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     n. 8 anno 2017

Contro Canto n. 92 (stimoli da 552 a 559)

di Massimo Ferrario

di Massimo Ferrario

POLITICA, è in pensionamento anticipato (552)
La politica oggi ha poco in comune con le passioni e i conflitti che permeavano le militanze e gli antagonismi del secolo passato. Non c'è più spazio per l'ardente difensore della libertà di mercato, o per il veemente campione della trasformazione rivoluzionaria. Sarebbe sbagliato concludere che la politica è semplicemente diventata più moderata. La politica è andata in pensionamento anticipato. Le grandi questioni del nostro tempo - l'incombente catastrofe ecologica, i rischi per la salute, i virus assassini, le armi di distruzione di massa - sono presentate come pericoli che stanno al di sopra della politica. È opinione diffusa che il mondo sia fuori controllo e che gli esseri umani possano fare ben poco per dominare questi eventi o influenzare il proprio destino. In assenza di scelta e di opzioni disponibili, l'umanità è costretta ad accettare una visione del mondo che Margaret Thatcher ha sagacemente descritto come TINA - There Is No Alternative.
Se quindi non ci sono alternative, la politica ha poco senso. Senza alternative, il dibattito diventa un vuoto posizionarsi rispetto a questioni di triviale importanza. I politici sono costretti a elevare proposte relativamente banali al rango di fondamentali innovazioni politiche. Questa è l'era della ‘micropolitica', in cui la politica ha adottato il linguaggio della tecnocrazia e si esprime nel vocabolario depoliticizzato del managerialismo. Lo sviluppo di uno stile politico manageriale è andato di pari passo con uno slittamento verso la personalizzazione. Anche i movimenti di protesta hanno interiorizzato un lessico politico altamente individualizzato e personalistico. «Not in my name», lo slogan principale dei manifestanti contro la guerra del 2003 in Iraq, è l'espressione di una preferenza personale. Non cerca neanche di coinvolgere o convincere altre persone. «Non in mio nome» si riferisce a me, non a te. (Frank FUREDI, sociologo britannico, docente di sociologia alla università di Kent, Canterbury, Che fine hanno fatto gli intellettuali? I filistei del XXI secolo, 2004, Cortina, Milano, 2007).

POVERI, circa 3mila anni fa... (553)
«Ma questi è un misero naufrago, che c'è capitato / e dobbiamo curarcene: vengono tutti da Zeus / gli ospiti e i poveri; e un dono, anche piccolo, è caro.» (OMERO, IX-VIII sec. a.C., Odissea, personaggio di Nausicaa, traduzione di Rosa Calzecchi Onesti, Einaudi, Torini, 1963).

VIVERE, da sensazione a sensazione (554)
La vita dell'uomo d'oggi non è favorevole all'approfondimento. Essa rinunzia alla calma e alla contem-plazione, è vita di inquietudine e di fretta, un gareggiare senza scopo e senza significato. Chi resta solo un attimo fermo, è già superato nell'attimo seguente. E con le urgenze della vita esteriore, si rincorrono anche impressioni, esperienze, sensazioni. Siamo sempre dietro alla novità, ci domina quanto è ultimamente accaduto, ed è dimenticato quel che lo precedeva, prima che si avesse il tempo di distinguerlo, non diciamo comprenderlo. Viviamo da sensazione a sensazione. E si infiacchisce il nostro acume, si ottunde il nostro sentimento del valore, nella caccia al sensazionale. (Nicolai HARTMANN, 1882-1950, filosofo tedesco, citato da Giovanni Reale e Dario Antiseri, Storia della filosofia, 10, Fenomenologia, esistenzialismo, filosofia analitica e nuove teologie, Bompiani RCS Corriere della Sera, 2008).

ETICA, in disuso (555)
Tra i doveri essenziali dell'uomo Kant pone quello dell'orgoglio, della fierezza morale. Egli dice: non farti servo di nessuno! E questo vuol dire: non subordinare la tua coscienza ai timori ed alle speranze della vita inferiore: non avvilire la tua personalità piegandola, servilmente dinanzi ad altri uomini. (Piero MARTINETTI, 1872-1943, filosofo italiano, discorso agli studenti di Castellamonte, citato da Giovanni Reale e Dario Antiseri, Storia della filosofia, 10, Fenomenologia, esistenzialismo, filosofia analitica e nuove teologie, Bompiani RCS Corriere della Sera, 2008).

