hronline
     n. 13 anno 2017

Il Talento non ha età: la sfida della Long TermEmployability richiede nuovi Modelli di Competenza

di Renato Boccalari

• Employability e Long TermEmployability

Secondo una definizione di SumantraGhoshal, famoso studioso ed esperto di management a livello internazionale, l'employability è la capacità:
1. per i giovani, di assicurarsi l'ingresso nel mondo del lavoro grazie a conoscenze e competenze garantite dalla qualità del sistema formativo;
2. per chi ha un lavoro, di mantenerlo nel tempo, rendendo possibile un passaggio da un ruolo a un altro nella stessa organizzazione, e soddisfacendo i requisiti richiesti per ricoprirli;
3. per chi si deve ricollocare, di trovare rapidamente un lavoro, grazie al livello di spendibilità delle proprie competenze.

• Lo scenario di cambiamento e la sfida della Long TermEmployability

Ma oggi è sufficiente parlare di Employability?
Partiamo dallo scenario di grande insicurezza e continuo cambiamento in cui siamo e che accelererà in futuro: come deve pensare, come deve decidere, come deve agire un giovane che sta finendo gli studi, non solo per trovare (si spera) un lavoro domani ma anche per costruirsi un progetto professionale solido, per fare scelte oggi che non gli si ritorceranno contro ma aumenteranno la sua spendibilità ed il suo valore professionale domani? Oppure prendiamo una donna sui quarant'anni, che deve conciliare con grande difficoltà, specie in Italia, le sue giuste aspirazioni di carriera con gli impegni di madre, moglie e spesso, figlia di genitori non più autonomi: quali capacità e motivazioni deve avere per riuscire a mantenersi in un percorso di sviluppo senza finire ai margini in qualche tappa? E veniamo ai nostri "Silver Workers": chi fra di essi può essere considerato un Senior Talent, grazie alla capacità di mantenersi attivo e proattivo, attraverso e nonostante le tante "battaglie" combattute in tutta una vita di lavoro e soprattutto, una volta superata la fatidica soglia dei 60 anni, di superare la naturale depressione che verrebbe a chiunque degli appartenenti alla categoria, spesso trattati senza rispetto per la loro storia e per il patrimonio di competenze che rappresentano per un'azienda che li vede invece come un puro costo da tagliare ed un ostacolo, un "tappo" all'assunzione ed alla crescita dei più giovani?
Sono queste alcune delle domande che i due partner dell'alleanza dovrebbero porsi, da un lato l'azienda, i suoi capi e la funzione HR, dall'altro e soprattutto, le persone stesse,costrette dallo scenario di incertezza degli anni 2020 a mettere in campo capacità, motivazioni e livelli di flessibilità che i giovani "baby boomers" degli anni '60 e '70 dell'altro secolo potevano non avere nella stessa misura.
Ma è esattamente quello che si può e si dovrà sempre più fare in futuro: affrontare problemi cruciali come quello della Long TermEmployability non in modo astratto, burocratico, standardizzato e omogeneizzante, ma il più possibile attento e rispettoso delle persone, delle loro competenze, della loro professionalità e del patrimonio di esperienze che rappresentano.
Ed accettando laicamente, da una parte e dall'altra, che non siamo tutti uguali, non abbiamo e a volte non sappiamo gestire e conservare tutti allo stesso modo le nostre capacità e motivazioni: l'età infatti è sicuramente un fattore rilevante nel rapporto con il lavoro, ma poi trovi ragazzini che hanno la stanchezza di un ottantenne e ottantenni che hanno l'energia e l'entusiasmo di un diciottenne. O ancora, a parità di età, anziani che non hanno la minima intenzione di andare in pensione e che anche grazie a ciò continuano ad essere in gamba e produttivi, ed anziani che sono già in pensione con la mente, anche se formalmente ancora al lavoro.

• I limiti (e i danni) dei Modelli di Competenza e delle prassi HR tradizionali

Da qui la necessità di modelli di individuazione e segmentazione dei talenti che sappia individuare differenze significative all'interno di ogni fascia generazionale, nel modo di rapportarsi al lavoro, alla crescita, all'apprendimento, in una parola a tutte quelle variabili da cui dipende la capacità delle persone di mantenere vitale e spendibile la propria professionalità e, su questa base, avviare azioni di gestione e sviluppo molto più mirate e personalizzate.

