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     n. 3 anno 2011

I tre box dell’innovazione

di Maurizio Quarta

di Maurizio Quarta

A breve distanza da Ram Charan, un altro guru indiano del management è venuto a parlare ai manager italiani: si tratta di Vijay Govindarajan, intervenuto all'ultima edizione del Top Management Forum, organizzato da Knowita.
Govindarajan si concentra sull'innovazione e sui processi che consentono alle aziende di poter mantenere nel tempo la propria posizione: strategia e innovazione, nella sua ottica, sono intimamente collegate.
Il suo modello di riferimento è semplice, intuitivo e come tale molto potente: si concretizza in tre box definiti rispettivamente Gestire il presente, Dimenticare selettivamente il passato e Creare il futuro. La logica di pensiero è molto lineare: il box 1 ha a che fare con la competizione, ma la strategia ha a che fare anche con l'idea che si ha del futuro e di come si prevede di gestirlo, introducendo in azienda i cambiamenti necessari.

Oggi più che mai il suo modello è attuale, in particolar modo in un momento di crisi e difficoltà generale dell'economia, in cui potrebbe essere molto facile arenarsi nelle sabbie del box 1.
Per utilizzare i suoi schemi di pensiero, il significato del box 1 è quello di competere per il presente, colmando eventuali gap di performance attraverso operazioni di restructuring, mentre i box 2 e 3 hanno quello di competere per il futuro, dove un ruolo chiave hanno rinnovamento e cambiamento.
L'attuale congiuntura ha accelerato la necessità di cambiare da parte delle aziende, non importa se grandi o piccole; il cambiamento è comunque necessario e la sua entità sarà funzione dello stato di benessere dell'azienda.
L'azienda che va bene e che non guarda oltre i confini del box 1, rischia con ogni probabilità di trovarsi in difficoltà in quanto l'effetto crisi potrebbe propagarsi attraverso clienti, fornitori o attraverso il sistema bancario: il cambiamento in questo caso avrà un chiaro scopo anti-ciclico e preventivo, e si potrà concretizzare in un processo di ridisegno funzionale in una o più delle aree maggiormente soggette a pressione (es. le operations e le attività produttive, la gestione del credito, la gestione del personale).
L'azienda già in fase declinante, ha poco tempo a disposizione prima che la situazione degeneri: in questo caso il cambiamente sarà certamente più ampio e radicale, sotto la guida, ad esempio, di un nuovo amministratore delegato, tendenzialmente con il solo coinvolgimento di risorse interne e di stakeholder sempre interni. In simili situazioni non è infrequente l'intervento di un team di manager funzionali a supporto della direzione d'azienda, tipicamente uomini di operations e di finanza.
Se l'azienda è in situazione di crisi conclamata: alle azioni di cui sopra si accompagnerà molto verosimilmente un'operazione di ristrutturazione del debito e un rilevante sacrificio verrà richiesto agli stakeholder.
Si tratta sempre e comunque di forti discontinuità che richiedono, specie alle PMI, un significativo apporto di competenze manageriali, che, in alcuni casi, avrebbero una funzione praticamente anticiclica.
In tutti i casi, molte delle peculiarità del TM possono rivelarsi molto efficaci:

  • la velocità dell'intervento, in tutte le fasi del processo:
    1) nella fase di ricerca e selezione del manager, non passano di norma più di 5/7 giorni tra il momento in cui l'azienda decide l'avvio di un progetto e il momento in cui il manager entra in azienda
    2) nelle fasi operative di presa di contatto con il problema, disegno della soluzione e sua implementazione, la sovraqualificazione del Tman garantisce tendenzialmente che tutto avvenga con la massima efficacia ed efficienza gestionale
  • l'obiettività e la terzietà del manager che spesso rappresentano una significativa garanzia per gli stakeholder in genere, ma soprattutto per quelli bancari e finanziari
  • i gradi di libertà che una soluzione di TM garantisce: specie in periodi di grande incertezza, può rivelarsi opportuno e strategicamente accorto non precludere alcuna opzione futura (come nel caso di scelta di un dirigente permanente), ma mantenere aperte diverse opzioni, pur garantendo il presidio manageriale di una data situazione
  • la capacità di trasferire know how alla struttura da parte del manager, intesa in due sensi:
    1) competenza specifica di natura funzionale mirata alla razionalizzazione degli strumenti di gestione esistenti, all' introduzione di nuovi processi e metodi di gestione, alla garanzia dell' efficacia operativa e della messa a regime e, soprattutto, al trasferimento delle competenze per l' autonoma gestione a regime all'intera struttura e in particolare ad un manager più junior che il temporary manager dovrà affiancare ed "allenare"
    2) competenza legata ad operazioni di tipo non ordinario, che imprenditori e manager anche bravi, ma abituati a contesti di crescita e sviluppo, potrebbero far fatica a gestire, ma anche la capacità psicologica di convivere con una congiuntura difficile.
  • è una soluzione a costi certi, comunque variabili e in buona parte legati ai risultati e senza alcuna complicazione ed onere legato al termine dell' incarico.

Ancora, Govindarajan incita le aziende ad allargare i propri orizzonti e a guardare ai paesi emergenti come ad un'opportunità, che può essere colta solo se saranno capaci di reinventare il mercato e concepire nuovi modelli per fare business.
Anche nell'ambito dei processi di innovazione, non è infrequente il ricorso al TM, con logiche molto differenti tra grandi gruppi e aziende medio piccole.
Nel primo caso, si ha più spesso a che fare con l'ottimizzazione complessiva della funzione R&D, per rivederne gli indirizzi strategici, riorganizzarla mettendo a punto nuovi modelli e processi operativi finalizzati al miglioramento del time-to-market e della produttività (es. il modello stage-gate di R.Cooper) e re-ingegnerizzando processi e interfacce verso le altre funzioni aziendali
In sintesi, si tratta di focalizzare e rendere maggiormente orientata al mercato una funzione caratterizzata da grandi capacità di ideazione, spesso però non canalizzate e operanti in maniera disorganica e destrutturata.
Per le aziende medio piccole, il problema è invece quello di doversi confrontare con aziende molto più grandi aventi capacità di ideazione, di promozione e distribuzione decisamente superiori.
In questi casi si ricorre a manager che sappiano spaziare trasversalmente dal concept del prodotto, al marketing strategico e operativo, ai canali di distribuzione per arrivare a sviluppare una nuova visione del business e l'organizzazione necessaria a sostenerla.
Si tratta di manager capaci di vedere e di far vedere agli altri in modo innovativo gli spazi di competizione; che agisca per obiettivi con piani di azione realistici.

Per dirla con il guru indiano: solo le aziende capaci di muoversi simultaneamente tutti e tre i box sopravviveranno.

 

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