hronline
     n. 13 anno 2014

Tempo e management

di Gabriele Gabrielli

di Gabriele Gabrielli

Mantenere la giusta distanza è regola di molti mestieri. Per il giornalista è un dovere per raccontare i fatti, per cogliere i dettagli, per capire i fenomeni. Non essere lontano dagli accadimenti, così da non sembrare freddo e indifferente, ma nemmeno avvicinarsi troppo, così da non lasciarsi coinvolgere e rimanere obiettivi. Il giornalista non può rompere questo sacro patto, perché il rischio è troppo alto: indebolimento delle inchieste, cronaca senza pathos, notizie che non interessano a nessuno. Il giornalista però non è l'unico a dover rispettare questo spazio tra il soggetto e l'oggetto delle sue attenzioni.

Possiamo dire che lo stesso accade anche per altri mestieri. Anche l'attore, l'interprete, colui che più di tutti diventa oggetto e strumento stesso della propria professione, per fare un altro esempio, deve essere in grado di "straniarsi", per dirla come Brecht, ovvero di non immedesimarsi affatto nel proprio personaggio, ma di vestirne i panni rimanendone al di fuori, con analiticità e spirito critico. Un fenomeno portato ad estreme conseguenze nell'arte della comicità. L'attore comico dialoga col suo pubblico in maniera interattiva, con un occhio lo guarda, con l'altro lo sente. Ne percepisce l'umore, l'odore, ne percepisce istintivamente il ritmo, e a esso si adatta, per mantenere costante il dialogo e sapere quando è il momento di alzare i toni, andare più lenti, accelerare una battuta, fare quella pausa lunga proprio quel tempo lì. Al giusto tempo. E giù a risate. Sul palco, così come nella vita, esistono le stesse poche importanti regole. Il tempo di entrata, quel battere e levare così istintivo in un comico, non lo si impara dall'oggi al domani, fa parte di quella capacità innata di essere empatici col mondo, di essere animali sociali. Ci si può allenare però per raffinare la nostra capacità d'interazione, per saper cogliere le sfumature, insomma per saper "entrare a tempo".

Anche nelle imprese e negli altri luoghi di lavoro succede la stessa cosa. Il tempo e lo spazio assumono infatti un ruolo fondamentale nella regolazione e gestione della nostra vita sociale. E l'uomo, sin dai tempi di Aristotele, ha analizzato, ponderato, vivisezionato queste due categorie dell'essere e dell'agire. La filosofia ne ha cercato il legame più per trovare il ritmo del loro viaggiare insieme. Perché il tempo, è la misura dello spazio e del suo muoversi e mutare "secondo il prima e il poi". E' ciò che sa rendere fluido il solido, come dice Zygmunt Bauman. E' quel guizzo di flessibilità, di fronte all'immobilità di uno spazio fermo.

Ma c'è un giusto tempo per l'agire? E c'è un giusto spazio per muoversi? E giusto per chi? Da chi è che bisogna distanziarsi o avvicinarsi per capire quando è il momento di intervenire, di entrare in un dialogo già iniziato, di immergersi in maniera più intelligente nel flusso organizzativo? E soprattutto, il giusto momento per chi? Per me, per l'altro, per il team che si guida, per l'organizzazione?

Domande ancora aperte, fondamentali però nella prospettiva manageriale e organizzativa, e anche per la vita. Spesso si sbaglia ritmo, e non si ottiene il risultato voluto perché manca l'implicito dialogo con l'altro. Si guarda solo a se stessi e alle proprie esigenze. Senza ascolto. Dire sempre quello che ci passa per la testa può essere una virtù. Può esprimere sincerità e coraggio. Può voler dire non avere rimpianti in futuro. Può voler dire non farsi mai mettere i piedi in testa. Tutto vero. Ma spesso lo si fa nel momento sbagliato e questo manda completamente all'aria l'opportunità che l'altro ci venga dietro, capisca le nostre esigenze e magari cambi atteggiamento. Può mandare per aria un progetto condiviso con altri, può farci cadere addosso il peso della sua responsabilità. Forse un buon Manager è anche colui che sa capire quando dire e quando non dire, sa fin dove spingersi con le confidenze e sa dove fermarsi. Forse il bravo Manager è un uomo che sa relazionarsi bene e sa scegliere il giusto tempo che viene prima dello spazio. Un atteggiamento che richiede di accettare con convinzione il principio che "il tempo è superiore allo spazio" su cui si è soffermato Papa Francesco (Evangelii Gaudium). Un principio che andrebbe approfondito con cura nella dimensione manageriale, ci suggerirebbe per esempio di non "diventar matti per risolvere tutto nel momento presente". Non è chiesto a nessuno. Meglio privilegiare una prospettiva diversa e di lungo termine, forse. Prendere la giusta distanza dalla dittatura del "qui e ora". Dare priorità al tempo significa per un buon Manager occuparsi di "iniziare processi più che di possedere spazi".

Gabriele Gabrielli
Docente Università Luiss Guido Carli
twitter@gabgab58
Presidente Fondazione Lavoroperlapersona (www.lavoroperlapersona.it)

 

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