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     n. 13 anno 2017

Dieci questioni pratiche in materia di repêchage nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo

di Filippo Capurro

di Filippo Capurro

La modifica del quadro normativo, avvenuta prima con la legge Fornero e poi con il Jobs Act, e le recenti pronunce di giurisprudenza, impongono qualche riflessione per riordinare le idee su un tema di grande portata pratica: il repêchage.
Approfondiamolo in un colloquio con l'avv. Filippo Capurro.

1. Che cos'è l'obbligo di repêchage?
L'obbligo di repêchage, che ha origine giurisprudenziale, attiene al fatto che il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è considerato legittimo solo se non esistono altre mansioni attribuibili al lavoratore in esubero. In altre parole il licenziamento deve essere l'extrema ratio, dovendo sempre essere preferita, laddove possibile, l'assegnazione al lavoratore di una posizione alternativa.
Per questo motivo il giudice analizza anche le assunzioni effettuate nel periodo precedente e successivo al licenziamento le quali possono costituire indice dell'esistenza di mansioni disponibili non attribuite al lavoratore licenziando e quindi della violazione dell'obbligo di repêchage.
La giurisprudenza dà atto tuttavia che il repêchage va attuato nei limiti dell'assetto organizzativo dell'impresa, nella quale non sempre sono disponibili mansioni alternative da affidare al lavoratore licenziando.

2. Quali mansioni alternative formano oggetto di repêchage?
In prima battuta le mansioni alle quali occorre fare riferimento sono quelle appartenenti allo stesso livello e categoria legale di inquadramento del lavoratore (Trib. Milano 16/12/2016 che applica il nuovo art. 2103 c.c.).
In difetto occorre verificare anche se esistono mansioni appartenenti a livelli inferiori per le quali il lavoratore abbia competenze professionale del lavoratore e compatibili con l'assetto organizzativo aziendale.

3. Per l'attribuzione di mansioni alternative al lavoratore, occorre il consenso di quest'ultimo?
La risposta impone alcuni distinguo.
a) Se le mansioni disponibili appartengono allo stesso livello e categoria legale (rif. nuovo art. 2103, comma 1, c.c.), il datore di lavoro le assegnerà al lavoratore senza necessità del suo consenso e di alcuna negoziazione preventiva.
b) Se le mansioni disponibili invece appartengono a un livello di inquadramento inferiore, purché rientranti nella medesima categoria legale, l'assegnazione non richiede il consenso del lavoratore, qualora sia imposta da una "modifica degli assetti organizzativi aziendali che incide sulla posizione del lavoratore" (art. 2103, comma 2, c.c.). Situazione questa che a mio avviso senz'altro sussiste nel caso di una situazione di esubero. Suggerirei però, in questa ipotesi, di indicare, nella lettera di comunicazione delle nuove mansioni, il fatto che l'assegnazione avviene proprio in dipendenza dell'esubero e al fine di evitare il recesso.
c) In tutti gli altri casi - e quindi in situazioni in cui il mutamento di mansioni sia più significativo (rif. art. 2013, comma 6, c.c.) - occorrerà il consenso del lavoratore. Risulta pertanto opportuna una formale offerta della mansione al lavoratore in esubero.
Secondo un orientamento di giurisprudenza, il contemporaneo esercizio - in corso di rapporto - da parte del dipendente di mansioni proprie della sua qualifica di inquadramento e di altre mansioni connotata da minori competenze professionali equivale ad un consenso implicito del lavoratore al demansionamento. Ne consegue che il datore di lavoro non potrebbe giustificare la mancata attribuzione di mansioni professionalmente inferiori, quale alternativa al licenziamento, sull'assunto che il dipendente non aveva espresso il proprio assenso (Cass. 26/05/2017 n. 13379).

4. Nel caso di offerta di mansioni inferiori la retribuzione deve essere mantenuta invariata?
Nei casi a) e b) trattati al punto precedente la retribuzione va conservata identica, fatta eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente mansione.
Nel caso c) la nuova retribuzione sarà quella corrispondente al livello assegnato e, in sede di accordo, potrà essere meglio definita.

5. Cosa succede se c'è un posto disponibile ma mancano le capacità professionale del lavoratore per ricoprirlo?
L'obbligo di repêchage incontra un limite nel fatto che, se il lavoratore in esubero non ha la capacità professionale richiesta per occupare il diverso posto di lavoro disponibile, si dovrà procedere al licenziamento.
Tuttavia ciò deve risultare da circostanze oggettivamente riscontrabili palesate dal datore di lavoro. Diversamente ragionando si lascerebbe l'adempimento dell'obbligo alla volontà meramente potestativa dell'imprenditore. Insufficienti sono stati ritenuti non meglio precisati"colloqui di idoneità" (Cass. 31/05/2017 n. 13809).
Deve altresì ritenersi che il mutamento di mansioni va accompagnato, ove necessario, dall'assolvimento dell'obbligo formativo (rif. art. 2103, comma 3, c.c.) purché, nell'ambito di oneri ragionevoli in capo al datore di lavoro, parametri ad un equilibrato contemperamento dei contrapposti interessi in gioco: da un lato la conservazione del posto di lavoro dall'altro la libertà di gestione dell'impresa e dei suoi cisti.

