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     n. 5 anno 2019

Le professioni del prossimo futuro: nuovi business, professioni, competenze, occupazioni, sviluppo

di Renato Bisceglie

Premessa
Numerose indagini di fonti autorevoli hanno cercato di dare il quadro di un fenomeno evolutivo da sempre presente nel mondo del lavoro ma oggi percepito come più incidente di quanto accadesse in altri tempi. In questo ambito PIU'- Professioni Intellettuali Unite, in collaborazione con ADACI, AIDP, AUSED, ha svolto negli ultimi mesi una ricerca qualitativa (presentata nel mese di gennaio) coinvolgendo manager e professionisti allo scopo di analizzare alcune linee che hanno particolarmente a che fare con i cambiamenti in atto nel mondo delle professioni, dei mestieri, del lavoro.

Fattori di cambiamento e digitalizzazione emergente
Numerosi sono gli elementi citati che determinano il mutamento di contesto e, in conseguenza, delle professioni, in particolare:

  • Diversificazione dei prodotti-servizi e "customerizzazione" che inducono la moltiplicazione delle soluzioni diminuendo, al tempo stesso, i volumi e incrementando il livello di concorrenzialità
  • Aspetti demografici e generazionali: allungamento della vita media e soprattutto "attiva" con coesistenza di molte generazioni contemporaneamente e quindi di culture, attitudini, propensioni, esigenze, competenze diverse. Ciò influenza l'affermazione di modelli lavorativi variegati e non standardizzati quali: smart working, apprendimento continuo, autosviluppo e autonomia.
  • Globalizzazione: con diffusione più estesa di modelli di comportamento, gusti, stili di vita "generalizzati"
  • Evoluzione tecnologica rapida e pervasiva.
Se aspetti di questo tipo sono presenti oggi in modo concomitante, ma in una certa misura lo erano anche nel passato, c'è un fattore che sembra concordemente essere immanente e condizionante in questo scorcio temporale: la velocità con cui tutto sta avvenendo. In particolare stiamo assistendo ad una sempre crescente rapidità di sviluppo delle tecnologie non peraltro supportata da pari velocità di applicazione delle tecnologie e soprattutto dall'adeguamento delle organizzazioni e della cultura organizzativa.

Le tecnologie, specialmente informatiche, nella loro evoluzione hanno dato luogo a quella digitalizzazione diffusa, considerata da tutti il fenomeno emergente, determinante nella trasformazione del business e delle professionalità - una rivoluzione copernicana, ma più veloce -, dice qualcuno . A fronte di una posizione pressoché unanime, l'impressione è tuttavia che la forza di questa asserzione, nata indubbiamente da fatti reali, non sia poi così sostenuta. Alcune indagini esterne alla ricerca ci dicono che, da un lato, il 65% di chi oggi entra nel mondo della scuola eserciterà un domani una professione oggi non conosciuta (World Economic Forum), ma dall'altro (Excelsior-Unioncamere) che dei 2.5-3 milioni di nuovi posti di lavoro in Italia, nei prossimi 5 anni, solo circa il 20% sarà costituito da posizioni "nuove", mentre per il resto si tratterà di "sostituzioni", probabilmente con più o meno ampi innesti di componenti nuove e digitalizzate. Nel complesso insomma, almeno nel medio periodo, la percezione è che prevalgano i gradualisti sui sognatori, ma anche sui catastrofisti, coloro cioè che prevedono una forte contrazione delle posizioni lavorative a fronte delle tecnologie e della digitalizzazione.

Il livello occupazionale 
Gli aspetti citati hanno un ovvio riflesso sui livelli occupazionali: le indagini condotte, nel loro complesso, stimano un leggero calo nel breve periodo e un progressivo aumento a medio lungo termine. Tutti noi sappiamo quanto sia stato storicamente difficile prevedere una evoluzione numerica, a causa dei molteplici fattori concomitanti. Nello stesso panel degli intervistati, nell'arco di tempo intercorrente tra la tarda primavera e l'ultimo trimestre dell'anno, ci sono state alcuni riposizionamenti, alcuni accenti diversi in buona misura determinati dal mutare del clima economico politico purtroppo significativamente discendente negli ultimi mesi. Questa tendenza è peraltro rafforzata dai trend di medio periodo dove diventano determinanti le proiezioni demografiche (v. Osservatorio A.I. - Polimi).  

Senza per ora entrare nei dettagli, l'andamento previsto indica una diminuzione di tutte le attività routinarie e ripetitive in ambiti diversi: produzione, amministrazione, logistica, ma anche in alcune parti ripetitive di professioni "classiche" che mantengono il loro nucleo e la loro stabilità ma che progressivamente si trasformano includendo modalità diverse di esecuzione o inserimento di nuovi elementi. Risultano minoritarie le attività "completamente" nuove.

