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     n. 13 anno 2019

Equalpay: anche l’Italia fa passi contro il divario retributivo di genere

di Edgardo Ratti

di Edgardo Ratti

Superare la disparità di trattamento retributivo tra uomini e donne: questo è l'obiettivo principale di una proposta di legge (n. 522) presentata alla Camera dei deputati, a prima firma dell'onorevole Ciprini.

Tra le varie misure, si prevede l'obbligo per le imprese con più di 15 dipendenti di comunicare, con cadenza annuale, ai propri lavoratori, alle rappresentanze sindacali (ove presenti) e ai competenti organismi di parità una serie di informazioni volte ad evidenziare le eventuali differenze salariali tra uomini e donne e ciò anche con riferimento agli eventuali elementi variabili della retribuzione (indennità collegate alla performance, bonus, ecc.).

Una vera e propria rivoluzione, se si pensa che attualmente è previsto solo per le imprese con più di 100 dipendenti l'obbligo di redigere e trasmettere un report sulla situazione lavorativa maschile e femminile nell'azienda (art. 46 del D. Lgs. n. 198/2006).

Ma non finisce qui.

Per stimolare le imprese ad adottare comportamenti virtuosi, la proposta di legge in esame introduce incentivi per le imprese che realizzino un piano di azioni atto a prevenire la discriminazione di genere. Tale piano deve essere valutato e approvato, previa consultazione dei lavoratori, dalle rappresentanze sindacali, che sono anche deputate a verificarne l'attuazione con cadenza annuale. Se tale verifica dà esito positivo, è riconosciuta all'impresa virtuosa una detrazione nella misura del 50% delle spese documentate sostenute per l'acquisto di beni materiali e dispositivi informatici e di ogni altra dotazione che permetta ai dipendenti di conciliare le esigenze di vita e di lavoro.

La detrazione è prevista anche a favore delle imprese più piccole che, pur non essendo obbligate, realizzino volontariamente il piano in questione.

Tra gli ulteriori incentivi, si prevede che le imprese che attuino il piano possano ottenere una certificazione di qualità (la certificazione di "Impresa per le pari opportunità nel lavoro") da rilasciarsi da parte del Comitato Nazionale di Parità, istituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Il momento sanzionatorio è comunque previsto anche nella riforma: laddove, infatti, a seguito di due verifiche annuali successive a quella che ha permesso di accedere alla detrazione, si rilevino violazioni del piano di azione, l'impresa sarà soggetta ad un'ammenda.

La tematica del divario retributivo di genere è stata affrontata anche a livello regionale: ne è un esempio un'iniziativa presentata nel Consiglio Regionale della Lombardia volta a modificare la Legge Regionale n. 22/2006 inserendovi una serie di misure premiali a favore delle imprese che promuovano la parità retributiva e di genere, l'adozione di azioni volte ad incrementare le competenze digitali e tecnologiche delle donne per facilitarne l'inserimento in ambiti lavorativi meglio retribuiti, nonché l'implementazione di azioni volte all'emersione e alla trasparenza dei dati relativi alla retribuzione, anche mediante la pubblicazione e la diffusione del rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile cui sono tenute, in forza del D.lgs. n. 198/2006, le imprese con oltre 100 dipendenti.

Insomma, anche nel nostro paese si stà facendo strada l'idea che le tematiche del cd. equalpay non possano essere lasciate solo alle buone prassi delle aziende più strutturate e serva quindi un più incisivo intervento normativo: la questione è quindi destinata ad assumere in futuro un ruolo importante per coloro che gestiscono il personale.

avv. Edgardo Ratti, Co-Managing Partner Littler 

 

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