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     n. 1 anno 2022

Pandemia e governo societario: quali cambiamenti?

di Maria Pierdicchi

Come sono cambiati atteggiamenti e comportamenti dei Consigli di Amministrazione in seguito alla crisi pandemica? Un’approfondita e interessante risposta emerge da una ricerca condotta da Nedcommunity, l’associazione italiana dei consiglieri non esecutivi e indipendenti, nell’ambito di un gruppo di lavoro in collaborazione con Valore D dedicato ai nuovi modelli di leadership dei CDA.

A  quasi due anni dall’emergere della crisi pandemica, Nedcommunity, l’associazione italiana dei consiglieri non esecutivi e indipendenti , ha  presentato gli esiti di una ricerca su come gli organi di governo delle aziende hanno risposto alla crisi . Ci si è interrogati su se e come i CDA abbiano mutato comportamenti, processi, valori e obiettivi  alla luce dell’emergenza pandemica e delle sue conseguenze. 

I risultati derivano  da una survey  condotta per  oltre un anno, precisamente da maggio 2020 a giugno 2021, in cui con un raccolta di dati ripetuta per quattro volte agli amministratori e sindaci italiani di società quotate e non, al fine di monitorare le evoluzioni nel corso della crisi. 
Il progetto è stato concepito dal gruppo di lavoro di Nedcommunity dedicato ai nuovi modelli di leadership dei CDA in collaborazione con Valore D ed è stato presentato e discusso in ottobre. 

I rispondenti al pulsesurvey ,articolata in quattro fasi, costituiscono  un ottimo campione di riferimento, essendo rappresentati per il 56% da membri di CDA di quotate, per il 17% di società appartenenti a gruppi e per il 36% a società non quotate. Inoltre i circa 220 rispondenti , che hanno in maggioranza risposto a tutte e quattro le survey inviate nel corso dell’anno di rilevazione, hanno evidenziato una ampia rappresentanza  in termini di classi di fatturato,  di settori, e di ruoli detenuti all’interno delle società   (membri di diversi comitati endoconsiliari,  consiglieri e/o sindaci).

Nella prima fase della crisi emerge chiaramente il focus sull’emergenza rappresentata dalla crisi, con circa il 48% di aziende che hanno attivato misure di emergenza nel febbraio 2020, e il restante 52% che si sono attivate a marzo. Il Cda ha avuto un ruolo cruciale nelle scelte di gestione dell’emergenza, in particolare grazie all’attivazione quasi sempre tempestiva dei comitati rischi e delle scelte presentate dal management al CDA . Nella maggioranza dei casi le aziende non avevano incluso il rischio pandemico tra i top risks del 2020, tuttavia la maggioranza aveva predisposto piani di continuità adeguati a gestire l’emergenza, anche sulla scorta dei piani pandemici che erano stati predisposti quando si erano verificate altre minacce globali.   Due sono le aree di priorità emerse nella prima fase della crisi: protezione dei dipendenti , con relative implicazioni sulla capacità di supporto per il  lavoro in remoto e continuità del business. Un altro tema emerso velocemente e collegato anche, ma non solo, allo smartworking è quello della sicurezza informatica, che ha visto situazioni molto differenziate a seconda del settore di appartenenza e delle dimensioni aziendali. 
Nelle fasi successive le priorità si sono relativamente spostate sul mantenimento dell’equilibrio finanziario, sull’innovazione di servizi e prodotti e e sull’attenzione ai clienti. 