E per cominciare, occorre rivedere la strumentazione classica, pervasa e invasa dalla Nine Box Matrix di GE iana memoria, su cui Jack Welch ha basato la sua formula del "Rank and Yank", fatta di periodiche "pulizie etniche" dei "dogs", ovvero dei LowPerformer&Potentials.
Il problema è che la Matrice è nata negli anni 60, nella Old Economy della stabilità e della crescita continua, ma continua tranquillamente ad essere utilizzata da tantissime aziende 50 anni e due ere industriali dopo.
Altro difetto di fondo delle prassi attuali è il modo indifferenziato con cui la Matrice viene utilizzata lungo la vita lavorativa, indifferentemente e indipendentemente dal fatto che si stia parlando di giovani neo assunti, di manager o di futuri leader dell'azienda.
Ma fermiamoci a pensare un attimo: secondo voi il mix di performance, competenze e potenziale di un giovane di 25 anni è lo stesso di un manager o di un professional nel pieno della sua carriera, o del medesimo oltre i 55 anni?
I bisogni e la "fame" di lavoro e di sviluppo è la stessa? Il potenziale è fatto dagli stessi ingredienti? Le motivazioni, ad esempio la voglia di apprendere rispetto al desiderio di trasferire ad altri le proprie competenze, sono le medesime?
E' evidente che ci sono differenze significative, e solo cogliendole nella loro specificità, generazionale ma anche individuale, saremo in grado di dare alle persone risposte che le faranno sentire riconosciute, valorizzate e rispettate.
La stessa "Long TermEmployability" per alcuni è una preoccupazione che guida tutte le scelte di vita e professionali, per altri è esattamente il problema che non si vuol avere più, andando finalmente in pensione.
No dunque ricette uguali per tutti ma, per quanto possibile, libertà per tutti di fare quello che meglio desiderano della propria vita e del patrimonio di esperienze accumulato in una vita di lavoro.
Dovrebbe essere a tutti evidente che se uno decide di tirare finalmente i remi in barca ha tutto il diritto di farlo, ma l'azienda non può comportarsi con lui allo stesso modo con cui pensa di agire nei confronti di una persona che dimostra con tutta evidenza la voglia, la capacità di lavorare e dare il suo ancora valido contributo all'azienda.
Ma il "daemon" della omogeneizzazione è duro a morire in aziende e in HR Department oramai globali, che tendono a vedere nei Modelli di Competenza e nelle relative matrici di segmentazione solo un utile strumento di allineamento delle culture locali a freddi e distanti modelli globali o, peggio, per attuare tagli dei costi del personale e piani di "rightsizing" indiscriminati.

• Per un nuovo Modello di Competenze e Individuazione dei talenti in chiave generazionale

