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     n. 13 anno 2013

Capitale spaziale e architetti di apprendimento
A margine delle proteste di piazza Taksim

di Gabriele Gabrielli

di Gabriele Gabrielli

La città e il territorio sono luoghi privilegiati del nostro vivere. Le "politiche spaziali" che li coinvolgono ne costituiscono un po' l'archivio - come scrive efficacemente Bernardo Secchi (La città dei ricchi e la città dei poveri, Laterza, 2013) - di "temi, conflitti, soggetti, politiche e progetti che si sono sovrapposti e cumulati nel tempo senza cancellarsi". Lo spunto per questa riflessione ci viene dato dalle proteste e dalla violenza che abbiamo visto attorno a piazza Taksim, nel "cuore di Istanbul". Una vicenda che mostra molte cose, soprattutto "che gli spazi pubblici hanno ancora un peso simbolico e politico in grado di mobilitare i cittadini", ha osservato Michael Kimmelman (Internazionale, n.1004, 14 giugno 2013). Le persone hanno bisogno di spazi liberi, magari disordinati, anziché progetti efficienti che sostituiscono all'energia e vitalità di spazi inclusivi come quelli di Taksim la fredda e calcolatrice razionalità dei consumi o del controllo. Il progetto del primo ministro Erdogan sembra volesse proprio questo, ossia - scrive ancora il critico di architettura del New York Times - "eliminare gli autobus e i taxi e fare di Taksim una grande area pedonale, togliendole la sua imprevedibile energia e trasformandola in un'elegante zona di negozi". La vicenda fa venire in mente il dibattito attuale sul benessere e su che cosa sia capace di misurarlo. Economisti e premi Nobel, filosofi e politici sempre più numerosi stanno lavorando per "raddrizzare" la nostra vista e correggere quella drammatica miopia con cui cresciamo secondo cui il benessere di una società, di un paese, di una persona è soprattutto dato dallo sviluppo economico e dal reddito elevato. "Ricca" però è anche la persona che sta bene e che dispone di un adeguato capitale culturale, la persona che ha capacità, relazioni e legami. Ma è ricca, secondo il pensiero di Edward Soja richiamato nelle pagine dell'urbanista Secchi che proponiamo, "è anche la persona, la famiglia o il gruppo che dispone di un adeguato capitale spaziale, vive cioè in parti della città e del territorio dotate di requisiti che ne facilitano l'inserimento nella vita sociale, culturale, professionale e politica come nelle attività a lei più consone".
Adottare questo punto di vista significa imprimere un orientamento ben preciso alle politiche urbaniche e a quelle che presidiano lo sviluppo del territorio. Ma non solo. Perché gli spazi sono sempre architetture sociali che coinvolgono direttamente la persona, la sua vita, le sue potenzialità. Anche le architetture delle imprese e il disegno degli spazi delle altre organizzazioni hanno questa capacità. Sono spazi fisici e virtuali, spazi reali e simbolici. Costruire dispositivi spaziali efficaci, infatti, è una parte del lavoro concreto che tutti i giorni svolgono anche imprenditori, manager e professional dentro le organizzazioni. E' senza dubbio, poi, la responsabilità più significativa di chi si occupa a vario titolo di apprendimento. Sono gli architetti di apprendimento (www.architettidiapprendimento.it) che valorizzano la persona e le sue relazioni, consentendo di approfondire i legami tra i nodi dell'organizzazione per estrarne valore e tramutarlo in innovazione, conoscenza, nuovi saperi, benessere.
Nelle imprese, a ben vedere, il capitale spaziale è il nocciolo del loro efficace funzionamento;, che si poggia sulla disponibilità di luoghi inclusivi capaci di riconoscere cittadinanza organizzativa a tutti, per trarne fiducia, commitment e coinvolgimento attivo.
A formare questo capitale spaziale contribuiscono le individualità, e quindi le caratteristiche uniche e irripetibili di ciascuna persona, ma anche le connessioni che vanno lette, comprese e esaltate. L'architetto di apprendimento, infatti, predilige la dinamica alla statica. Le implicazioni di questa visione sono molte. Certamente c'è quella sulla scelta dei materiali, la definizione del layout degli spazi per liberare energia, innovazione, passione e non imbrigliarla, l'individuazione degli spazi destinati ai singoli e quelli ad attività comuni, la scelta dei colori con cui tinteggiare i diversi ambienti. Per mettere insieme diversità nell'armonia, unicità e molteplicità. 
Lavorare con questo orientamento significa sgomberare la strada dell'azione manageriale da tanti macigni. Per esempio quello che privilegia approcci elitari ed esclusivi. Gli architetti di apprendimento, invece, a rischio di essere additati come un po' "disordinati", utilizzeranno sempre politiche inclusive nel disegnare le loro architetture sociali. Perché le imprese sono sempre più aperte come l'epoca che viviamo. A formare il capitale spaziale contribuiranno politiche e orientamenti che affermano: che i budget della formazione e dello sviluppo non hanno età; che l'apprendimento organizzativo non si fonda sul contributo di pochi; che vale sempre la pena investire per conoscere a fondo le persone, le loro caratteristiche, i loro progetti per cercare spazi di condivisione e realizzazione; che conoscere il potenziale delle persone, per assecondarne lo sviluppo, diventa strumento essenziale per tutte le stagioni e per tutte le età.
I territori, la città, le imprese hanno bisogno di spazi liberi e pubblici, costruiti con materiali accoglienti, per non lasciarli soffocare da progetti che vorrebbero eliminare energia e vitalità. Ostacoliamo con convinzione questi progetti, evitiamo le proteste che nascono dall'indignazione. Attorno a quest'idea a settembre, in occasione del secondo seminario interdisciplinare sull'accoglienza della Fondazione Lavoroperlapersona, si troveranno insieme a discuterne economisti e filosofi, architetti e urbanisti, amministratori e designer.

Gabriele Gabrielli, Università LUISS Guido Carli
Presidente Fondazione Lavoroperlapersona (www.lavoroperlapersona.it)

 

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