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     n. 2 anno 2022

Sospeso il dipendente no vax perchè la perdita dello stipendio non è irreparabile
Evoluzioni della giurisprudenza in materia di art. 4 del d.l. 44/2021

di Marcello Floris

di Marcello Floris

La giurisprudenza del diritto del lavoro non annoia mai. 

In data 10 gennaio 2022 commentavo su HR on line una pronuncia del 22 novembre 2021 con cui il Giudice del Lavoro di Velletri reintegrava una dipendente no vax, collaboratrice professionale sanitaria in una ASL, sospesa dal lavoro e dalla retribuzione. Il giudice scriveva che “in un’azienda medio grande la sospensione dal lavoro (e dallo stipendio n.d.e.) può costituire solo l’extrema ratio”.
La motivazione era basata – oltre che sulla statuizione già riportata – anche sulla rilevanza costituzionale dei diritti compromessi (dignità personale, dignità professionale, ruolo alimentare dello stipendio).
Oggi invece ci troviamo a commentare un decreto del Tribunale di Modena datato 23 luglio 2021, ma pubblicato il 13 gennaio 2022, secondo cui invece è ritenuta legittima la sospensione dal lavoro e dallo stipendio perché la perdita della retribuzione non è irreparabile. Come tutte le lesioni che derivano da rapporti economici è un danno risarcibile. Pertanto il lavoratore che agisce in via d’urgenza deve dimostrare che il blocco della retribuzione causa una condizione di indigenza per sé e per coloro che da lui dipendono che non può essere riparata nel tempo di un giudizio ordinario.
Nel frattempo anche il Tribunale di Ivrea ha emesso un’ordinanza datata 23 agosto 2021, ma pubblicata il 16 dicembre 2021 in cui invece è ritenuta pienamente legittima la sospensione del lavoratore che non si vaccina anche se ha già preso il virus in forma asintomatica. L’aver contratto l’infezione non costituisce esimente: l’operatore socio sanitario può essere esonerato solo a fronte di un certificato medico dal quale risulta che la somministrazione sarebbe un pericolo per la sua salute. In ambedue i casi il tema dell’extrema ratio non è minimamente sfiorato.

Le vicende

Nel caso deciso dall’ordinanza del 22 novembre 2021 la ricorrente era dipendente di una ASL con qualifica di infermiera ed aveva dichiarato già nell’aprile 2021 la sua volontà di non vaccinarsi; chiedeva pertanto di essere assegnata a mansioni diverse, tali da non costituire pericolo per la diffusione del contagio. Tali nuove mansioni adeguate le erano state effettivamente assegnate. Da qui l’ordine di reintegra, essendo venuto meno il pericolo di contagio a seguito dell’attribuzione dei nuovi compiti.
Nella vicenda trattata dal Tribunale di Modena alcune ricorrenti fisioterapiste dipendenti di una cooperativa rifiutavano di sottoporsi a vaccino. Il Tribunale in questo caso, ha ritenuto legittima la sospensione perché il datore di lavoro risponde della salute dei dipendenti e degli ospiti della RSA in cui lavorano le ricorrenti. 
Infine è legittimo secondo il Tribunale di Ivrea il blocco del servizio e della retribuzione di una operatrice socio sanitaria no vax. Infatti l’OSS non rientra tra le professioni sanitarie, ma tuttavia è annoverato tra gli operatori di interesse sanitario, soggetti all’obbligo di vaccino perché vengono a contatto per lavoro con soggetti fragili che possono sviluppare la malattia in forma grave. L’OSS mantiene quindi il diritto a non vaccinarsi ma va incontro alle conseguenze previste dalla legge. Sotto questo profilo non rileva la circostanza che la ricorrente avesse già preso il Sars-Cov-2

