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     n. 10 anno 2018

Licenziamento per scarso rendimento: legittimo solo se intimato a fronte di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del lavoratore

di Marcello Floris

di Marcello Floris

La Corte di Cassazione ha recentemente ribadito questo principio con l'ordinanza n. 10963 dell'8 maggio 2018, con la quale, da una parte, ha confermato la natura ontologicamente disciplinare del licenziamento per scarso rendimento e, dall'altra, ha rilevato che le assenze per malattia - per quanto frequenti in un determinato arco temporale e idonee a comportare degli scompensi organizzativi per il datore di lavoro - non possano giustificare il recesso datoriale prima dello scadere del periodo di comporto.

La fattispecie sottoposta all'esame della Corte ha ad oggetto l'esonero dal servizio per scarso rendimentoex art. 27, co. 1, lett.d), r.d. n. 148 dell'8 gennaio 1931 (norme in materia di rapporto di lavoro del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione) intimato da un'azienda che svolge servizio di pubblico trasporto ad un proprio dipendente,in relazione ad una serie di assenze giustificate da certificati di malattia che, per il loro numero e collocazione temporale, erano state ritenute idonee a determinare la completa inadeguatezza della prestazione del lavoratore.

Secondo la norma citata, l'azienda può procedere all'esonero nell'ipotesi di "scarso rendimento" o nel caso di"palese insufficienza imputabile a colpa dell'agente nell'adempimento delle funzioni del proprio grado".Nel caso di specie, la società affermava la sussistenza dell'ipotesi di "scarso rendimento" in ragionedell'impossibilità oggettiva per la società di fruire della prestazione del lavoratore a causa delle reiterate e improvvise assenze del dipendente, non conciliabili con un corretto funzionamento del servizio pubblico.

Sia in primo sia in secondo grado le domande del lavoratore sono state ritenute fondate e, conseguentemente, l'esonero di servizio è stato dichiarato illegittimo, sull'assunto che la suddetta disciplina speciale configuri un'ipotesi soggettiva di giustificato motivo di recesso, necessariamente caratterizzata da inadempimento del lavoratore, che come tale non può discendere da malattie giustificate dal medesimo.

Tale principio è stato confermato dalla Corte di Cassazione, dinanzi alla quale la società aveva proposto ricorso reiterando le difese già svolte nei gradi di giudizio precedenti in relazione alla natura oggettiva del recesso intimato e all'idoneità delle assenze per malattia a giustificare lo stesso.

Secondo i giudici della Corte, invece, l'esonero per scarso rendimento è caratterizzato da un inadempimento del lavoratore di carattere notevole e che sia a lui imputabile (da ultimo, Cass. n. 3855 del 2017); l'inadempimento rilevante a tal fine, che può consistere nell'inadeguatezza qualitativa o quantitativa della prestazione, non può quindi tener conto delle assenze per malattia e permessi, ma delle sole diminuzioni di rendimento determinate da imperizia, incapacità e negligenza del lavoratore. Le assenze per malattia, infatti, possono giustificare il recesso datoriale solo se in numero tale da determinare il superamento del periodo di comporto, conformemente a quanto previsto dall'art. 2110 c.c. in materia di licenziamento per eccessiva morbilità. In assenza dei suddetti presupposti, l'assenza per malattia non può aver alcuna rilevanza disciplinare - e non può integrare l'ipotesi di "scarso rendimento" - perché non costituisce inadempimento imputabile al lavoratore (conformi sul punto: Cass. n. 16472 del 2015; Cass. n. 16582 del 2015; Cass. n. 17436 del 2015).

Pertanto, la legittimità del licenziamento per scarso rendimento è subordinata alla rigorosa prova, a carico del datore di lavoro, della colpevole violazione da parte del lavoratore dell'obbligo di corretta esecuzione della prestazione lavorativa che non potrà, però, meramente consistere nel mancato raggiungimento di specifici obiettivi di lavoro e/o produzione. Infatti, secondo quanto affermato dalla Corte, nel contratto di lavoro subordinato il prestatore di lavoro non si obbliga al raggiungimento di un risultato, ma alla messa a disposizione delle proprie energie, con la conseguenza che il mancato raggiungimento del risultato prefissato non costituisce di per sé inadempimento. Tuttavia, laddove siano individuabili dei parametri per accertare che la prestazione sia eseguita con diligenza e professionalità medie, il discostamento dai detti parametri potrà essere rilevante ai fini della definizione dello scarso rendimento, in quanto segno o indice di non esatta esecuzione della prestazione (Cass. n. 14310 del 2015).

In conclusione, alla luce delle motivazioni che precedono, l'ordinanza in commento, nel delimitare l'ambito di operatività del recesso per scarso rendimento, sembra definitivamente superare quell'orientamento minoritario - recentemente affermato da Cass. 8678 del 2014 e da alcune decisioni di merito - secondo cui le assenze per malattia reiterate e ravvicinate nel tempo, seppur incolpevoli, possono avere rilevanza ai fini di determinare lo scarso rendimento del lavoratorese idonee, dal punto di vista oggettivo, a dar luogo a una prestazione lavorativa non sufficientemente e proficuamente utilizzabile per il datore di lavoro.

Tale orientamento, infatti, presupponendo una nozione "oggettiva" dello scarso rendimento, appare in netto contrasto con i principi sopra affermati dalla giurisprudenza maggioritaria di legittimità, che, al contrario, ai fini della legittimità di tale ipotesi di recesso, richiede invece la sussistenza di un inadempimento imputabile al lavoratore ed esclude la rilevanza in tal senso di fattispecie - quale l'assenza giustificata dal lavoro - che non siano valutabili come colpevoli.

Il ragionamento in sé sarebbe condivisibile se non fosse purtroppo invalso nella pratica il malcostume di valersi delle assenze per malattia anche in casi in cui una effettiva patologia manca.

avv. Marcello Floris partner Co Head Employment and Pension, Eversheds Sutherland 

 

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