L’emergenza ha portato ad un immediato maggior dialogo con gli stakeholders: amministrazioni pubbliche per la gestione degli aiuti finanziari, comunità per supportare gli aiuti sanitari e le strutture di riferimento, fornitori per assicurare adeguati canali di rifornimento o rimodulare servizi e processi , dipendenti per coniugare continuità e sicurezza , clienti per poter comunicare le modalità di relazione e servizio nell’emergenza. 
Il maggiore “engagement” con gli stakeholders si può dire sia stato uno dei fattori di cambiamento più rilevanti, accelerando un fenomeno che per le aziende più grandi era  già in atto di presa in carico di istanze, obiettivi e vincoli che prima venivano visti in un’ottica più discrezionale. 
Nasce soprattutto da questa dinamica di stretta correlazione tra interessi di shareholders e stakeholders la maggior enfasi data ai fattori di sostenibilità nelle scelte di business. Non a caso il survey denota anche nelle fasi più recenti di rilevazione il mantenimento  delle priorità su engagement con gli stakeholders, innovazione di servizi e prodotti e valutazione dell’impatto su società e ambiente. 
I dati dimostrano anche che nella crisi i CDA in media hanno mostrato di saper adottare modalità operative e approcci comportamenti più agili e flessibili. Tra i comportamenti più in evoluzione figurano infatti l'attenzione alla strategia, la capacità di analisi di rischi e opportunità e l’agilità e accelerazione nei processi di decisione. E’ chiaro che nella gestione della crisi si è reso necessario rivedere i programmi di attività, sospendendo in molti casi investimenti e nuovi progetti e concentrandosi sulla protezione dei capitali tangibili e non e sulla loro maggior valorizzazione nel contesto di difficoltà.

Il lavoro in remoto e la conseguente accelerazione digitale non hanno ridotto l’interazione col management ma hanno anzi in gran parte favorito modalità di collaborazione nuove, spesso con l’ausilio di analisi di scenario e proiezioni legate all’andamento della pandemia, anche con la collaborazione in pochi  casi di esperti esterni e consulenti.

La dimensione  strategica è certamente emersa come quella più rilevante , in particolare nella seconda parte della crisi, quando l’emergenza risultava oramai assorbita in nuove modalità “normalizzate” di lavoro. I CDA hanno iniziato già nel 2020 a reimpostare i piani strategici tenendo conto del nuovo scenario, delle possibili evoluzioni della pandemia, e dei nuovi modelli di business indotti da accelerazione digitale e cambiamenti nei modelli di consumo dei clienti. Oltre l’80% delle aziende ha indicato nella riformulazione strategica la priorità in tutte le fasi, con un’ottica di breve periodo nei primi 6 mesi e sempre più a lungo in quelli successivi. Tra le priorità strategiche sono emerse non solo la revisione delle previsioni finanziarie alla luce del mutato contesto di mercato, ma anche la revisione dei modelli operativi e di lavoro, la definizione di modelli di lavoro flessibile , la revisione della struttura finanziaria anche facendo ricorso agli strumenti straordinari quali moratorie e garanzie.  Tuttavia , solamente il 10% delle società ha anche indicato di aver avviato un lavoro sulla definizione di un purpose, nonostante il tema sia stato tra i più dibattuti negli ultimi due anni. 

Cresce anche l’attenzione per l’integrazione di fattori ESG nella “nuova” strategia aziendale,  spesso collegata anche al cambiamento culturale in senso lato,. La natura non finanziaria e globale della crisi ha provocato un’incredibile accelerazione dei temi di sostenibilità, con un riposizionamento di valori e un investimento maggiore su tematiche ambientali (transizione energetica, economia circolare, impatto ambientale) ma anche sociali (benessere dei dipendenti, attenzione agli stakeholders, impatto su comunità e società) e di governance (riformulazione delle competenze necessarie ai CDA, attenzione alla trasformazione digitale, diversità come fattore competitivo).
E’ su questa effettiva capacità di integrazione dei fattori ESG e della loro misurazione che si gioca del resto anche la capacità di attrarre investitori istituzionali, oramai molto focalizzati sul successo sostenibile di medio termine, elemento capace di coniugare mitigazione dei  rischi e massimizzazione di nuove opportunità. 