Impatto sul business e sulla gestione
E' giudicato molto elevato, non tanto e non solo per gli aspetti di pura digitalizzazione, ma per la necessità di fare fronte alla velocità dei cambiamenti e dei riposizionamenti (es. Amazon: non vai più nel negozio, sei tu il negozio). Il riadeguamento organizzativo e di mind set deve essere continuo: chi è capace di giocare attitudini e competenze fa mercato, gli altri rischiano di rimanere fuori. La tecnologia è solo un supporto per incidere più rapidamente e flessibilmente su processi, internazionalizzazione, team, gestione a distanza rapporti con i clienti (CMS) e gli stakeholder (CSR).

I dati sono di tutti, occorre maggiore flessibilità, autonomia, responsabilizzazione. Ciò ha un diretto impatto sulla gestione: da controllo a indirizzo, "non luogo" di lavoro, management a distanza, collaborazione interfunzionale e interdisciplinare, comprensione del contesto (azienda, industry, non solo il proprio lavoro), partecipazione, coinvolgimento, quindi interventi organizzativi integrati.

Le Professioni emergenti
Come si accennava precedentemente, nell'ambito delle professioni, dei mestieri, delle attività non siamo in presenza di uno stravolgimento, ma piuttosto di un adeguamento progressivo che presenta in alcuni casi dei picchi innovativi o di significativa ibridazione tra attività prima separate tra loro e la tendenza a giocarle in modo nuovo.

Se le attività in calo sono quelle ripetitive: raccolta e immissione di dati, operazioni standardizzate, controlli routinari... , quali sono le professioni e i mestieri emergenti? Ecco alcuni cluster più rilevanti:

  • In primo luogo i ruoli più tipicamente legati al mondo del digitale, ma non esclusivamente informatici: specialisti di realtà aumentata, machine learning, A.I., web, chief data/digital officer, sviluppatori di linguaggi. A questi si sommano professioni che sempre più richiedono una competenza digitale unita ad altre competenze: digital marketing, data scientist, data analytics, business intelligence, consulente web-social, meccatronica, professioni per impresa 4.0, designer e gestore di webinar.
  • L'area del coordinamento e del management: problem solver, project manager, manager sono sempre richiesti, ma il "capo" è meno controllore e molto di più abilitatore, chiarificatore, coach professionale; la leadership diventa ancor più orizzontale, non può prescindere da collaborazione e accordo con altre funzioni pena il non raggiungimento degli obiettivi.
  • Le professionalità legate alle relazioni con le persone: il macro filone dell'assistenza e della sanità sempre più caratterizzato da multidisciplinarietà (infermieristiche, mediche, psicologiche, tecniche) e quello della vendita, probabilmente in contrazione complessiva per la concorrenza di altri canali (call center, vendite a distanza in genere, scomparsa del porta a porta), ma in sviluppo per quanto riguarda tutte le necessità di interazioni personalizzate e servizi complessi o in mercati particolari (lusso, apertura di mercati esteri..)
  • La categoria, forse più tradizionalmente etichettata come mestiere, degli artigiani in particolare di nicchia o nel mercato del lusso (moda, calzature, pelletteria...), ma non solo se pensiamo alle necessità casalinghe di tutti (idraulici, muratori, falegnami, serramentisti...). Anche in questo caso però, con livelli di professionalità più complessa e diversificata, a volte interdisciplinare, di quanto generalmente non siamo portati a riconoscere.
  • L'area particolare della gig o della delivery economy, lavori considerati di basso livello, non ancora così diffusi, ma in forte espansione e legati alla digitalizzazione, non a caso si parla di platform worker.
Come si può vedere non sempre siamo in presenza di professionalità di alto livello. Spesso ci si trova in presenza di una velocità di diffusione e di un contenuto decisamente più elevati nelle grandi imprese o nelle start up in fase di consolidamento. Rilevanti sono i fenomeni di divaricazione con una significativa contrazione delle posizioni medie tradizionali e l'espansione, la polarizzazione tra fasce di contenuto elevate e altre piuttosto basse.

Le competenze
L'accento è posto su una serie di capacità gestionali - metodologiche quali: creatività, problem solving,abilità culturali, self branding, comunicazione anche in lingue diverse e in ambienti internazionali, competenza del contesto nel quale si opera. E' importante quindi la padronanza di competenze e capacità di alto livello senza le quali non riusciamo ad essere consapevoli di quanto sta accadendo e di come affrontarlo. Si fa un ulteriore passo in avanti quando si sottolinea la necessità del possesso non di singole capacità, ma di vere e proprie meta competenze: la motivazione, senza la quale manca la molla ad utilizzare capacità di dettaglio e a contestualizzare il background, la flessibilità che ci consente di affrontare la realtà in rapido mutamento, la resilienza per poter far fronte e poi superare inevitabili inciampi e sconfitte nell'ambiente fluido in cui siamo immersi, l'empowerment e responsabilità (nel senso di accountability) per poter consentire all'individuo di agire in prima persona e anche "da solo" abilitato dalle tecnologie di contorno.

