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     n. 17 anno 2016

La presenza di genere nei Consigli di Amministrazione a cinque anni alla Legge Golfo Mosca

di Ilaria Li Vigni

L'introduzione di quote di genere come strumento per promuovere l' empowerment femminile è molto dibattuto in Europa e differenti sono le opinioni in merito da parte di politici, sociologi ed economisti.

Secondo gli ultimi dati pubblicati dalla Commissione Europea nell'anno in corso, la presenza femminile nei consigli di amministrazione delle maggiori imprese quotate, in Europa, è in media circa il 21,2%, rispetto all'11,9% del 2010.

Questo incremento è dovuto a progressi concentrati in alcuni paesi, in particolare in quelli in cui sono state introdotte misure legislative che prevedono le c.d. "quote" di genere, come l'Italia (+21,2 %) e la Francia (+20,5 %).

Le quote sembrano, quindi, rappresentare una misura efficace per aumentare la rappresentanza femminile nei vertici aziendali e così promuovere una maggiore uguaglianza di genere.

L'approvazione della Legge n. 120/2011 trae origine anche della convinzione che il sostegno all'occupazione e alla carriera femminile sia un presupposto necessario per la crescita del sistema italiano in generale.

Grazie alla legge Golfo-Mosca, l'Italia è passata dal 6% di presenza femminile nei Consigli di Amministrazione delle società quotate a circa l'attuale 27% (superiore ai limiti minimi imposti dalla legge).

Un ottimo risultato numerico, vediamo se supportato anche da altrettanti risultati qualitativi.

Secondo i risultati del progetto "Women mean business and economic growth" condotto, nel 2015, dal Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri in partnership con l'Università Bocconi di Milano, anche in punto di qualità, a seguito della riforma, si è assistito ad un miglioramento dei componenti dei consigli di amministrazione, sia come curriculum sia come competenza in generale.

Lo studio è avvenuto attraverso l'analisi dei curricula dei consiglieri e sindaci delle società quotate italiane, indipendentemente dal genere e si è riscontrato, nei nuovi mandati successivi all'entrata in vigore della "Golfo - Mosca", un ringiovanimento anagrafico ed un miglioramento dei livelli di istruzione dei componenti.

È certamente ancora presto per valutare pienamente questi effetti, e infatti per la maggior parte degli indicatori di performance non si identificano cambiamenti significativi indotti dalle quote, ma possiamo sicuramente escludere un qualsivoglia impatto negativo dell'ingresso forzato di donne nei consigli.

Ciò detto, rimangono tre grandi sfide da affrontare nei prossimi anni.

La prima è far si che la rivoluzione di genere nei consigli di amministrazione produca effetti a cascata anche nel management e contribuisca, in generale, ad una cultura più favorevole alla leadership femminile e alla valorizzazione del talento delle donne.

La seconda è estendere questo processo virtuoso a tutte le realtà societarie e non solo alle società quotate: non potrà essere previsto per legge, ma si dovrà lavorare sulla cultura del merito e della parità di genere, soprattutto nelle aziende a gestione familiare in cui è ancora parecchio difficile affrontare la questione della parità.

Infine, vi è anche una ovvia sfida numerica, ovvero il mantenimento delle percentuali odierne di presenza femminile nei consigli di amministrazione delle società quotate anche dopo la vigenza della legge, ovvero nei mandati successivi al terzo.

Su queste grandi sfide occorre lavorare con una duplice modalità.

Certamente, occorre formare donne competenti e preparate a guidare imprese piccole, medie e grandi, affermando i propri diritti e valorizzando le proprie competenze.

Inoltre, anche la c.d. società civile deve far proprio il tema della parità nel mondo imprenditoriale, superando quegli stereotipi che hanno, negli scorsi decenni, relegato la donna manager ad un ruolo secondario, settoriale e lontano dai vertici aziendali.

E' una questione culturale che riguarda il progresso sociale ed economico del nostro paese e la sfida è lanciata a tutti e ciascuno di noi.

Ilaria Li Vigni, avvocata
Studio Legale Li Vigni  

 

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