Nella ultima fase di rilevazione, il survey ha voluto focalizzarsi anche su come la crisi ha inciso sui modelli di leadership dei CDA. 
Quasi il 50% degli intervistati ha riportato cambiamenti rilevanti, in particolare nella maggior frequenza di interazione, nella maggior efficacia del dibattito consiliare, nella maggior informalità.  Un ruolo rilevante è riconosciuto alle cosiddette soft skills, quali le capacità di ascolto, il focus strategico nelle decisioni, la capacità di connettere diversi elementi , la maggior attenzione verso i rischi, la collaborazione cross funzionale. Tutto ciò sembrerebbe indicare che la crisi ha avuto una notevole influenza sull’evoluzione dell leadership del Cda, attivando nuovi comportamenti e competenze al servizio di un approccio più strategico una volta gestita l’emergenza iniziale. La natura non finanziaria della crisi ha anche accelerato il focus generale sui fattori non finanziari e sull’impatto non strettamente finanziari dell’attività aziendale, stimolando una riflessione su scopo e direzione strategica , su sostenibilità e concreta definizione di obiettivi ESG con specifici percorsi e obiettivi misurabili. Tuttavia la definizione di strategie ESG di lungo termine richiede anche al CDA competenze nuove, in materia di trasformazione digitale, innovazione tecnologica , transizione energetica, gestione  strategica del capitale umano . 
Come dovranno cambiare e rinnovarsi gli organi di governo per poter perseguire con successo questi nuovi percorsi ? Dal survey emerge che circa il 30% delle aziende rappresentate non ha  ancora affrontato il tema delle competenze dei CDA, che dovrà tuttavia porsi via via che gli organi verranno rinnovati. Anche questo è un tema su cui gli investitori istituzionali avranno un ruolo sempre maggiore, come anche denota il recente dibattito sull’efficacia nei processi di definizione delle liste da proporre in assemblea. Temi quali la diversità di esperienze, di età, di nazionalità e gender avranno un ruolo cruciale nel processo di rafforzamento della governance per affrontare le sfide future , non ultima quella di dotare le società del management team adatto alle nuove priorità strategiche, anche  in chiave  ESG.

Il 50% dei rispondenti ha indicato un notevole aumento delle capacità di resilienza, in particolare per le società di dimensione medio grande, un segno che la crisi ha attivato risorse nuove e capacità di risposta in gara parte inattese. Il grado di cambiamento è stato valutato medio /alto da circa l’80% dei rispondenti, ma permane un 20% che denuncia cambiamenti lievi o nulli. 
Anche il carattere irreversibile dei cambiamenti di approccio dei CDA è stato in larga parte ripotato, in particolare con riferimento alla tipologia di rischi presi in considerazione, alla modifica dell’orizzonte temporale adottato, e infine alle modalità di lavoro . Si tratta di cambiamenti molto coerenti all’adozione di un modello di leadership evoluto e basato su una visione integrata e sostenibile del business.

In conclusione, la pandemia ha avuto un impatto drammatico sulla continuità e l’equilibrio economico e finanziario di molte imprese, in particolare nei settori maggiormente impattati. Essa ha però stimolato un nuovo modo di rispondere all’emergenza con una visone più ampia del contesto in cui l’impresa opera, un collegamento più stretto con i portatori di interesse, un’attenzione maggiore per le risorse umane , una valorizzazione di diversità e inclusione come elementi essenziali alle sfide future,  un modo di lavorare e decidere più agile, integrato e innovativo. Sarà necessario monitorare se queste direzioni siano compatibili con i cambiamenti strutturali dei mercati, le incertezze degli scenari macroeconomici  e geopolitici che ci attendono e se potranno dispiegare effettivamente il loro potenziale innovativo in un contesto di trasformazione verso una nuova normalità. 

 Spetterà  proprio ai CDA svolgere un ruolo di stimolo e supporto al management nel monitorare che le nuove direzioni intraprese siano perseguite secondo  una visone integrata  e un continuo confronto con i portatori di interesse oltre che con gli azionisti . Solo cosi essi  potranno effettivamente contribuire alla transizione verso un modello economico più equilibrato e più orientato al contributo sociale e non solo economico che le aziende possono e devono perseguire. 
Rispetto alle crisi precedenti, di natura prettamente finanziaria, la pandemia  ha avuto un impatto molto più incisivo e profondo. Si potrebbe dire una opportunità da non sprecare per attivare cambiamenti da tempo auspicati e su cui le aziende con una governance efficace e solida potranno costruire nuovi percorsi di crescita e successo nel lungo termine. 

Maria Pierdicchi – Presidente di Nedcommunity

 

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