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     n. 9 anno 2024

Il patto in azienda vale più di un contratto

di Rosario Sgroi

Uno dei temi più ricorrenti nei corridoi delle aziende riguarda i comportamenti delle persone, ossia quelle situazioni professionali che sono state gestite, secondo chi le guarda, in maniera difforme dalle aspettative. Una circostanza che può avvenire sia verticalmente, tra capo e collaboratore in ambedue le direzioni, che orizzontalmente tra pari.
Perché si crea questo scollamento? I fattori sono certamente tanti e possono dipendere sia dalle mancate o incomplete conoscenze tecniche, ma anche e soprattutto da fattori come gli atteggiamenti, le competenze, la comunicazione interna, ecc.
Ma c’è qualcosa che sta a monte e che può impattare sulla coerenza dei comportamenti, ossia i valori che formano il “patto d’azienda”.
Per molti questo tema può essere considerato banale o superfluo e forse lo è per chi non ha mai avuto la fortuna di stringerlo nella propria azienda.
Il patto è qualcosa di grande, di forte ed è un elemento estremamente delicato, perché allo stesso modo con cui può essere stretto può essere anche rotto.
Se volessimo affidarci al significato letterale più ricorrente, il patto verrebbe tradotto come “accordo” e la derivazione latina ci riporta al “patteggio” con la radice di “pace”. Potremmo, quindi, intenderlo come un processo dinamico tra più soggetti fondato su buoni intenti.
Se ci pensate tra azienda e lavoratore c’è già un accordo giuridicamente delineato che è dato dal contratto di lavoro. Si può affermare che chi ha un contratto di lavoro stringe un patto con l’azienda? La risposta è non per forza!
Il patto a cui faccio riferimento è correlato ad altri fattori strettamente connessi a comportamenti ed engagement.
Grazie al proprio Osservatorio, il Politecnico di Milano ha rilevato che per 1 dipendente su 4 si assiste ad una diminuzione del senso di appartenenza all’organizzazione e una variazione dell’engagement rate del -16% nel 2021 rispetto al 2020 e tra gli elementi figura anche la condivisione dei valori.
Quindi, il patto si fonda sui valori e sulla mission che l’azienda ha messo in campo, ma, a prescindere da ciò che viene scritto sulla pagina web aziendale del “chi siamo”, il problema è che troppo spesso manca la reale esplicitazione di questi temi all’interno dell’azienda. Ad esempio, se tra i valori dichiarati da un’azienda di servizi c’è l’inclusione verso i propri clienti e questo tema viene condiviso, trasferito e reso proprio dalle risorse divenendo anche un valore interno all’azienda, è più probabile che non ci saranno discriminazioni di genere o altri tipi di discriminazioni.
È difficile immaginare di saper essere inclusivi verso gli interlocutori esterni e non esserlo con i propri colleghi. Il tema, quindi, è: nelle nostre aziende i valori sono chiari e condivisi?
In caso affermativo, si traducono in comportamenti? Non sempre. Per farlo servono le competenze, cioè va verificato che le risorse abbiamo gli strumenti per riuscire a tradurre e condividere i valori. Perché non è scontato che le nostre risorse sappiano tradurre un valore in comportamenti.
Si potrebbe continuare all'infinito con: lealtà, trasparenza, fiducia, unicità, miglioramento continuo.

Ecco perché spesso restiamo delusi dall’azione altrui: manca la giusta assunzione dei valori che genera la chiarezza del patto, cioè manca quell’accordo superiore che permette di guardare e agire con la stessa visione e in coerenza ai valori dichiarati. Ovviamente il patto vale per tutti e quindi tutti dovrebbero rispettarlo. Soprattutto chi, creando l’azienda o governandone i maggiori sistemi strategici, ha partecipato alla costruzione dei valori e quindi si è assunto il dovere di rispettarli e di rinnovarli quotidianamente. Se ciò non avvenisse si creerebbe quello spazio di interpretazione personale utile ad aprire inefficienza e casualità.
Quindi, chi ha la forza e l’opportunità di “patteggiare” lo faccia senza esitazione, aiuti a rilanciare i valori o a ridefinirli.
Nelle aziende più grandi non è sempre facile rendere vivo questo processo, ma non è impossibile. Gli strumenti dovranno essere necessariamente diversi e si potrebbe partire dai valori più alti e generali di Corporate per poi arrivare a una declinazione più vicina alla divisione o all’unità funzionale.
Di certo lavorare sui valori aiuta a stringere il patto, ma aiuta anche a costruire il proprio purpose e quindi a ragionare sull’engagement, tutti temi ai quali non possiamo non dedicare momenti di riflessioni e azioni concrete. 

 

Rosario Sgroi, Socio Aidp

 

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