Poco si parla di competenze tecniche: citate da tutti come una base scontata, tuttavia vanno mantenute, sviluppate, garantite per continuare a essere leader nel mercato sia che si tratti di competenze legate al core business sia di competenze per operare nel mondo che ci circonda (reti, social, app, industry...). Questa tipologia di competenze, forse più facile da individuare e da sviluppare di altre, serve oggi se si ha attitudine e capacità di utilizzarle e gestirle in modo trasversale.

L'acquisizione e lo sviluppo delle competenze
E' da un certo punto di vista l'elemento più critico della ricerca, in quanto sono stati sottolineati precedentemente e anche in questo paragrafo i gap, ma sono più difficili da individuare e soprattutto da mettere in atto le azioni di supporto.

Da diversi anni varie fonti citano aziende, in percentuali variabili dal 30 al 70, che ricercano sul mercato competenze che non riescono a trovare. La scuola e l'università sono considerate in larga misura non in grado di produrre e fornire competenze necessarie alle aziende. Quali sono allora le azioni messe in atto per colmare il gap esistente e, forse ancora di più, quello che ci apprestiamo a fronteggiare?

In un certo numero di casi si ricorre a canali più o meno tradizionali di ricerca e assunzione. Purtroppo quando si tratta di nuove professionalità non è sempre così facile: a volte non si realizza appieno nemmeno qual è la vera necessità e non si sa, di fatto, che richiesta fare, oppure si procede per similitudine o per tentativi ed errori ricercando persone con competenze il più vicino possibile a quelle ipotizzate, operando anche al di fuori dei normali canali di assunzione. Alcune aziende, che se lo possono permettere da un punto di vista economico e di know how, ricorrono in alcuni casi all'acquisizione di start up di nicchia a copertura delle competenze mancanti o in cerca di nuove opportunità.

Sul fronte interno un numero significativo di aziende ricorre a programmi, più o meno articolati, di affiancamento e di training on the job. Vi è infine una minoranza di aziende che mette in atto programmi, a volte piuttosto complessi e di lunga durata, per l'individuazione, la formazione, l'affiancamento e l'introduzione sul lavoro. Questi programmi sono rivolti prevalentemente a neo laureati-diplomati, mentre più rari sono quelli di reskill dedicati a professionisti presenti nell'organizzazione con competenze ormai superate.

Purtroppo rimane una significativa fascia di posizioni non coperte o coperte parzialmente ed in ritardo.

Un altro gap riscontrabile è quello tra competenze tecniche, gestionali, meta competenze: se nel paragrafo precedente si è sottolineata la necessità prevalente delle competenze non tecniche, spesso negli interventi di ricerca e di sviluppo l'accento continua a cadere in modo preponderante sugli aspetti tecnici, forse perché più facili da gestire, forse perché tanto più ci si avvicina alle meta competenze, tanto più bisogna riconoscere tratti di personalità e attitudini e non tutti i candidati che posseggono i requisiti tecnici sono adatti ad un certo tipo di professione.

Conclusione
Consapevoli che ricerche e indagini di questo tipo sono molto soggette a variazioni legate ai tempi, ai luoghi, al contesto culturale e organizzativo nel quale ci si muove, è però opportuno continuare a monitorare e seguire questi fenomeni per essere consapevoli, da un lato, di quanto sta accadendo cercando almeno di non rimanere spiazzati, entro limiti realizzabili, dagli eventi. D'altro canto è opportuno che gli elementi emersi possano e debbano essere finalizzati ad un miglioramento dell'ambiente nel quale ci viviamo e ci muoviamo come entità professionali, economiche, sociali. In particolare è il caso di sottolineare alcune linee su cui concretamente investire per far fronte alle incertezze e alla "sorprese" derivanti da un contesto in così rapido mutamento, ponendo l'attenzione nel mettere in atto azioni rapide, concordate, agili, non necessariamente perfette, ma il più possibile efficaci e nell'individuare, sviluppare, riconvertire skill necessari in ogni ambito professionale e di mestiere per poter efficacemente, e meno traumaticamente, colmare i gap in atto sia da un punto di vista organizzativo che professionale.

Renato Bisceglie, Consulente Risorse Umane e Organizzazione, Vice Presidente di PIU'

 

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