VITA, migliorerà se (556)
Migliorerà la nostra vita interiore, miglioreranno i nostri rapporti con noi stessi e, quindi, anche quelli con gli altri e tutta la nostra vita sociale: riusciremo a interpretare i segni sconosciuti che la realtà ha impresso in noi; ciò che ci assilla inutilmente e implacabilmente ci darà una tregua, non saremo più soli con il disordine che ci consuma, con la nevrosi che ci mangia vivi e non ci sentiremo mai più incompresi, insicuri, avviliti e disorientati. Perché? Perché finalmente smetteremo di comprare i costosi libri appena scritti e leggeremo soltanto, in edizioni supereconomiche, i grandi classici, che sono i soli essenziali, i soli nuovi per sempre. (Patrizia VALDUGA, poetessa, rubrica ‘Se penso', riproduzione integrale, ‘D la Repubblica delle Donne', 20 dicembre 2008).

VECCHI, la faglia incolmabile (557)
I Vecchi hanno cessato di essere un comodo patrimonio «portatile» di sapere e d'esperienza per le giovani generazioni e senza accorgersene sono diventati controparte, estranei, insopportabili guastafeste, gente insomma di cui liberarsi. Non è più necessario rivolgersi al vecchio per chiedere cose che s'ignorano e che lui probabilmente sa, neanche nella prospettiva puramente opportunistica di evitare il rischio di ripetere errori già fatti milioni di volte. Ogni generazione preferisce rinascere ex novo, vergine e ignara quasi come nel giorno della creazione: l'opinione e il sapere dei predecessori sono diventati disprezzabili o irrilevanti; dimenticare ciò che il passato ha accumulato è in certi casi quasi un dovere politico.
Qui non si tratta della normale dialettica di contestazione tra generazioni, che ha riempito la letteratura mondiale prima di convertirsi in tema sociologico. Non si tratta di quella peculiare dialettica tra le coorti di età, per cui a epoche di cooperazione s'alternano epoche di conflitto anche grave. Si tratta di una frattura radicale, di una faglia incolmabile. (Raffaele SIMONE, linguista e analista culturale, Il Mostro Mite. Perché l'Occidente non va a sinistra, Garzanti, Milano, 2008).

DEMOCRAZIA, la minaccia del «dispotismo mite» (558)
... se il dispotismo venisse a stabilirsi presso le nazioni democratiche dei nostri giorni, (...) sarebbe più esteso e più mite, e degraderebbe gli uomini senza tormentarli. (...)
... la specie di oppressione da cui i popoli democratici sono minacciati non somiglierà a nulla di quel che l'ha preceduta al mondo; i nostri contemporanei non riuscirebbero a trovarne l'immagine nei loro ricordi. Cerco invano in me stesso un'espressione che riproduca esattamente l'idea che io me ne formo e che la racchiuda. Gli antichi nomi di dispotismo e di tirannia non sono appropriati. La cosa è nuova, bisogna quindi sforzarsi di definirla, dato che non riesco a denominarla. (Alexis DE TOCQUEVILLE, 1805-1859, storico e politico francese, La democrazia in America, 1840, citato da Raffaele Simone, linguista e analista culturale, Il Mostro Mite. Perché l'Occidente non va a sinistra, Garzanti, Milano, 2008).

PSICOANALISI, ascoltare storie (559)
Ricordo lo stupore di uno dei miei figli, 4-5 anni, quando sul tavolo dello studio ha visto appoggiati dei soldi: «ma come, ti raccontano le storie e ti pagano anche?».
Per lui, avido ascoltatore di favole e racconti, era inconcepibile che io venissi pagata per ascoltare storie. E' vero, ci raccontano le storie e ci pagano pure... forse perché è solo se c'è un altro a riconoscerci, a riconoscere la nostra storia che noi non ci sentiamo desolatamente esposti alla follia, alla distruzione, alla disumanizzazione. Se c'è qualcuno, anche solo un altro essere umano, che ci ascolta, allora siamo già un po' salvi. Abbiamo poggiato almeno un piede sulla terraferma. (Pina GALEAZZI, psicoanalista di matrice junghiana, Se sapessimo mai cos'è l'umano..., ‘Rivista di psicologia analitica', numero dedicato a Umano, disumano, n.25, 2008).

a cura di Massimo Ferrario, Consulente di formazione e di sviluppo organizzativo, responsabile di Dia-Logos 

 

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