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     n. 12 anno 2020

Parole Parole Parole

di Stefano Greco

Magari fosse l'indimenticabile canzone di Mina. La riascolteremmo volentieri. Oggi facciamo i conti con un altro genere di parole, quelle delle informazioni. Parole che hanno subìto strane metamorfosi. Per esempio, assistiamo alla militarizzazione del lessico relativo al Covid-19 con l'utilizzo di termini come "guerra", "nemico invisibile", "trincea", "fronte del Piave", "Piano Marshall". Sempre associate al virus e alle sue conseguenze, anche distorsioni geologiche con "Tsunami"e astronomiche con "Meteorite". Questa mutazione genetica della parola è in corso già da tempo. Abbiamo letto di "Montagna assassina" quando invece è stato il gruppo in escursione ad esporsi al rischio valanghe oppure quell'albergo travolto non avrebbe dovuto essere lì. Ancora: "bombe d'acqua" per designare il naturale fenomeno delle alluvioni improvvise, utilizzando il linguaggio del terrorismo. I terremoti causano morti e danni perché la maggior parte delle costruzioni sono a rischio e non perché la faglia sia "cattiva". Le parole non ci aiutano più a distinguere le cose, a separare i contesti, a perimetrare esattamente i problemi. Primi passi necessari, questi, per trovare poi le giuste soluzioni. L'inappropriatezza del linguaggio è un indicatore di mediocrità. Nei corsi di public speaking e formazione formatori, questo lavoro di cesello sull' appropriatezza delle parole è invece pane quotidiano. L'uso corretto di analogie e metafore nel linguaggio professionale, aziendale, giornalistico e politico è una competenza tanto pregiata quanto necessaria. Lo era storicamente, oggi è diventata una questione di vita o di morte (dell'informazione). Nel mondo pensato come "Infosfera" (Luciano Floridi, 2020), in cui siamo immersi almeno da una decina di anni, c'è un grande problema da risolvere: abbiamo accesso alle informazioni ma non alla verità. L'era dell'accesso (Jeremy Rifkin, 2001) si è trasformata in era dell'eccesso. Ma questo è soltanto il minore dei problemi. La manipolazione delle informazioni e quindi del modo in cui (ci) viene rappresentata la realtà, è fatta per motivi politici, economici e ludici (trolls che si divertono a diffondere falsità e panico informativo). Sono gli aspetti politici ed economici a preoccupare di più. Post emergenza, questo sarà un problema prioritario da risolvere. Il riaccreditamento delle fonti di informazione e la loro deontologia applicata. La "libertà" del web e degli altri media dovrà essere... ? Qui manca ancora il verbo giusto. Oggi siamo arrivati ad avere "fake media", oltre le ormai tradizionali fake news. Qualcosa dopo dovrà cambiare. Necessariamente. Vivere leggendo o ascoltando in modo sistematico tutto e il suo contrario non ci fa bene. Di questo problema, anche tutte le aziende dovranno, non solo tenerne conto, ma anche farsene carico ponendo molta attenzione alla qualità delle informazioni che metteranno in circolazione.
Si dovrà dunque trovare una soluzione. Globale, naturalmente. Ma torniamo alle parole e alla formazione: "Public speaking" o "Design speaking"? Parole disegnate sulla realtà, come la carta lucida che si appoggia sul libro per fare la cartina geografica a scuola. "Lascio la parola a..." sarà sempre più un gesto di grande responsabilità. E in ogni caso, l'obiettivo per tutti sarà quello di asciugare le parole della loro inutilità. Per tornare all'essenziale. In caso di momentanea assenza di un bravo design speaker, possiamo goderci il duetto Mina-Alberto Lupo.

Stefano Greco, psicologo, formatore, saggista 

 

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