hronline
     n. 10 anno 2016

Le grandi narrazioni aziendali non ci sono più. Neanche la Gestione, sacrificata sull’altare del presente

di Gabriele Gabrielli

di Gabriele Gabrielli

"Quando la gente ha smesso di guardare avanti, si è ritrovata a contemplare il presente...". Lo scrive Douglas Rushkoff, uno dei maggiori esperti al mondo sul rapporto tra tecnologia, società e cultura, autore del saggio Presente continuo. Quando tutto accade ora (Codice edizioni, Torino, 2014). Ci ritroviamo così, dopo aver buttato dietro le nostre spalle tutte le grandi narrazioni del ventesimo secolo. Chi è realmente più interessato - si domanda Rushkoff - a investire nel futuro della società? Pochi in verità, perché i più - armati fino ai denti con gli strumenti della retorica che accompagna la dittatura del presentismo - vogliono vivere l'attimo, qui, ora, nel presente. Tutto allora diventa reality. Non solo i programmi televisivi che ricercano senza pudore ogni forma di sensazionalismo, nuova fonte di attenzione per spettatori grandi e piccoli, ma anche la vita. In verità, anche il lavoro e le sue dinamiche sono sempre più schiacciate sul presente. Siamo impegnati a cercare le narrazioni dell'attimo, forgiate su quello che esige il momento, non ci interessano più le trame delle storie con i loro esiti immaginati o desiderati. Tutti così possiamo diventare storyteller potendo far mostra sul mercato mediatico dei nostri atteggiamenti e comportamenti, emozioni e stati d'animo, reazioni e risposte che siamo capaci di giocare sull'attimo. Senza storia. Che altro può contare? Perché interrogarsi da dove veniamo? E' davvero importante cosa vogliamo fare? Interessano i nostri sogni e il loro sapore utopico? Le grandi narrazioni delle imprese hanno ceduto così il passo al gigantismo del presente. Le conseguenze? Sono numerose. Mi piace riflettere su una, in particolare, cui sono particolarmente legato e, insieme con me, tante persone che hanno vissuto le grandi narrazioni aziendali lavorando nel mondo HR. Scomparse queste, con le loro trame lineari alimentate dall'esperienza del passato e dal sogno di un futuro raggiungibile, anche i custodi di queste grandi storie d'impresa sono scomparsi, insieme ai loro mestieri e strumenti. Quelli che ancora sopravvivono non sono più necessari. Che valore possono dare? Meglio che si reinventino in altro. Le tante donne e uomini che hanno dedicato la loro vita professionale a scoprire e coltivare le storie delle persone nelle imprese, a valorizzarle e rispettarle non ci sono più. Erano le donne e gli uomini che - in grandi scuole come l'Olivetti, la Sip-Telecom e altre - si occupavano di Gestione, un termine ormai desueto o che comunque ha perso il suo significato originario. Cosa facevano? Aiutavano - muovendosi all'interno delle Direzioni del Personale e delle Risorse Umane - a scrivere la trama delle storie professionali di dipendenti, tecnici, quadri e dirigenti dell'impresa. Allora importavano. C'era un prima e ci sarebbe stato un dopo. Nessuno sapeva come sarebbe andata a finire ma il mondo, anche quello aziendale, era un luogo di possibilità, un territorio dove costruire pezzi d'identità della nostra vita. Gli strumenti principali dei Gestori erano l'ascolto e l'interesse genuino per le persone. Le fonti di gratificazione erano numerose, tra queste aveva un sicuro valore - anche perché accarezzava la vena narcisistica che tutti abbiamo - la grande considerazione che gli altri, colleghi, manager di linea e capi, riservava loro. Erano sostenuti, poi, da quella motivazione particolare che accompagna chi è consapevole di svolgere un lavoro utile per gli altri, un servizio che non si fa "prezzare" facilmente, un lavoro proprio per questo "senza valore". Chi si occupava di Gestione rendeva possibile lo svolgimento delle storie dei collaboratori dell'impresa nel tempo, nelle pieghe mutevoli dell'economia, del business, delle ristrutturazioni e riorganizzazioni, rileggendo continuamente i valori e i principi della grande narrazione di cui erano protagonisti.
Viene ora da domandarsi: è davvero possibile progredire umanamente schiacciati nell'angusto spazio dei reality aziendali che osannano il presente, il momento, sacrificando la nostra progettualità che può aprirsi solo se affidata alla cura generativa del tempo? Come possiamo salvarci se annulliamo la prospettiva temporale, "termine psicologico che designa il processo attraverso il quale organizziamo le nostre esperienze personali in orizzonti e categorie temporali" (Zimbardo P., Boyd J., Il paradosso del tempo, Mondadori, 2009), sul presente, sul momento, sull'istante? Studi di discipline diverse ci segnalano, in effetti, come stia prevalendo in tutti gli ambiti un orientamento al presente di tipo edonistico, centrato sui desideri che esigono il soddisfacimento immediato dei piaceri, sul gusto del rischio (basti pensare al fascino che riscuotono le prove estreme) e sulla ricerca di sensazioni (gli approcci della customer experience e della employee experience ne sono significativi testimoni). Un orientamento che finisce per esaltare l'individualismo concedendo poco o nulla a narrazioni di altro genere. Sull'altare del presente siamo così disposti a sacrificare il passato, che non consideriamo eredità, ma anche il futuro che viene annullato nell'unica verità ammissibile, quella del presente. I suoi riti si consumano attraverso gli inni della velocità di reazione (senza pensiero, senza valutazione delle conseguenze) e di adattamento alla realtà (agilità), non è prevista una seconda chance, tutto si consuma nell'attimo: quello di un colloquio, di un meeting, di un video, di un post o di un messaggio. E' lo spazio del momento che brucia tutto, anche il tempo. Ma il mondo del reality, non riconoscendo cittadinanza al passato nè al futuro, che legami potrà costruire? Di che vivrà la persona nei contesti organizzativi se la priviamo delle relazioni? Continuo a pensare che le imprese, e noi tutti, avremmo bisogno per star bene di luoghi dove poter costruire storie e generare l'incontro tra persone.

Gabriele Gabrielli
Docente Università LUISS Guido Carli
Presidente Fondazione Lavoroperlapersona
 

 

  • © 2024 AIDP Via E.Cornalia 26 - 20124 Milano - CF 08230550157 - tel.02/6709558 02/67071293

    Web & Com ®