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     n. 3 anno 2020

Fra la valutazione e lo sviluppo delle competenze c'è di mezzo...la calibration!

di Renato Boccalari

Per sgombrare il campo da ogni equivoco, diciamo subito che la Calibration non ha a che fare con le parole di una canzone di Celentano anche se...un certo nesso c'è: se la Calibration, ovvero il processo di allineamento dei metri di giudizio fra capi valutatori diversi e la conseguente taratura delle valutazioni non viene fatta o viene eseguita male, in effetti quella che perde di valore, perché diventa inutilizzabile ai fini dello sviluppo delle persone, è proprio la Valutazione: Svalutation, appunto.

E dunque vediamo di che si tratta, di come farla bene, di come evitare le trappole e i punti di possibile caduta del processo.

Di cosa parliamo: qui non parleremo della classica Calibration delle valutazioni nell'ambito del processo di Performance Evaluation, ma di quella che va effettuata nell'ambito del processo che va dalla Definizione allo Sviluppo delle Competenze, passando attraverso la Valutazione (anche se il il termine più corretto da usare quando si parla delle Competenze è Rilevazione). La Calibration è dunque l'ultimo atto della valutazione e parte integrante del processo valutativo stesso.

Valutazione e non misurazione: nella distinzione fra i due termini si misura tutta la differenza fra il mondo delle scienze matematiche e quello delle scienze sociali: nelle prime l'uomo si dota di metodi "esatti" per misurare i fenomeni della natura, a cominciare dalla forza di gravità di galileaiana memoria; nelle seconde l'uomo si dota di metodi per valutare altri uomini. La valutazione "sociale" ha dunque un'ineliminabile componente di soggettività, che si può ridurre ma mai eliminare del tutto: la prima cosa da fare è prenderne atto ed esserne consapevoli. La seconda è organizzare il processo con l'esplicita e condivisa consapevolezza e disponibilità da parte di tutti a considerare il proprio giudizio come qualcosa di diverso da una verità oggettiva e più vicino alla formulazione di un punto di vista. E come tale soggetto a tutte le piccole e molto spesso inconsapevoli distorsioni percettive che caratterizzano ogni visione personale. Dovremmo tutti prendere atto che quando valutiamo nostri consimili stiamo sempre inforcando un paio di occhiali e abbiamo una vista più simile a quella di un miope o di un presbite che a quella di un'aquila.
Ma allora come ci si può allontanare dalla soggettività ed avvicinare ad una maggiore oggettività di giudizio?

Come si fa: immaginate di prendere tutte le valutazioni effettuate dai vari capi, di disporle in un Ranking e suddividerle in Quartili, da quello del primo 25% delle valutazioni più alte a quello del 25% delle valutazioni più basse. E poi di indicare accanto a ogni valutazione il nome del capo valutatore. E qui viene la parte interessante, grazie anche all'aiuto di un minimo di statistica, la quale ci dice che in condizioni normali e in assenza di significativi fattori intervenienti, le persone valutate dai vari capi si dovrebbero equamente distribuire nei diversi quartili. Ma se non è così? ad esempio se le risorse di un capo vanno tutte a finire nei Quartili più alti e quelle di un altro in quelli più bassi? Ebbene, a meno che a uno siano capitati tutti "geni" e all'altro tutti "incapaci", cosa statisticamente molto improbabile, dietro quella distribuzione anomala ha agito qualcosa che stava nella testa del valutatore: una tendenza distorsiva che nel primo caso si chiama "Generosità" e nel secondo "Severità".
Questo piccolo accorgimento statistico ci è quindi di grande aiuto nel portare allo scoperto approcci personali alla valutazione di cui spesso lo stesso valutatore non è consapevole e di cui in questo modo, confrontando anche i propri giudizi con quelli degli altri, prende consapevolezza.

Un "piccolo" ostacolo: a questo punto sembra fatta, ora basterà che i capi rimettano mano alle valutazioni, riallineandole non più al proprio metro interno ma a quello comune che si è deciso di adottare. Ma non sempre questo accade, o meglio quello che può succedere è che la risposta e la disponibilità dei vari attori sia diversa: mentre alcuni si dimostrano più disponibili e capaci di comprendere che la valutazione ha da essere solo e solamente la più oggettiva possibile, per capire di ogni persona qual è il suo effettivo punto di partenza e i suoi reali bisogni di sviluppo, altri fanno più fatica a rinunciare ad un approccio alla valutazione condizionato da preoccupazioni gestionali che la svisano e la rendono inutilizzabile: come ad esempio il timore di demotivare le persone con valutazioni oggettive ma meno lusinghiere, la paura di perdere persone preziose con una valutazione troppo rigorosa, ma anche l'atteggiamento di potere e competizione nei confronti degli altri capi, che spinge a ribadire che "i miei sono i migliori della compagnia".
Se non si riesce a gestire questo tipo di atteggiamenti, le ricadute negative sono su tutto il progetto, perché le disomogeneità valutative fra le persone rimangono, non solo lasciando sempre poco utilizzabile per lo sviluppo l'esito della valutazione, ma quel che è peggio, alimentando nei capi il dubbio che la metodologia non sia in grado di garantire chi vi si adegua rispetto a quelli che la manipolano.

Che fare: creare una cultura valutativa comune, usando gli stessi esiti della Calibration e i diversi approcci dei capi per evidenziarne l'esigenza. Innanzitutto, questi stessi risultati andranno usati come feedback, non solo di un più o meno raggiunto maggior allineamento dei metri di giudizio, ma per aprire un confronto, una franca discussione fra i capi sul modo con cui ciascuno ha valutato, che includa la possibilità di rivedere ed ammettere le proprie distorsioni senza essere colpevolizzati. Spesso, anzi quasi sempre le persone sono in buona fede ed è sorprendente vedere come loro stessi si accorgano di avere usato un criterio personale nel momento in cui sentono descrivere la stessa persona con altre tinte ed altri comportamenti, semplicemente perché l'altro capo ha avuto modo di vederlo all'opera in circostanze diverse: è quest'opera di "relativizzazione" del giudizio che è uno dei più preziosi portati di questi momenti di confronto: alla funzione HR organizzarli senza timori di creare conflitti, avendo fiducia nell'onestà professionale di capi valutatori che dimostrano (quasi) sempre di meritarla.

Renato Boccalari, Senior Advisor Human Capital Innovation di GSO Company 

 

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