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     n. 18 anno 2019

Il family business all'incrocio tra incertezza e accelerazione digitale dei mercati

di Alessandro Scaglione

Ogni impresa nasce e si sviluppa grazie alla visione unica e irripetibile di chi "vede ciò che altri non vedono" relativamente ad un bisogno reale o indotto, in un determinato momento e contesto.

L'unicità irripetibile dell'impresa è data da quelle lenti multifocali attraverso le quali l'imprenditore filtra e combina ciò che osserva e ciò che lo stimola. Quelle lenti nel tempo si aggiungono, si tolgono, si puliscono, si perfezionano lungo una traiettoria evolutiva, una personale storia, avventura, formazione ed esperienza; alcune si stratificano mentre altre continuano ad essere intercambiabili. Tutte insieme compongono e sostengono la propensione al rischio e ne condizionano l'esercizio, che poi è l'essenza dell'imprenditorialità.

Parlare di impresa familiare non è cosa che faccio a cuor leggero, ma con tutta l'attenzione ed il rispetto che il tema richiede per la sua rilevanza non solo nell'economia globale, ma nella maggior parte delle nostre vite. Il modello familiare è fenomeno planetario la cui rilevanza è garantita da tre numeri, che non lasciano adito a dubbi.

  • 80% del PIL globale deriva da imprese familiari
  • 70% delle imprese di tutto il mondo è familiare
  • 65% della forza lavoro mondiale è impiegata da imprese familiari

Le sfide che l'impresa familiare, più che su altri soggetti economici, sta affrontando sono caratterizzate da due dimensioni rilevanti:

  • L'aumento della complessità dei mercati, oramai diventati filiere transnazionali, sotto il fenomeno incalzante della globalizzazione, che richiede capacità strategiche e tattiche di governo di impresa in parte ancora da concepire
  • L'accelerazione dei mercati, abilitata dall'esplosione del potenziale digitale sia in termini di potenza di calcolo che di capacità di auto-apprendimento nell'acquisizione, elaborazione e velocità di scambio di quantità di dati e informazioni.

Un cambiamento di tale portata su personalità così forti, complesse e variegate come quelle imprenditoriali è possibile, sì, ma solo a due condizioni:

  • Il promotore del cambiamento sia convinto e consapevole della necessità di evolvere oltre un modello autoreferenziale e questa convinzione poggi su un set valoriale forte e ispiratore. Tali valori non sono statici ed immutabili, ma cambiano nel tempo insieme al contesto e vanno pertanto mantenuti aggiornati e attuali;
  • Il promotore del cambiamento abbia identificato e preparato le persone che verranno chiamate ad abbracciarlo, avendone coltivato ed allineato il loro mindset.

Le ricette ci sono, pur diverse da impresa a impresa, e sono tutte soggette a due condizioni fondamentali:

  • Una cultura aziendale che metta la persona al centro dell'ecosistema organizzativo, abilitandone la consapevolezza di ruolo e del contributo al "Progetto Aziendale"
  • Un esercizio del potere che da piramidale (cosiddetto "a cascata" o waterfall) evolva in circolare, da dispositivo ad empatico, dove "autorità" sia sostituita da "autorevolezza" e la leadership attivi la capacità di tutto l'ecosistema interno ed esterno (azienda, mercato, fornitori, concorrenti e stakeholders in genere) di contribuire all'innovazione ed all'indirizzo strategico dell'impresa.

L'accelerazione digitale dei mercati, poi, ha fatto dell'innovazione continua uno stato mentale, piuttosto che un'opzione discrezionale parcellizzata. Creatività e tecnologia producono il maggiore valore aggiunto quando l'impresa si apre a modelli di partecipazione diffusa, raccogliendo il contributo di tutte le intelligenze intercettabili nel perimetro dei suoi stakeholders interni ed esterni. Innovazione, digitalizzazione o industria 4.0 sono paradigmi che producono i loro effetti benefici solo nella misura in cui vengono riflessi nel modello organizzativo, nella governance ed in ultima analisi nel modello di business che rende l'impresa vincente in quel determinato contesto e momentum.

Se allora l'innovazione tecnologica risulta oggi strettamente collegata all'innovazione organizzativa, emerge da subito come centrale il ruolo delle risorse umane il cui apporto è determinante nei processi di innovazione, pur affrontati e gestiti in diversi modi secondo l'approccio culturale con cui si vuole coinvolgere i lavoratori e in base alle forme pratiche che si adottano.

Qualora nei prossimi anni le forme di partecipazione - già sperimentate con successo non solo nei Paesi del Centro e Nord Europa, ma anche in Italia come dimostrano i casi virtuosi del World Class Manufacturing di FCA o della Lean evoluta di Luxottica - si diffondessero in molte aziende e si istituzionalizzassero attraverso accordi e regolamenti aziendali, si creerebbe certamente una nuova cultura della partecipazione che, associata alla innovazione tecnologica e organizzativa, potrebbe portare sia le imprese che le associazioni datoriali e sindacali a una nuova considerazione anche della partecipazione strategica alla gestione delle imprese. Questa potrebbe essere finalmente considerata non più come una intromissione dei lavoratori nelle vicende della proprietà, ma piuttosto come un contributo di tutti gli attori alla sopravvivenza e allo sviluppo dell'impresa stessa.

Proteggere, sviluppare e consegnare al futuro l'impresa familiare nelle migliori condizioni possibili è un dovere morale, che l'imprenditore familiare deve a tutti coloro che incrociano il suo percorso. In questo frangente le risorse tangibili non sono altro che la conseguenza e la manifestazione fisica di quelle intangibili. Sono queste ultime - psicologiche, intellettuali, valoriali, cognitive, razionali ed emotive - che danno valore competitivo gli assets materiali dell'impresa, producendo quei monopoli o posizioni di vantaggio competitivo temporanei che, susseguendosi nel tempo, garantiscono la realizzazione degli interessi composti dell'impresa, della famiglia, del patrimonio, del capitale e degli stakeholders nel lungo termine.

 

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