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     n. 14 anno 2018

Un colpo mortale alla flessibilità del lavoro in Italia

di Luca Failla

di Luca Failla

Il c.d. decreto "Dignità" è stato finalmente pubblicato in Gazzetta Ufficiale sebbene manifestamente mancante dei requisiti di straordinarietà ed urgenza che sarebbero necessari (che avrebbero autorizzato il Presidente Mattarella a non sottoscriverlo) e diventerà Legge una volta compiuto l'iter di conversione parlamentare con le eventuali (ma auspicabili) modifiche che ne riducano l'impatto negativo già denunciato.
Molteplici ahimè sono le novità negative per le aziende (ed i lavoratori) di cui si discuterà in questa newsletter speciale incentrata unicamente, per brevità, sui risvolti strettamente lavoristici: al di là del nome roboante e prospettico non c'è nulla che favorisca né l'occupazione né la Dignità dei lavoratori (e delle imprese, si veda il preambolo), che con questa legge torneranno nel limbo del precariato perenne e del contratto annuale senza rinnovo (che il timore del vizio sulla causale è quasi impossibile da superare).
L'idea-chimera è di "abolire il precariato" per legge e creare - per legge - il posto lavoro "fisso" (da tutelarsi poi con l'art. 18 versione ante Fornero), quasi che abolendo le flessibilità del contratto/somministrazione a termine miracolosamente si creeranno posti di lavoro a tempo indeterminato.
Come ormai noto, il decreto ha re-introdotto la causale per i contratti a termine/somministrazione di durata superiore a 12 mesi (facendoci rimpiangere la legge 230 del 1962 e le sue tante causali chiare e precise) ovvero in occasione dei rinnovi nonché ridotto a 24 mesi la durata massima dei medesimi ed il numero delle possibili proroghe (da 5 a 4). La causale troverà applicazione con riferimento ai contratti ed ai rinnovi/proroghe stipulati il giorno dopo la pubblicazione in G.U. e ciò anche ai contratti precedenti se in essere.
Nessun posto di lavoro stabile verrà creato, al contrario aumenterà il turn over degli assunti a termine trascorsi i primi 12 mesi e così poi il contenzioso anche per supposta frode alla legge (a riprova: l'aumento da 120 a 180 gg. per l'impugnazione dei contratti).
Da ultimo, l'indennità risarcitoria per il licenziamento illegittimo si innalza nel minimo da 4 a 6 mensilità e nel massimo da 24 a 36 mensilità.
Criticabile la scelta nel Decreto di espropriare le parti sociali della propria autonomia - conquistata con l'art. 23 della legge 56/87 - di introdurre a livello aziendale/territoriale - ulteriori causali ad hoc, in aggiunta a quelle ex Lege 230/62, in virtù delle cicliche esigenze aziendali riconosciute dalle stesse organizzazioni sindacali.
Il Decreto non menziona tale possibilità nel timore (?) che si possano così aprire varchi alla rigidità e tassatività della legge.
A quel punto la via saranno i contratti di prossimità ex Lege 148/2011, con cui le parti sociali più consapevoli e responsabili potranno ampliare le (poche) causali oggi previste - in loro deroga - in un'ottica di occupazione concertata e finalizzata alla stabilizzazione reale dei posti di lavoro, dimostrando quanto ingenerosa sia stata la sfiducia dell'attuale Ministro del lavoro nei loro confronti.
Ciò detto, molteplici sono gli effetti nefasti del Decreto.
Quanto alla reintroduzione delle famigerate "causali", le stesse "brillano" per voluta indeterminatezza e pratica impossibilità (esigenze temporanee.. estranee all'ordinaria attività..; incrementi temporanei, significativi e non programmabili..), foriera di indubbio contenzioso dall'esito infausto.
Poi, l'aver equiparato il contratto di somministrazione a termine al contratto a termine - al contrario istituti che hanno logiche sostanziali e giuridiche del tutto distinte a partire dalle rispettive Direttive Europee - rischia di rendere difficilmente agibile la somministrazione (di indubbio valore sociale e legale invece) oltre i 12 mesi sia per causali praticamente inutilizzabili in sè sia perché non chiaramente legate alle esigenze del business delle utilizzatrici quanto confusamente riconducibili nel testo attuale a quello delle Agenzie per il lavoro (il che è una assurdità pratica prima che giuridica).
Sempre quanto alle causali, averle limitate alle proroghe successive ai primi 12 mesi (ovvero ai contratti a termine o somministrazione di durata iniziale superiore) non rende meno gravosa la situazione. Il Decreto impatterà immediatamente sulle future proroghe "innestate" su contratti attivi: per cui varrà sia l'obbligo "causale" per successive proroghe sia il termine massimo - retroattivo - complessivo di 24 mesi, inclusi i periodi/proroghe pregresse dello stesso contratto.
Questo decreto è un colpo al cuore della flessibilità in Italia e non resta che sperare in modifiche nella conversione in Parlamento, così come richiesto da numerose associazioni di imprese, AIDP giustamente in testa.
Posti di lavoro stabili questo decreto non ne creerà (se non per sentenza), al contrario la precarietà aumenterà e così il contenzioso. Ma la Dignità sarà salva.

 Avv. Luca Failla , Founding Partner Lablaw Studio Legale

 

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