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     n. 3 anno 2012

"Della vita non si butta via niente". Senso e resilienza

di Gabriele Gabrielli, Università LUISS Guido Carli

di Gabriele Gabrielli, Università LUISS Guido Carli

E' il tema del momento, come resistere con successo alle avversita'. Non solo cioè senza lasciarci le penne, ma addirittura trasformando la situazione di cambiamento che ti trovi tuo malgrado a gestire in una opportunita' per crescere. La resilienza in questa prospettiva, oltre che essere strettamente correlata al cambiamento, individua una vera e propria capacita', oggi più che mai essenziale per navigare in un mare che minaccia burrasca. E non si sa per quanto tempo. E' un tema complesso, che pone molte questioni e che coinvolge e interessa numerosi ambiti di studio. Alcune cose le conosciamo, altre meno. Per esempio sappiamo per certo che siamo tutti dotati di meccanismi che ci aiutano ad affrontare le avversita', altrimenti non riusciremmo a sopravvivere in un mondo dove quotidianamente si presentano situazioni che non ci piacciono o che non abbiamo previsto e che ci creano ansia, tensioni e stress. Questo succede nella vita come nel lavoro. La riflessione sulla resilienza sviluppata dagli studi psico-sociali e organizzativi va oltre però i confini già ampi del cambiamento e dei meccanismi che presiedono alla resistenza verso lo stesso. In questa prospettiva ci sono numerosi studi che hanno indagato i meccanismi che a livello individuale facilitano o ostacolano la determinazione a cambiare e che risiedono in dimensioni profonde e complesse come le caratteristiche e le disposizioni di personalita'. D'altro canto, perche non dovrebbero esserci resistenze a cambiare? In verità siamo proprio costruiti per opporre resistenza. Sviluppare capacita' di resilienza significa pero', come abbiamo anticipato, non solo attivare il cambiamento più efficace in funzione dell'avversità che ci si presenta, ma trarre da questo una occasione di rinforzo per noi stessi e un più solido ancoraggio. Sono sempre più numerose le aziende e le organizzazioni che chiedono, in previsione di programmi di ristrutturazione e cambiamento, di aiutare i propri manager e collaboratori a sviluppare questa capacita' diventando più resilienti. Obiettivo complesso che richiede più piani di intervento. A cominciare dall'atteggiamento verso la vita e il senso che diamo a quello che ci succede intorno coinvolgendoci ‘ora', nel momento in cui "la vita ha luogo", direbbe lo scienziato e filosofo Humberto Maturana. Per sviluppare resilienza, forse, occorre convincersi che potremo unire i puntini che danno significato a quello che ci capita -come ha raccontato Steve Jobs agli studenti di Stanford- soltanto dopo essere passati attraverso l'esperienza faticosa della vita. E' a questo punto che, guardando all'indietro, si potranno unire i puntini delle scelte che abbiamo fatto, delle persone incontrate o evitate, della sofferenza patita, magari dando senso anche a quello che ci e' capitato addosso di negativo. "Dovete aver fiducia" -è sempre Steve Jobs che si rivolge ai giovani- "che in qualche modo, nel futuro, i puntini si potranno unire ...". C'è un gran lavoro da fare però su questa strada, perché dobbiamo riuscire a dominare quella spinta interiore travolgente che ci chiede, urlandoci addosso, di comprendere tutto e subito, ora, in questo momento, adesso. Una forza interiore, accompagnata spesso dal dolore, che non riesce sempre a convincerci che ogni cosa puo' diventare una opportunita, dotata di valore e senso. Perché della vita non bisogna buttare via niente. C'e un brano di Mina che potremmo farlo diventare l'inno alla resilienza. Ascoltatelo, dice cosi: "ci sono giorni che chi ce la fa più' / Sei raso terra con gli occhi all'insù / vuoi rottamare presente e passato / telefonare al mondo e darti ammalato / Poi ti guardi allo specchio e ti dai del deficiente / perche lo sai che della vita non si butta via niente".

 

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