di progetto:

  • revisione degli indirizzi strategici della funzione, spesso in una logica di trasformazione del business legata a significativi cambiamenti degli assetti proprietari o del management (es. l'ingresso di un fondo)
  • riorganizzazione della funzione e messa a punto di nuovi modelli e processi operativi normalmente finalizzati al miglioramento del time-to-market e della produttività. L'intervento potrà concentrarsi su uno specifico aspetto del processo (es. il modello stage-gate di R.Cooper in cui il lancio di un nuovo prodotto è suddiviso in un certo numero di fasi predeterminate, l'accesso a ciascuna delle quali è denominato gate) piuttosto che sulla realizzazione di un modello integrato connect and develop.
  • definizione di una nuova struttura, re-engineering dei processi e delle interfacce verso le altre funzioni aziendali e verso tutti i referenti esterni eventualmente coinvolti nel processo
  • eventuale implementazione dei nuovi sistemi per la gestione del ciclo di vita del prodotto.

In sintesi, si tratta in tutti i casi di focalizzare e rendere maggiormente orientate al mercato delle risorse caratterizzate generalmente da grandi capacità di ideazione, spesso però non canalizzate e operanti in maniera disorganica e destrutturata. Un approccio connect and develop può, più facilmente di altri, consentire di rafforzare la propria offerta, consentendo allo stesso tempo di velocizzare le attività di sviluppo e di diminuire sensibilmente il time-to-market.

Non solo: in un suo recente articolo sul tema del processo di trasferimento tecnologico in Italia, il Professor Leo Miglio fa acutamente notare come l'attuale sistema copra più o meno bene le fasi del "dispositivo dimostratore" e quella del prodotto industriale, lasciando totalmente sguarnita quella intermedia dello sviluppo del "sistema prototipo". Molto probabilmente un buon sistema di rete potrebbe rappresentare un primo passo verso riempimento di questo gap: uno spunto di riflessione per le regioni che stanziano fondi a sostegno di interventi di temporary management nelle PMI.

 

 

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