hronline
     n. 22 anno 2020

Noi siamo i padroni del nostro destino

di Paolo Iacci

di Paolo Iacci

Due signore si incontrano per fare due chiacchiere.
- Mio marito è sempre davanti al pc a chattare, così ieri l'ho affrontato e gli ho detto che così non può più andare avanti, non mi rivolge neanche più la parola...
- E lui?!
- Niente, neanche uno sguardo
- E allora?
- Niente, non mi ha mandato neanche una mail...!

Poiché sono convinto che la via più breve tra le persone sia sempre un sorriso, perdonatemi se continuo ad iniziare i miei editoriali cercando di sdrammatizzare anche nei momenti più difficili. Quello che stiamo vivendo sicuramente lo è. La pandemia ci sta richiudendo in casa per una seconda volta, modificando anche i piccoli comportamenti quotidiani, come ci ricorda il dialogo tra le due signore. Siamo alle soglie di un secondo lockdown, anche se meno stretto e generalizzato del primo. Il rischio è di una tragedia dal punto di vista sia sanitario, sia economico.

In questa situazione, alcuni evidenziano le difficoltà di una comunità scientifica che cerca di apprendere velocemente, ma che inevitabilmente può mostrare delle contraddizioni. Molti sottolineano le colpe ed i limiti delle autorità, centrali o locali, che non sempre riescono a mettere in campo misure e capacità adeguate alla situazione. Tutti non possono però non concordare sul fatto che le imprese stiano facendo di tutto per proseguire le attività produttive e di servizio mantenendo ottimi livelli di sicurezza. Questo è così vero che si avverte una richiesta dei lavoratori affinché il mondo produttivo svolga un'opera di supplenza e di sostituzione delle istituzioni pubbliche. Da tempo ripetiamo che nelle organizzazioni si sta misurando la parte migliore della nostra classe dirigente, pur tra mille limiti e manchevolezze, e i fatti di questi mesi ce lo confermano.

Per ciò che riguarda le imprese, la pandemia ha accelerato alcuni processi già in essere e costituisce un grande laboratorio sociale e produttivo. Fino al 2019 tra le aziende sopra i 15 dipendenti solo una su dieci utilizzava lo smart working, oggi tre imprese su quattro dichiarano che continueranno ad utilizzarlo per quota parte anche quando la pandemia sarà definitivamente sconfitta. Le imprese hanno dovuto accelerare il passaggio al digitale e questo salto le renderà più competitive anche un domani. Il blocco delle esportazioni e la caduta dei consumi del mercato interno hanno già prodotto la disoccupazione per centinaia di migliaia di precari e colpiranno ancor più pesantemente quando cadrà il divieto ai licenziamenti. Anche se si apprestano momenti molto difficili sul piano occupazionale, le imprese si stanno mostrando coese al loro interno e tutte tese verso il contenimento delle perdite e la ripartenza. Dal punto di vista organizzativo maturando sempre più la consapevolezza della necessità di passare da uno stile di leadership basato sul binomio comando - controllo del lavoro in presenza al binomio pianificazione degli obiettivi - monitoraggio dei risultati del lavoro a distanza. Questo cambio organizzativo e di stile di leadership si basa prima di tutto sulla fiducia e su una maggior delega diffusa. Si tratta di una modalità di direzione aziendale che sicuramente deve ancora affinarsi: sia per i capi sia per i collaboratori lavorare da remoto richiede modalità d'interazione inedite e un differente sviluppo dei processi produttivi e gestionali. Si tratta di capire come ottimizzare le modalità di lavoro per efficientare i processi migliorando in maniera stabile la produttività a favore dell'impresa e la flessibilità a favore dei lavoratori. Occorre rendere più veloci i processi di apprendimento anche utilizzando le tecnologie digitali per reggere il ritmo dello sviluppo tecnologico, anche per il dopo - pandemia.

Pur in un momento difficile per tutti, possiamo almeno in parte trasformare le costrizioni e le difficoltà del lavoro a distanza in un'opportunità di crescita stabile, sia per le imprese, sia per le persone. Dobbiamo lavorare anche con i nostri comportamenti quotidiani per minimizzare il rischio di pandemia e per trasformare il nostro modo di lavorare, guardando oltre il periodo di lockdown, al nuovo mondo del lavoro che è possibile costruire. Noi siamo i padroni del nostro destino.

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