Le argomentazioni 

La motivazione della decisione del Giudice di Velletri è basata sul fatto che il decreto legge 1 aprile 2021 n. 44 sarebbe stato utilizzato in maniera errata ed illegittima dall’ASL per giustificare il provvedimento di sospensione.
In effetti l’art. 4 del decreto 44 dice: “ricevuta la comunicazione di cui al comma 6 il datore di lavoro adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni anche inferiori, diverse da quelle indicate al comma 6 con trattamento corrispondente, con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate e che, comunque, non implicano rischi di diffusione del contagio. Quando l’assegnazione a mansioni diverse non è possibile, per il periodo di sospensione di cui al comma 9, non è dovuta la retribuzione, altro compenso o emolumento, comunque denominato”.
La sospensione pertanto può operare solo ove non sia possibile l’assegnazione a mansioni diverse che non implichino rischi di diffusione del contagio.
Viceversa, essendo stata la ricorrente assegnata a mansioni prive di contatto con il pubblico, sarebbe in pratica venuta meno l’applicabilità dell’ipotesi relativa alla sospensione. 
Senza arrivare a dire che la sospensione è solo l’extrema ratio – ciò che pare una forzatura –  resta pur sempre il fatto che tale misura può essere adottata solo a fronte dell’impossibilità di assegnare mansioni diverse. Nel caso di specie l’assegnazione a mansioni non implicanti il rischio di contagio si è verificata, e conseguentemente è venuta meno la possibilità di sospendere dal lavoro e dalla retribuzione la lavoratrice.
Nel caso deciso dal Tribunale di Modena, la Corte ha ritenuto che non fossero sussistenti né l’evidente fondatezza della pretesa, né il fondato timore che durante il tempo occorrente per far valere il diritto in via ordinaria, questo fosse minacciato da un pregiudizio imminente ed irreparabile e dunque non ristorabile per equivalente.
Il provvedimento richiesto dalle ricorrenti deve essere rifiutato, secondo le regole della procedura civile, quando manchi anche uno solo dei predetti requisiti.
Nel caso di specie, secondo il Tribunale, mancano entrambi i requisiti. La determinazione datoriale di sospenderle dal lavoro non ha leso il diritto delle ricorrenti a rifiutare il vaccino. Il loro diritto però deve essere bilanciato con il diritto alla salute dei pazienti della struttura, degli altri dipendenti e con il principio di libera iniziativa economica. In questa operazione di bilanciamento, risulta legittima la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione del dipendente.
Inoltre la semplice perdita della retribuzione non concretizza di per sé il pregiudizio imminente ed irreparabile, poiché si tratta di un danno che può sempre essere risarcito in un tempo successivo. Secondo il Tribunale invece il lavoratore che agisce in via d’urgenza deve allegare circostanze di fatto in forza delle quali il provvedimento datoriale produce effetti lesivi irreparabili che non possono reputarsi insiti nella sola perdita della retribuzione.
Infine secondo il Tribunale di Ivrea, la qualifica di operatore di interesse sanitario in relazione alla figura dell’OSS può essere ricavata dall’accordo Stato Regioni del 2001 e lo stesso Consiglio di Stato ha sì escluso gli OSS dal novero degli esercenti professioni sanitarie, ma ne ha affermato la natura di operatori di interesse sanitario.
La ricorrente rientra quindi tra i destinatari dell’obbligo vaccinale.
Inoltre la ricorrente aveva contratto l’infezione in forma asintomatica ed aveva prodotto un certificato medico in cui veniva sconsigliata vivamente di fare il vaccino. Tale documentazione però non è sufficiente secondo il Tribunale di Ivrea. Secondo l’art. 4 comma 2 del D.L. 44/2021 occorre un accertato pericolo per la salute, dipendente da specifiche condizioni cliniche accertate da un medico di medicina generale. 
Pertanto anche sotto questo profilo la domanda della ricorrente risultava infondata.

Conclusioni

La vicenda di Velletri ha avuto eco anche sulla stampa non specializzata. Tuttavia la decisione deriva dalla lineare applicazione dell’articolo 4 da cui si deduce che la sospensione dal lavoro e dallo stipendio è possibile solo se l’assegnazione a mansioni diverse che non comportano rischi di diffusione del contagio non è fattibile.
E’ però sicuramente non condivisibile che la sospensione sia da considerare un’extrema ratio per le aziende di grandi dimensioni.
Anche le vicende trattate dai Tribunali di Modena ed Ivrea sembrano basate anch’esse sulla semplice applicazione della regola dell’art. 4 del D.L. 44/2021 e dei principi generali dell’ordinamento sul procedimento cautelare in termini sostanziali e procedurali.
Proprio per questo motivo è consigliabile alle parti datoriali ponderare adeguatamente simili iniziative, dopo aver soppesato adeguatamente i rischi e le implicazioni che ne potrebbero derivare.


avv. Marcello Floris, Partner, Co Head Employment and Pensions (Italy, Eversheds Sutherland

 

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