6. L'offerta di un eventuale posto alternativo deve essere fatta prima o dopo il licenziamento?
Se si ha a disposizione un posto con mansioni appartenenti allo stesso livello e categoria legale, esso deve essere attribuito al lavoratore in via preferenziale al recesso e quindi senza dar corso ad alcun licenziamento.
Se le mansioni disponibili appartengono a un livello di inquadramento inferiore, purché rientranti nella medesima categoria legale (rif. art. 2103, comma 2, c.c.), una soluzione sistematica impone che la soluzione sia la stessa e che la loro assegnazione avvenga in automatico al posto del recesso. L'esubero deriva infatti, direttamente o indirettamente, da una modifica degli assetti organizzativi aziendali che incide sulla posizione del lavoratore circostanza che, come ho detto, legittima l'assegnazione di tali mansioni.
Diversa è se le mansioni disponibili siano inferiori e non ci si trovi nei casi precedenti. Qui, prima di procedere al licenziamento, il datore di lavoro ha l'obbligo di proporre il posto al lavoratore. La giurisprudenza, correttamente, ritiene infatti che il rifiuto del dipendente della posizione proposta successivamente al recesso non comporti l'adempimento dell'obbligo di repêchage (Cass. 30/05/2017 n. 13606).
Un'ottima sede per formulare l'offerta della mansione inferiore è la comparizione avanti all'Ispettorato Territoriale del Lavoro, nell'ambito della procedura di licenziamento prevista per gli assunti ante Jobs Act da imprese con più di 15 dipendenti (art. 7, L. 604/1966 come modificato dalla L. 92/2012).
L'offerta potrà essere formalizzata a verbale in quella sede e l'eventuale rifiuto del lavoratore costituirà senz'altro una prova idonea dell'assolvimento dell'onere di repêchage. In caso di accettazione della nuova mansione, invece, il verbale di accordo sarà invece prova della legittima assegnazione di mansioni inferiori.

7. L'obbligo di repêchage sussiste anche se l'esigenza "oggettiva" del recesso derivi da un fatto del lavoratore?
L'obbligo di repêchage opera anche quando l'esigenza oggettiva del recesso derivi da un fatto del lavoratore come in ipotesi di inidoneità fisica permanente (rif. art. 42, d.lgs. 81/2008) o di altre circostanze, si pensi ad esempio al ritiro dell'autorizzazione dell'autorità pubblica all'esercizio di una certa attività, non addebitabile a dolo o colpa del lavoratore (Cass. 06/06/2005 n. 11753).
Va evidenziato che l'attribuzione di mansioni inferiori al soggetto divenuto fisicamente inidoneo alla mansione, comporta in ogni caso la conservazione del trattamento economico corrispondente alle mansioni di provenienza, anche se le mansioni sono inferiori di più di un livello di inquadramento (ciò perché perché opera una norma speciale ossia l'art. art. 42, d.gs. 81/2008)

8. Un'assunzione a tempo determinato effettuata poco prima del licenziamento comporta la violazione dell'obbligo di repêchage?
L'obbligo di repêchage del lavoratore licenziato per giustificato motivo oggettivo non è violato per effetto di un'assunzione a termine operata un mese prima del licenziamento (Trib. Roma 27/10/2014 est. Lucarelli).
Naturalmente se dopo la scadenza del termine si procede, per la stessa posizione, ad assumere un lavoratore a tempo indeterminato è immaginabile che il giudice consideri le circostanze complessive per valutare se si sia in presenza di un'elusione.

9. Su chi incombe l'onere della prova relativa al repêchage e il lavoratore è tenuto a indicare le eventuali mansioni disponibili?
Nonostante la questione sia per certi versi discutibile e abbia suscitato soluzioni contrastanti in giurisprudenza, deve oggi ritenersi che spetti al datore di lavoro l'allegazione e la prova dell'impossibilita? di repêchage, essendo contraria agli ordinari principi processuali una divaricazione tra i due suddetti oneri, entrambi spettanti alla parte deducente (si vedano Cass. 11/10/2016 n. 20436 e Cass. 22/03/2016 n. 5592).
Non mancano sentenze anche recenti che affermano come il lavoratore debba almeno indicare le eventuali mansioni, già presenti nell'ambito dell'organizzazione aziendale, nelle quali avrebbe potuto essere utilmente impiegato in alternativa al recesso (Cass.10/05/2016 n. 9467).

10) Quali sono le conseguenze della violazione dell'obbligo di repêchage?
Limitando l'indagine alle imprese con più di 15 dipendenti, per le quali i rischi sanzionatori sono più rilevanti, la risposta è diversa a seconda che il lavoratore sia stato assunto o meno con contratto a tutele crescenti:
a) per i lavoratori ai quali si applica la disciplina Fornero, ossia assunti fino al 07/03/2015, la prevalente giurisprudenza esclude la tutela reintegratoria in favore di quella meramente indennitaria, sul presupposto che il repêchage non attiene al "fatto posto a fondamento del licenziamento" (Trib. Milano 20/11/2012; Trib. Torino 05/04/2016; Trib. Genova 14/12/2013; Trib. Varese 04/09/2013; Trib. Roma 08/08/2013; in senso contrario Trib. Reggio Calabria 03/06/2013);
b) per i lavoratori ai quali si applica il Jobs Act, ossia assunti dopo il 07/03/2015, l'impianto della riforma limita la tutela contro l'illegittimo licenziamento economico a un indennizzo. Sicché in caso di violazione del repêchage - e salvo si aggiungano vizi più gravi - si avrà il mero indennizzo.

Filippo Capurro -
Partner dello Studio Legale Associato Beccaria e Capurro
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