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     n. 7 anno 2013

Ladri di leadership?

di Gabriele Gabrielli

di Gabriele Gabrielli

Quelle del periodo pasquale appena trascorso sono state giornate piovose, anche di notizie. Su tutti i fronti. Il succedersi delle consultazioni per trovare una via responsabile alla crisi, il nuovo papa a cui il mondo guarda - soprattutto quello degli ultimi e degli esclusi - con viva speranza, le preoccupazioni per il timore dell'insorgere di un conflitto nella penisola coreana, i consumi che continuano a calare insieme al lavoro, il mondo della musica che perde un cantautore straordinario come Enzo Jannacci, voce di tante storie ai margini. Dimentico tanto altro. Una pioggia di fatti che interessano la politica e la società, la fede e l'economia, il lavoro e l'arte.
Tra le letture che mi hanno accompagnato nei giorni scorsi c'è quella di Chris Lowney, Leader per vocazione, ex gesuita e top manager della J. P. Morgan. Un libro suggeritomi da un amico qualche mese fa. Rovistando sul tavolo mi è capitato tra le mani. Il tempo giusto, ho pensato. Magari anche utile per comprendere lo spirito e i comportamenti di papa Francesco. Un libro, scritto ormai dieci anni fa, per avvicinarsi o approfondire i principi della leadership secondo i gesuiti. Una lettura piena di stimoli per "discernere" nella vita e nell'impegno professionale. Per esempio quello che la leadership non è, o non si esaurisce, nella storia delle grandi personalità, perché ciascuno di noi ha leadership, tutti possiamo essere leader. Così come quello secondo cui la leadership non si consuma in un momento, non è "istantanea", ma diffusa e presente in ogni aspetto della vita. Insomma, "la leadership nasce da dentro e riguarda tanto ciò che siamo quanto ciò che facciamo". Riflessioni anche per la pratica. La lettura, per esempio, rafforza la convinzione che la guida non sta solo in alto; che ogni persona può esercitare un ruolo d'influenza importante nel contesto, nelle relazioni e nei ruoli che ricopre. Bisogna però che sia anche messa in condizioni di esprimere la sua leadership. Per questo occorrono ambienti sociali e di lavoro capaci di sprigionare energia, non solo obbedienza e esecuzione delle decisioni. Comando e controllo, da un lato, coinvolgimento e apprendimento continuo, dall'altro. Ogni ambiente, potremmo dire, ha la leadership che si merita. Organizzazioni che fondano il proprio "ordine" solo sul comando non possono avere successo nel lungo periodo, perché scoraggiano e avviliscono le persone. Non ci sarà energia in questi luoghi, né innovazione e voglia di sfide capaci di offrire sempre qualche cosa in più. Quando non aiutiamo le persone a diventare consapevoli del loro valore, perché non accordiamo loro fiducia, per esempio, imprigioniamo la leadership di ciascuno e il patrimonio che rappresenta per l'impresa e per la società. Mentre riflettevo su queste pagine, mi è tornato in mente l'invito rivolto da papa Francesco: "Non fatevi rubare la speranza". Quante volte sarò stato il "ladro", mi sono domandato, della speranza di colleghi, collaboratori, famigliari e amici? In quante occasioni l'esercizio della nostra leadership nega quella degli altri mettendole il bavaglio? Forse sta qui il significato più profondo della leadership inclusiva, ossia quel lavoro continuo fatto di testimonianze quotidiane - che colgono tutte le occasioni di leadership che ci sono date, nella società come nel lavoro - per consentire e accettare l'influenza di chi c'è vicino. Non importa quale posizione abbia. E' come se ciascuno di noi fosse un po' responsabile anche della leadership del prossimo, non soltanto della propria e non soltanto nelle organizzazioni.

Gabriele Gabrielli, Università LUISS Guido Carli, Presidente Fondazione Lavoroperlapersona (www.lavoroperlapersona.it)

 

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