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     n. 5 anno 2008

Temporary management e lavoro over 50: come evitare la sindrome da secondo pensionamento

di Maurizio Quarta

Esiste oggi sul mercato un gran numero di risorse di notevole seniority, non solo anagrafica, che difficilmente riesce a trovare una collocazione di tipo tradizionale, ma che trova uguale, se non maggiore difficoltà, ad inserirsi con successo nei mercati della consulenza o in quello emergente del temporary management, in quanto, pur avendone le potenzialità, non offre un "prodotto" che il mercato sia disposto ad acquistare.
Il rischio è la cosiddetta "sindrome da secondo pensionamento", ovvero un pesante senso di inutilità e frustrazione che colpisce il manager pensionato/pensionando che non riesce a trovare sbocchi in attività nuove, e che perciò diviene pensionato, soprattutto emotivamente e psicologicamente, una seconda volta.

Il bacino potenziale da preservare e rendere utile è ampio: basta applicare la cosiddetta "regola (inglese) del 50/50", secondo cui un manager di oltre 50 anni che guadagni più di 50.000 sterline annue è uno dei primi obiettivi di qualsiasi programma di riduzione costi, riorganizzazione o ristrutturazione e considerare anche l'aumento della longevità intellettuale ed operativa dei manager (anche solo fino a 65 anni).

Pensando al temporary management, è possibile distinguere, nel grosso bacino alimentato costantemente da manager in fine carriera, manager in pensione, e manager che di prossima espulsione dal sistema produttivo, tre categorie:
  o chi può intraprendere una nuova professione da subito senza grosse difficoltà di      riposizionamento (pochi)
  o chi non potrà mai farlo (pochi)
  o chi ha le potenzialità, ma necessita di un indirizzamento di base, di una preparazione preliminare e di un rafforzamento di determinate competenze (la popolazione più vasta).

Molto differenti possono poi essere i percorsi mentali attraverso cui il manager può passare, ed è utile che ciascuno sia ben cosciente del proprio:

  o c'è il pensionato annoiato , che ha ha una situazione economica e finanziaria sostanzialmente tranquilla, è magari passato attraverso esperienze di consulenza post - pensione da cui non ha ricavato grandi soddisfazioni, e può permettersi il lusso di scegliere
  o c'è il professionista della regola del 50/50 , che, avendo capito che puntando su sè stesso può avere ritorni più alti, pianifica attentamente la transizione
  o c'è il giovane lungimirante, che, attratto dalla sfida e dai suoi ritorni economici si pianifica con estrema attenzione, cercando di bilanciare aspettative personali, reddito di lungo periodo, trade off tra vita privata e vita lavorativa.

C'è però anche chi questo percorso lo ha fatto solamente in maniera fittizia:
  o il gattopardo della regola del 50/50, convinto che un percorso alternativo sia un male ineluttabile, ha bisogno di crearsi un orizzonte temporale di medio termine in cui vedersi attivo ed impegnato e ha sostanzialmente paura di diventare inutile
  o il disperato, che le ha provate tutte e in realtà cerca solamente un lavoro.

Oggi purtroppo un gran numero di manager arriva impreparato ad affrontare la grande discontinuità personale dell'uscita dall'azienda: in troppi iniziano a muoversi solamente qualche mese prima della pensione, o, peggio, qualche settimana prima di dover forzosamente lasciare l'azienda, con la profonda convinzione che il pedigree acquisito sia sufficiente per un loro immediato riutilizzo.

La chiave del problema è giocare d'anticipo, su tre livelli ben distinti:
  o quello personale, in quanto il manager deve farsi parte attiva nel predisporre un sistema individuale di salvaguardia della propria rivendibilità personale
  o quello aziendale, in cui l'azienda, nell'ambito del più ampio tema della propria responsabilità etico-sociale, diventa parte attiva nella definizione di un piano di scivolamento soft verso la pensione o verso un'uscita anticipata
  o quello del sistema economico, che deve porre in essere una serie di meccanismi tali da rendere più facile la soluzione del problema ai due livelli precedenti.

Essere stati in qualche modo "trombati" non è in sè un elemento indicativo del fatto di essere un cattivo manager, ed è capitato a molti di essere stati espulsi dal sistema produttivo per motivi totalmente slegati dalla qualità del proprio lavoro. E' il modo in cui viene vissuto e metabolizzato un fatto comunque traumatico che crea la differenza e le premesse per una rinascita professionale: quello che conta veramente è non essere "trombati dentro"!

A livello aziendale, un buon esempio proviene dal mercato inglese del temporary management, ove moltissimi tra i primi temporary manager sono nati dai processi di razionalizzazione di grandi gruppi, nell' IT o nel comparto delle utilities, da cui sono stati aiutati a crearsi un nuovo percorso professionale (es. IBM).

A livello di sistema economico un approccio pragmatico dovrebbe partire dalla considerazione di dare priorità a quelle risorse più facilmente ed immediatamente riconvertibili in funzione dei bisogni del mercato: nel nostro esempio le prime tre tipologie di percorso mentale.

Di conseguenza, uno schema di progetto globale sociale dovrebbe prevedere le seguenti attività:
  o una preliminare di informazione e sensibilizzazione per anticipare e accelerare la fase di presa di coscienza e per determinare chi può fruttuosamente essere impiegato in progetti manageriali alternativi e chi no
  o una di counselling individuale per anticipare la fase di gestazione al momento in cui il manager è ancora in azienda, in modo da realizzare una transizione soft e con la minima dispersione di energie e risorse.
  o una di formazione e rafforzamento di specifiche competenze mirata a sviluppare il bagaglio professionale esistente, ad esempio per un loro utilizzo nelle PMI in situazioni di crescita.

 

 

 

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