hronline
     n. 1 anno 2014

Stanchezza ed engagement

di Gabriele Gabrielli

di Gabriele Gabrielli

Siamo sempre più spossati, non importa se giovani o adulti, adolescenti o anziani. E' la sensazione che quest'epoca elargisce copiosamente a tutti, facendoci sentire debilitati e stanchi. Talvolta si accompagna a inattività e frustrazione, ma spesso ci porta a correre ancora di più. Tutto l'Occidente è prigioniero di questa stanchezza. Massimo Recalcati descrive questo fenomeno attribuendolo - sulle orme del pensiero del filosofo Martin Heidegger - al nichilismo che nasce dal voler ridurre il mondo a "risorsa" da sfruttare senza limiti (La Repubblica, 6 ottobre 2013). Predomina così il fare sull'essere, l'iperattivismo sulla riflessione, il soddisfare i desideri individuali sulla ricerca del bene comune. E' un deragliare dalla via naturale che nasce da una visione antropologica distorta che ci ha intrappolato. Siamo entrati lentamente, senza quasi accorgercene, in una gabbia costruita con materiali speciali, un insieme d'individualismo e edonismo, opportunismo e necessità di affermazione. Nella gabbia abbonda solo il cibo necessario per sostenerci nella frenetica corsa, la prestazione. Bisogna sempre eccellere, fare meglio e vincere, performare a scuola e con gli amici, in palestra e in piscina, nel lavoro e nella politica. Dobbiamo essere all'altezza di ciò che costituisce - secondo molti - una vera e propria oppressione, una nuova forma di alienazione in cui l'umanità è caduta. Siamo così tutti prigionieri di quelle "maledette occupazioni" che già Benedetto XVI aveva indicato come minaccia da cui guardarsi. Durante l'Angelus di domenica 20 agosto del 2006 ha ricordato il passaggio di uno scritto di San Bernardo di Chiaravalle che così ammoniva: "occorre guardarsi... dai pericoli di un'attività eccessiva, qualunque sia la condizione e l'ufficio che si ricopre". Questi pensieri ci possono essere di aiuto per riflettere sugli obiettivi che gran parte delle imprese e il management che le guida dichiarano di perseguire nella gestione dei collaboratori: ossia, trovare l'energia giusta per promuovere i cambiamenti necessari a sostenere i piani aziendali e il raggiungimento dei traguardi che l'organizzazione si prefigge. Viene da domandarsi - vista la situazione in cui versiamo - dove sia possibile trovare però questa nuova energia se siamo tutti così stanchi e intrappolati. E' una domanda importante anche per indirizzare la nostra ricerca quando - adottando un linguaggio ormai di uso comune - diciamo di "voler lavorare sull'engagement". Una categoria, in verità, su cui non c'è ancora univocità di vedute; la riflessione teorica sta cercando di mettere ordine - valorizzando le esperienze organizzative - tra diverse prospettive di analisi e differenti costrutti disponibili. Ci si chiede, per esempio, che relazioni intercorrano tra engagement e clima aziendale, tra soddisfazione e comportamenti di cittadinanza. Ci sembra efficace al riguardo il pensiero di Alberto Marino quando scrive - registrando gli sforzi di comprensione in atto - che il concetto di engagement "sembra essere più grande della somma delle sue parti" (il saggio è pubblicato nel volume curato da Carlo des Dorides e Paolo Iacci, I sistemi di valutazione del personale, Guerini e Associati, Milano 2013). Se siamo così stanchi - lo sottolineano in molti - è perché rincorriamo bisogni di realizzazione pensando che possiamo soddisfarli solo con il riconoscimento di premi e mete esterne, come per esempio la carriera a svantaggio di altri o il "primeggiare" nella considerazione del capo. Questa prospettiva però, abbiamo appena visto, non sortisce altro effetto che renderci ancora più esausti, pur se costretti a continuare il gioco fino a che le nostre pile non si esauriscono, per cadere così in qualche forma di depressione e di burn out. Se siamo consapevoli di questa situazione, allora, dobbiamo percorrere altre strade per ricercare energia nelle persone. La promessa dell'organizzazione non può essere ristretta entro i perimetri angusti indicati da un pensiero performante e individualista, ma deve trovare vie più autentiche da cui attingere la forza vitale che le persone hanno. Abbiamo scritto recentemente su queste pagine (Ritrovare la sapienza originaria del Total Reward, n.18, novembre 2013) che la sfida del management e delle funzioni HR è quella di costruire ambienti produttivi che rendano l'esperienza del lavoro in sé un premio, attraverso approcci più attenti a valorizzare le componenti intrinseche della motivazione. E' una via stretta, capace però di tenerci alla larga dal rischio di cadere nelle trappole delle molte retoriche che periodicamente irretiscono la nostra consapevolezza.

Gabriele Gabrielli, docente Università Luiss Guido Carli
Presidente Fondazione Lavoroperlapersona (www.lavoroperlapersona.it)

 

  • © 2024 AIDP Via E.Cornalia 26 - 20124 Milano - CF 08230550157 - tel.02/6709558 02/67071293

    Web & Com ®