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     n. 5 anno 2008

Entrare nel mondo del lavoro

di Gabriele Gabrielli - Docente Università LUISS Guido Carli

Il momento del passaggio dagli studi a quello del lavoro è assai complesso e difficile da gestire. Oggi, tra le altre cose, sta assumendo sempre più una dimensione temporale maggiormente estesa, fino a diventare una vera e propria fase più o meno lunga in cui il giovane si trova a dover costruire uno dei passaggi delicati e decisivi per la sua vita. Ormai qualche tempo, in un bell'intervento sul Corriere della Sera [11 giugno 2006] , Pier Luigi Celli scriveva che quando si è in questo periodo i giovani, a ben vedere, è come se stessero "sul confine", dove "molte certezze entrano in confusione" e si sperimentano le prime frustrazioni. Questo passaggio, continua Celli, è "come entrare in terra straniera". L'immagine è molto efficace perché riesce a comunicare lo stato di profonda solitudine in cui il giovane si può trovare in questa transizione. Di qui la molteplicità e varietà dei comportamenti che possono essere assunti; c'è chi agitandosi anche troppo, per esempio, infilando colloqui su colloqui si lascia prendere da questo vortice comunicazionale e dall'ansia del raggiungere l'obiettivo. Altri passano da uno stage a un altro domandandosi se tutti questi "frammenti" di conoscenza organizzativa potranno davvero risultare utili. Molti invece si affidano al caso e, in silenzio, svaniscono nella prima occasione che capita loro, magari incoerente con le loro aspettative, ma capace di "smarcare" il problema e porre fine alle domande o agli sguardi ansiosi o curiosi di genitori, parenti ed amici. Altri purtroppo perdono il "filo" e iniziano a pensare che il problema è di altri e che questa situazione dovrà sbrogliarla qualcun'altro; ma chi potrebbe farlo?

La verità è che in questo passaggio cruciale dalla carriera scolastica a quella del lavoro occorrono nuove griglie di lettura per poter "leggere" i contesti organizzativi, i mercati, le proprie ambizioni e " i tempi". E' proprio difficile gestire questa transizione da soli e un buon investimento formativo, di grande utilità sociale, sarebbe davvero quello di incrementare le iniziative di collaborazione tra università e imprese per trovare forme di affiancamento ai giovani "sul confine" da parte di donne e uomini di esperienza che diventino i loro nuovi "maestri". Occorrono però competenze particolari come la passione e la motivazione a mescolarsi con questi giovani, a mettersi in discussione "aprendo" le proprie storie personali fatte di successi e insuccessi, di virtù e miserie umane. Quello del sostegno ai giovani nella fase di entrata nel mondo del lavoro è unaq dimensione centrale in cui si può concretamente esercitare quella "generosità" di cui spesso soffriamo la mancanza in più ambiti ed anche nel mondo del lavoro.

Quest'ultima riflessione, allora, ci consente di rimettere con prepotenza al centro dell'attenzione il valore dell'esperienza e della persona nella loro concretezza, unicità e disponibilità, relativizzando quello delle organizzazioni. Significa anche che il sostegno concreto ai giovani in questa difficile transizione non può che essere alimentata -oltrechè dalla fiducia e dalle esperienze compiute, come ci ricorda Gian Vittorio Caparra [Temi moderni, Giunti, Firenze, 2003]- innanzi tutto dall'impegno e dalle responsabilità individuali piuttosto che da formule e programmi seppur anche questi importanti. Condividiamo appieno, in questa prospettiva, quanto suggerisce ai giovani un manager di successo, Andrea Guerra, Amministratore Delegato del Gruppo Luxottica [Il Sole 24 Ore, 3 agosto 2007] : "...non scegliere tanto i percorsi quanto i maestri, scegliete i capi invece che il lavoro, i professori invece che le scuole, le persone invece che i contesti".

 

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