E allora, visto che il passato e molto del presente non ci aiuta a costruire il futuro, proviamo a costruirlo noi, con la nostra testa e partendo dalla Long TermEmployability, come driver strategico a cui agganciare le caratteristiche personali, psicologiche e professionali su cui costruire le segmentazioni delle generazioni al lavoro.
Che è come dire: proviamo a immaginare quali "elementi chimici" mettere nella nostra "pila", per dare la carica energetica che serve a gestire la propriaimpiegabilità, a 20 anni, a 40, piuttosto che a 60 anni e partendo dallo scenario socio-economicodi grande incertezza che abbiamo davanti, non dalla storia che abbiamo alle spalle.
Usando la metafora dell'Ascensore sociale, negli anni '60 e del Boom economico l'"Ascensore sociale" funzionava e bastava avere la voglia di salirci, ad esempio decidendo di andare al Liceo Classico anziché all'Istituto Tecnico, come chi scrive, o di andare all'Università e finirla: e sapevamo tutti che quell'ascensore ti avrebbe aiutato a salire.
Oggi quell'ascensore non c'è più, ma non per questo i ragazzi in gamba hanno rinunciato a cercarlo e di sicuro devono avere un'"attrezzatura", psicologica e personale molto più robusta e resiliente, ad esempio una capacità di non demotivarsi, di non deprimersi, di non smettere di cercare vie e lavori alternativi, di tollerare l'incertezza, di rinunciare all'idea del posto sicuro a favore di una "carta di credito" personale, fatta di esperienze e di un CV spendibile e che cresca di valore nel tempo.
Questo è lo scenario che abbiamo davanti, e da questo scenario dobbiamo partire per derivare quelle che Boyatsis chiamerebbe le "nuove competenze" per affrontare la sfida della Long TermEmployability, in un mondo che di "Long" ha sempre meno in tutti i sensi: per sintetizzare, un misto di flessibilità, agilità di apprendimento, resilienza , self leadership, imprenditività, visione e pianificazione di lungo termine (sì avete capito bene, perché per affrontare il cambiamento e l'incertezza occorre "più progetto" e non meno), che guarda caso sono anche le caratteristiche che le stesse organizzazioni devono possedere per vincere la sfida della competizione globale e mantenere la leadership nel loro business.
In altre occasioni ho paragonato i lavoratori del futuro ad atleti che devono passare dal mezzofondo alla maratona. Ma in realtà non è così o sarà così per sempre più pochi: il lavoro assomiglierà invece e sempre più a discipline come il Pentathlon o addirittura il Decathlon, dove non serve solo resistenza, ma anche flessibilità e capacità di passare rapidamente dalla corsa, alla bicicletta al nuoto, ovvero di muoversi fra lavori e aziende molto diverse, ma mantenendo chiaro in testa il "filo rosso" che le lega assieme, e che trasforma un insieme di scampoli disparati di tessuto in un abito professionale elegante e dotato di stile e personalità.
Ma la capacità di "passare dalla corsa a piedi alla bicicletta" da sola non basterà, non sarà sufficiente una flessibilià "reattiva" di fronte agli eventi ed al cambiamento. Come insegna ad esempio il caso di Macron in Francia, quando la storia rischia di travolgerti, l'unico modo per evitare di essere investiti è farla tu la storia, diventare tu il cambiamento, cambiando il punto di vista, sparigliando le carte, inventando un nuovo gioco: troppo difficile? Forse, ma il punto è che in ogni caso non possiamo esimerci da questa sfida, pena essere messi ai margini, del mondo del lavoro per le persone, dell'arena competitiva per le organizzazioni.
Chi ha in mente la storia delle teorie e dei modelli manageriali, si sarà reso conto della distanza abissale che intercorre fra l'"attrezzatura" che servirà per muoversi in questo mondo sempre più VUCA (termine ripreso in USA dagli studi strategici militari, che descrivono l'attuale scenario internazionale come caratterizzato da Volatility, Uncertainty, Complexity e Ambiguity), rispetto ai modelli manageriali codificati negli anni '30 del Novecento dalla Harward Business School, secondo i quali il bravo manager doveva semplicemente saper pianificare, organizzare, decidere e controllare: qui siamo ad un altro e più profondo strato della mente umana, siamo al passaggio dalle Capacità alle Meta Capacità, dal Management alla Leadership, dalla gestione efficiente delle risorse esistenti in un mondo di certezze e stabilità, alla creazione di nuove visioni, di nuovi modi di vedere le cose, che creano e non subiscono il cambiamento, per rispondere proattivamente ad un mondo sempre più incerto e mutevole.
La sfida della Long TermEmployability in questo scenario di cambiamento e di incertezza richiede dunque a noi persone e alle organizzazioni di attingere a tutte le risorse e le capacità di cui siamo in possesso, sia per mantenerla nel breve sia per adeguarla e farla evolvere nel lungo.
Per dirla con tre semplici parole, occorrono "Testa", "Cuore" e "Pancia" ovvero e detto in termini più tecnici (e quindi sicuramente meno comprensibili), tutte tre le parti fondamentali della mente e del cervello umano: Capacità Cognitive e Ideative razionali (che stanno in prevalenza nell'emisfero sinistro e nella zona frontale), capacità Relazionaliedanalogiche (che stanno in prevalenza nell'emisfero destro) e capacità di gestione delle emozioni,di prendere rischi, tollerare l'incertezza, affrontare il cambiamento, tener botta al conflitto, tener duro, di intuire e agire senza paura e con coraggio (che sono qualcosa di più profondo e a diretto contatto con il sistema nervoso simpatico e parasimpatico, e che qualcuno descrive con altri attributi, che cominciano per Pa..., ma che sono situati un po' più in...basso).
E queste qualità sono sì la nostra migliore "assicurazione sulla vita" professionale, ma proprio per questo possono e debbono anche evolvere nel tempo, per affrontare sfide di lavoro e di "impiegabilità" che sono molto diverse nell'arco della vita e della carriera, dai suoi inizi, alle fasi chiave in cui si sviluppa, alle fasi della maturità, in cui sempre più spesso occorre rigenerarsi e reinvestarsi.
E' seguendo questo spirito e questo "filo rosso" che va costruito il nuovo Modello di Competenze in chiave generazionale e a sostegno della Long TermEmployability: la sfida che già oggi e senza che ce ne siamo accorti stiamo affrontando e che sarà l'inseparabile compagna della nostra vita professionale per molti anni ancora.

• Conclusioni

Riassumiamo i punti essenziali, anche ai fini pratici di aiutare i professionisti HR e le persone stesse a dotarsi di una nuova "mappa" per individuare le capacità ed il tipo di talento necessario per muoversi e mantenersi professionalmente vivi e spendibili nei territori del futuro prossimo venturo:

  • Gli attuali e più diffusi modelli di Competenza e di individuazione dei talenti sono figli di un'altra epoca industriale e non rispondono alle sfide che pone lo scenario di continuos and disruptive change
  • Le prassi HR prevalenti preferiscono utilizzare strumenti di individuazione e segmentazione unici, standardizzati e omologanti, che non colgono le differenze generazionali e di capacità necessarie per affrontare la sfida della Long TermEmployability nelle diverse fasi di vita lavorativa
  • Per costruire e mantenere viva nel tempo la propria professionalità saranno sempre più importanti alcune doti di fondo, di energia, agilità, flessibilità, imprenditività, visione e progettualità, cioè quelle meta-capacità di base da cui dipende lo sviluppoe l'aggiornamento continuo della professionalità e del knowhow.
  • Queste qualità personali, fatte di "Testa", "Cuore" e "Pancia" sono quelle che caratterizzano e distinguono il talento nelle diverse fasi di vita e nelle diverse generazioni al lavoro: saperle riconoscere, misurare e sviluppare meglio degli altri diventerà in futuro un autentico fattore di successo, per le persone e per le organizzazioni

Renato Boccalari, Senior Advisor Human Capital di GSO Company

 

  • © 2024 AIDP Via E.Cornalia 26 - 20124 Milano - CF 08230550157 - tel.02/6709558 02/67071293

    Web & Com ®