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     n. 19 anno 2017

La leadership e il tempo.
Che atteggiamento abbiamo nei suoi confronti? Con quali implicazioni per le persone?

di Gabriele Gabrielli

di Gabriele Gabrielli

Ci sono leader e leadership che non lasciano il segno. Si bruciano presto in quest'epoca che cerca con furore notizie con cui attrarre l'attenzione, bene tra i più desiderati. Sono effimeri. Un progetto, un'idea sono tali quando passano velocemente e si consumano con rapidità, lasciando poche tracce della loro presenza che appare fragile e poco consistente. Leadership di questa natura, è naturale, che si dimentichino subito o, peggio, si vogliono dimenticare in fretta. Finiscono così per restare travolte sotto il peso soverchiante del tempo. Il tempo: ecco una lente interessante attraverso la quale guardare la leadership nelle organizzazioni, una prospettiva ineludibile. Allora è bene domandarsi quale sia la nostra relazione con il tempo. Che atteggiamento abbiamo nei suoi confronti? Con quali sentimenti ne parliamo?

Leader fuori tempo
Conosco leader ossessionati dal suo scorrere. Un'ossessione che li fa vivere "fuori del tempo", soltanto preoccupati di governare il futuro che ancora non c'è, ma che già paventano non sia loro e possa sfuggire di mano. Sono leader con una postura sbilanciata in avanti. Con loro non riusciamo a valutare lo stato dell'arte di nulla, di nessun programma, di quello che sta accadendo nell'impresa; del presente, con le sue gioie e le sue preoccupazioni che bisogna gestire e farsene carico. Sono leader assenti, in fuga dalle responsabilità del quotidiano e dal flusso organizzativo che pulsa come un cuore, con il suo ritmo rassicurante ma anche con le sue accelerazioni e decelerazioni che rendono instabile il clima nelle imprese e negli altri luoghi dove si producono idee, beni, servizi, legami. Con leader di questa natura non riusciamo a parlare nemmeno di quello che c'era prima, da dove si viene. I vissuti che portano con sé le persone, infatti, non costituiscono materiali interessanti per l'organizzazione, piuttosto appaiono un appesantimento da tagliare con le forbici dell'indifferenza. Insomma, nell'orizzonte di leader di questa natura che tirano a sé disperatamente il domani non c'è neppure il passato, sacrificato anch'esso sull'altare del futuro che incombe e che bisogna a tutti i costi afferrare.

Leader schiacciati sul presente
Conosco però anche leader ossessionati dal presente, dal qui e subito. Si inchiodano sul momento, vedono soltanto l'attimo. Sono immobili, tengono la presa su quello che sta accadendo, schiacciati su un orizzonte puntuale, senza un prima e senza un domani. I più radicali ne vanno orgogliosi, vantano di essere liberi con questo modo di fare, permeabili a ogni influenza che possa distrarli dal qui e ora, dal tutto e subito. Credono davvero di essere loro a pilotare, non si fanno di certo portare da automatismi che mettono a nudo e disinnescano, né subiscono le sbandate deliranti (perché fuori dal solco) che i sogni senza luogo (utopie) possono procurare.

Leader prigionieri del passato
Conosco poi anche leader imprigionati nel passato, chiusi ermeticamente nella bolla dei ricordi, avviluppati in tutto ciò che l'azienda è stata e non è più. Stazionano grevemente nel passato e per questo assenti: non si sono messi in viaggio. I più radicali vedono di cattivo occhio ogni innovazione, perche non potrebbero migliorare mai un bel niente rispetto ai successi già ottenuti.

Spazio o tempo?
Cosa accomuna questi leader? Cosa li rende simili pur così differenti? Se ci pensate, si preoccupano tutti di occupare uno spazio, che sia il futuro, il presente o il passato importa poco. Vogliono accaparrarsene i frutti, che siano rendite, dividendi e incentivi o future poco importa. Cercano comunque di piegare il tempo, come il fabbro con il ferro, provando a ridurlo a una sola dimensione e mortificarne la sua vocazione che invece è "estesa", costringendolo così entro lo spazio che vuole affermare invano la sua supremazia. Con il tempo, invece, con tutto il tempo, bisogna fare i conti. La leadership non effimera mette al primo posto il tempo, anziché spazi da occupare per farli diventare zone di comfort ed esercizio di potere. La leadership che dura costruisce l'ordito della vita con il filo particolare di una sapienza antica che genera legami solidi, attivando rinvii continui e accoglienti tra passato presente e futuro. Perché il tempo, scrive Papa Francesco nella Evangelii Gaudium (222-225), è superiore allo spazio.

La leadership genera possibilità
Riflettiamo su quanto può essere amara l'esperienza di una persona - immaginate per un momento il dialogo tra un capo e un suo collaboratore - che si sente privata del passato (il capo le dice: "l'esperienza che hai fatto non è importante per noi"), oppure che si sente schiacciata dal presente (il capo non fa altro che urlarle addosso: "voglio risultati immediati") o infine che si sente derubata del futuro (il capo cinicamente le dice: "non ho progetti su di te").

I leader che hanno un cattivo rapporto con il tempo, così, chiudono ogni possibilità negando qualsivoglia spazio progettuale, privano di respiro chi sta loro intorno, togliendo ossigeno. Rinchiudono tutto faticosamente in uno spazio angusto e limitato, avendo cura di tapparlo con il peso assurdo della loro inconsistenza.

Gabriele Gabrielli
Adjunct Professor di HRM and Organisation alla LUISS Guido Carli e Professor of Practice in People Management alla LUISS Business School
Presidente Fondazione Lavoroperlapersona (www.lavoroperlapersona.it)
 

 

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