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31Dicembre
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"Shakespeare: il business va in scena" di Gianluca Morassi

 

Recensioni: La Provincia - Como

Shakespeare. Il business va in scena
Gianluca Morassi

Il leader ideale? Amleto, o meglio ancora il suo collega, principe di Norvegia. Fortebraccio, che non possiede l'intelligenza analitica e la profondità di Amleto, ma sa essere leader per energia, coraggio e capacità di cogliere le opportunità di crescita personale e della sua azienda, pardon del suo Paese.

La successione in azienda, ovvero un problema con il quale devono fare i conti tanti piccoli e medi imprenditori? Qualche suggerimento lo si può tarrre dalla lettura della tragedia di Shakespeare Re Lear che, tra altri spunti, fa capire che il passaggio del testimone aziendale non va considerato un evento improvviso, ma un traguardo da raggiungere al termine di un cammino lungo e quasi mai facile. Un azzardo? Un accostamento troppo ardito quello tra Shakespeare e i manager?

D'istitnto verrebbe di rispondere si: cosa mai può insegnare agli uomini d'azienda un autore - seppure forse il più grande autore di teatro - vissuto quando ancora la rivoluzione industriale, mica la globalizzazione dei mercati, era di là da venire?

Eppure nelle business school si prendono in mano testi del Grande Bardo per imparare la strategia, per capire i segreti della leadership, per trovare nuove soluzioni organizzative e strumenti per motivare i collaboratori e il personale tutto. Ma chi sa perdere impara a comandare

Così oggi nel mondo manageriale anglosassone si può parlare di una shakespearemania i cui riflessi nel nostro Paese sono arrivati con due libri della Etas.

Il primo, Shakespeare e il management di Paul Corrigan (272 pagine, 22,21 €), è stato edito lo scorso anno. Mentre il secondo, L'impresa shakespeariana di Marco Minghetti, con illustrazioni di Milo Manara (395 pagine, 38 €), è delle settimane scorse, anche se riprende un'esperienza quinquennale, quella condotta da Hamlet, rivista bimestrale dell'Associazione italiana per la direizone del personale. Ma perchè Shakespeare? Da dove nasce questo interesse? C'è senz'altro un approccio multidisciplinare che oggi caratterizza le scuole di management come risposta al variare sempre più frenetico degli scenari economici.

La risposta sta dunque in una sola parola: complessità, che oggi è il fattore che caratterizza l'attività economica e imprenditoriale.
La complessità, che è parente stretta dell'imprevedibilità ovvero lo spauracchio dell'imprenditore, ha riportato al centro dell'attività aziendale l'uomo, con la sua intelligenza, i suoi sentimenti e le emozioni, le sue aspirazioni e ambizioni, i difetti e le virtù.

Non è però un percorso lineare. Anzi, perchè se da un lato lo scenario del lavoro richiede un forte coinvolgimento delle persone sugli obiettivi di business, dall'altro i modelli organizzativi imposti dalla ricerca esasperata di flessibilità tendono ad esternalizzare molte funzioni e a rendere meno forti i legami contrattuali.

E' indiscutibile, comunque, che oggi, appiatite le piramidi gerarchiche, le aziende tendono - per citare un concetto di Minghetti - a valorizzare gli aspetti dionisiaci dell'organizzazione, quindi a puntare sugli atteggiamenti e le aspirazioni degli individui che compongono la struttura aziendale.

Da qui la guerra dei talaenti che le imprese si fanno per garantire le prestazioni dei più capaci, preparati, abili. Quindi al centro di tutto c'è l'uomo, in una visione che sembra riportarci al Rinascimento e che la new economy ha esaltato in contrapposizione al lavoratore-macchina costituito da Taylor e Ford. E come dice il critico e studioso letterario Harold Bloom: shakespeare ha creao vere e proprie personalità. creato noi, come oggi ci concepiamo. l'uomo. E Paul Corrigan nell'introduzione al suo libro ci ricorda:quelli di noi che vogliono dare suggerimenti ai manager riconoscono si impara sempre più da un fallimento una riuscita.

Come se fosse semplice prendere lezione quelli fanno cosa sbagliata coloro brillano per il loro successo. Shakespeare premia un unico eroe: Enrico V, la cui personalità di leader eroico si sviluppa nell'arco di tre opere.

Gli insegnamenti che i manager possono trarre da Enrico V riguardano il suo stile direzionale incentrato sulle persone. Ammaestrato dalle mille esperienze giovanili condotte in tutti gli ambienti con il suo amico Falstaff, il sovrano inglese sa parlare ma soprattutto sa ascoltare le sue truppe. Riesce così a motivarle e a spingerle nelle più straordinarie prove.

Sono i capi mediocri il male delle aziende.
Se il Grande Bardo può aiutarci a capire meglio di tanti guru come valorizzare la componente-uomo nelle organizzazioni d'impresa, però è lo stesso fattore-uomo, come ricorda in più occasioni minghetti, che di frequente allontana il modello organizzativo reale, da quello ideale. L'esperienza ci pone così di fronte a tanti esempi di manager che, come altrettanti eroi di Shakespeare, cadono vittime delle loro paure, invidie, ambizioni, piccolezze e bugie.Sono sentimenti che finiscono per stritolarli e per far soffrire l'organizzazione aziendale.

Questi manager quando devono scegliere i collaboratori, anzichè privilegiare i più bravi e far crescere i migliori, preferiscono i mediocri che non danno fastidio e non fanno ombra. Alla faccia della guerra dei talenti teorizzata da tanti libri, spesso le aziende finiscono per premiare chi non ha nè le qualità del leader nè quelle dell'innovatore.

Capita così - citiamo ancora Minghetti - che le carriere nelle imprese soggiaciono ad eventi del tutto casuali o comunque scaturiscono da fattori imponderabili sfuggenti, se non mera appartenenza a cordate di potere interno. Ma questo - come ci ricordano tante opere shakespeariane - è l'uomo.

 

 

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