hronline
     n. 17 anno 2016

Transizioni di carriera

di Gabriele Gabrielli

di Gabriele Gabrielli

Sempre più numerose sono le storie di persone che intraprendono nuove carriere. Donne e uomini di tutte le età che decidono di lasciare, anche dopo molti anni, il loro lavoro per fare altro, spesso tutt'altro impegnandosi in attività profondamente diverse. Cosa li spinge a questo cambio di carriera? Talvolta la causa risiede in fattori esterni come profonde ristrutturazioni, vendita o chiusura dell'azienda. Ci si trova così a doversi reinventare l'identità lavorativa, accogliendo anche prospettive di carriera in qualche caso mai immaginate, oppure coltivate in silenzio per lungo tempo ma ritenute soltanto un sogno. Reinventarsi appare dunque termine ambiguo e dai molteplici significati. Può nascondere il disagio causato da una situazione imprevista e subita che ha spezzato il disegno lineare di un percorso di carriera. Un cambiamento associato all'uscita da un periodo buio, dove si è temuto di non avere le forze necessarie, gli strumenti e le competenze per immaginare se stessi in ruoli e contesti non conosciuti e praticati. Altre volte però ci si reinventa per altre ragioni. Quando per esempio siamo noi stessi a decidere di cambiare per intraprendere una carriera più risuonante con le nostre motivazioni; un percorso accarezzato ma sempre rinviato. Reinventarsi, in questo caso, assomiglia più a un "ritrovarsi", un ritornare a casa. Queste storie, insieme alla loro crescente diffusione, supportano empiricamente alcune idee organizzate nella teoria della boundaryless career, secondo la quale quest'epoca turbolenta e imprevedibile fa cadere i modelli tradizionali di carriera pensati "dentro" le organizzazioni, lasciando moltiplicare invece percorsi non tradizionali, ibridi, capaci di dar voce anche ad aspettative diverse. Una prospettiva teorica che, opportunamente potenziata, lascia sul terreno anche il vecchio modello "age and stage", al quale è associata l'idea che ci sia una sola carriera per ogni età, immaginando naturale e irreversibile un processo di disimpegno progressivo delle persone legato a stereotipi come quello secondo cui la motivazione (e quindi la performance) cala con l'avanzare dell'età. Teorie e modelli che si devono arrendere di fronte a una realtà ben diversa caratterizzata dalla vivacità di carriere reinventate e non tradizionali, da "transizioni" verso esperienze di self-employment, start-up sostenute da un forte senso di autonomia e indipendenza.
Le questioni teoriche e pratiche sollevate da storie come queste sono molte. Ci sono competenze specifiche che supportano il successo di questi non tradizionali modelli di carriera? Il "reinventarsi" è associato all'esito del combinarsi di diversi fattori culturali e ambientali o è legato piuttosto a caratteristiche più personali? Possiamo prepararci a cambiare carriera, come? Sto scrivendo questo contributo mentre rifletto sul titolo di un prossimo incontro della rete PWN Global che modererò a Roma il 27 ottobre: Reinventing Yourself. Mi ha fatto tornare in mente il libro di Herminia Ibarra scritto quasi quindici anni fa (Working Identity. Unconventional Strategies for Reinventing Your Career, Harvard Business School Press, 2002 - trad. it. Identità al lavoro. Strategie non convenzionali per trasformare la carriera (e la vita), RCS, Milano, 2006), un volume che ha fatto e sta facendo discutere ancora molto in ambito accademico e manageriale. La tesi che propone è questa: cambiare carriera vuol dire cambiare se stessi. L'idea della studiosa è semplice: "poiché in noi convivono molti sé, il cambiamento non è un processo di sostituzione di un'identità all'altra, ma un processo di transizione in cui riconfiguriamo l'intera gamma delle possibilità". Il cambiamento di carriera, allora, non può poggiare su un processo di riflessione e pianificazione delle azioni (strategia convenzionale), piuttosto deve fondarsi sul fare e sulla pratica dell'esplorazione, indubbiamente un metodo non convenzionale. Secondo la Ibarra, in poche parole, noi scopriamo le vere possibilità di cambiare carriera, di reinventarci, facendo non pensando. Insegnano questo le 39 storie di transizioni di carriera raccontate nel libro; sollecitano a sperimentare, a praticare le molte possibilità che abbiamo e che soltanto consentiranno di conoscerci davvero. L'esortazione è dunque a rovesciare "la logica tradizionale che ci impone di pensare prima di fare". Sono evidenti le implicazioni di questa prospettiva esplorativa e del cambio di punto di vista che comporta. Anche per l'executive education. Come sbloccare manager e lavoratori facilitandoli lungo un processo di presa in cura di se stessi attraverso la sperimentazione delle possibilità? Come comprendere che arrivare dove si vuol arrivare può richiedere percorsi non lineari, progetti laterali e incarichi diversi? Il reinventarsi passa sempre per l'esperienza della transizione, dell'abitare un territorio di passaggio, non chiaro, fatto di componenti anche contraddittorie, di apprendimenti non convenzionali. In questa prospettiva, l'incontro con l'Altro può diventare - nella sua più concreta espressione di possibilità - occasione, spinta e fonte di cambiamento.

Gabriele Gabrielli, Presidente Fondazione Lavoroperlapersona@gabgab58 

 

  • © 2024 AIDP Via E.Cornalia 26 - 20124 Milano - CF 08230550157 - tel.02/6709558 02/67071293

    Web & Com ®