hronline
     n. 15 anno 2015

I “trucioli” della fiducia
Cogliere l’opportunità della Digital Transformation per tenere insieme generazioni, culture e saperi

di Gabriele Gabrielli

di Gabriele Gabrielli

Sto sfogliando un bel libro fuori commercio che racconta con belle foto e didascalie l'opera di Saverio Pastor, falegname e "remèr" di Venezia, che da quarant'anni vive tra remi e forcole diventate famose in tutto il mondo. Non lo conosco personalmente, ho ascoltato la sua storia da una mia amica, Chiara. Sono rimasto affascinato, mi prende il cuore sentir parlare di storie di cura e di passione nel lavoro. Che è cura soprattutto di persone, di clienti, di apprendisti che osservano famelici il maestro mentre lavora, per "rubare il mestiere con l'occhio", avrebbe detto mia nonna. Anche la dedica mi colpisce: "gli amici degli amici sono miei amici... a presto stop!!" Spero di conoscerlo davvero, stringergli la mano e gustare i profumi della sua bottega che mi sono molto cari, essendo cresciuto a casa dei miei con davanti la bottega operosa dei falegnami del paese. Sto riflettendo su quanto siano fertili le reti fondate sulla fiducia. La fiducia è un po' come una corda. Scrivono Luca Alici e Silvia Pierosara: "essa è composta di tanti fili e si candida a renderli solidi e a farli stare insieme; al contempo, è capace di sostenere le relazioni fra ambienti profondamente differenti tra loro" (Alici L., Pierosara S., Generare fiducia, Franco Angeli, Milano 2014). La corda è capace di "fare rete", di costruire legami, tenere insieme relazioni. Occorre tanta corda allora nel tempo che viviamo. Anche dentro le imprese. Non basta la facilità di connessione cui ci stiamo abituando. Le tecnologie wi-fi infatti, pur straordinarie, non possono sostituirsi alla solidità della tessitura che lega insieme i fili della corda della fiducia. Domandiamoci allora, entrando e uscendo dalle metafore di questa riflessione: cosa significa oggi "fare rete"? C'è un campo dell'agire organizzativo che ci sfida a farne esperienza: legare digitale e analogico, rendere fecondi questi due saperi e culture, non opporli ma tenerli insieme, collegare prospettive e aspettative generazionali, riempire di senso le distanze. Per le donne e per gli uomini che si occupano di persone e sviluppo organizzativo nelle imprese, questa è la sfida più impegnativa e interessante che ci propone la Digital Transformation. Un lavoro che attribuisce loro la responsabilità del "prendersi cura" dell'innovazione per accoglierla e comprenderla, gestendone con attenzione e premura le molteplici implicazioni. Non solo quelle utili a reinventare modelli di business e a individuare nuove fonti di ricavi e margini, ma anche quelle che toccano direttamente le persone, la loro vita dentro e fuori il lavoro. Una responsabilità importante, un contributo - questo sì - davvero strategico. Si tratta di un percorso di cambiamento per cogliere, in questo nuovo e straordinario appuntamento della modernità, un'occasione di valorizzazione e potenziamento delle capacità umane, per costruire "corde" intergenerazionali e culturali tessendo fiducia. Facciamo quindi attenzione a non lasciare sul pavimento l'ingombro dei "trucioli" maleodoranti prodotti da scelte non inclusive e senza sapienza. Un odore ben diverso dal profumo che emanano i "quarant'anni di trucioli" usciti dalla passione e cura del "remèr" Saverio raccontati nel volume che ha ispirato questi pensieri (1975-2015 Saverio Pastor quarant'anni di trucioli, giugno 2015).

Gabriele Gabrielli, Università Luiss Guido Carli
twitter@gabgab58
Presidente Fondazione Lavoroperlapersona (www.lavoroperlapersona.it)

 

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