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     n. 11 anno 2012

Aprire porte e finestre al lavoro
La sfida di Benedetto XVI e Giorgio Napolitano alla classe dirigente

di Gabriele Gabrielli – Docente Università LUISS Guido Carli

di Gabriele Gabrielli – Docente Università LUISS Guido Carli

Dobbiamo aggrapparci da qualche parte. Oggi, quando tutto sembra tremare - come nelle tragiche immagini che continuano a giungerci dalle zone terremotate dell'Emilia Romagna - sentiamo il bisogno di ancorare la speranza che ancora nutriamo per tradurla in motivazione a crescere e fondare un nuovo sviluppo. In molti hanno detto e scritto che ogni crisi ha del ‘buono', perché offre l'opportunità di un cambiamento profondo, l'occasione per invertire la rotta o per indirizzarla su un percorso sostenibile. Del resto, non c'e ambito dell'agire umano risparmiato da questa instabilità che, ancor prima che economica e finanziaria, si è pienamente dimostrata morale e culturale. Come un effetto domino si abbattono uno dopo l'altro i modelli e le idee ‘urlate' negli ultimi anni, mostrando così che non poggiavano su basi solide e rappresentavano - per usare le categorie di Sant'Agostino - la vanità piuttosto che la verità. In molti questa nuova caduta degli idoli sta creando sgomento e disorientamento. In una parte della società suscita rattrappimento, mentre crescono i segnali di una "società della rabbia" che rischia di infuocare il Paese. In altri ancora provoca scoraggiamento e voglia di fuga. Soprattutto nei giovani che vorrebbero invece costruire una vita di senso per sè e per gli altri anche con il lavoro, che continua invece a evaporare. Gli ultimi dati sulla occupazione sono ancora di segno negativo e peggiorativi. Non ci conforta essere in buona compagnia nell'eurozona. In queste ore, però, si stanno sviluppando anche grandi capacita di resistenza, che sfociano nella determinazione a voler ricominciare su nuove basi. Sono molte le imprese e gli imprenditori che testimoniano con coraggio e generosità questa speranza. Sono numerosi gli educatori impegnati nelle scuole primarie e secondarie, nelle superiori e nelle università, nei dottorati e nei master a condividere la passione e il rispetto per gli altri, a immaginare e discutere di un'economia e di una società fondate sulla ricerca del bene non solo individuale ma anche comune. Malgrado la terra continui a tremare sono molte le famiglie che si stringono le une alle altre per condividere quello che hanno, sostenute e incoraggiate da quell'ampio e articolato tessuto di "buona amministrazione" che alimenta e nutre ancora territori, comunità, società civile. C'è poi un altro ancoraggio che ci sostiene e dà sicurezza e conforto alla nostra speranza. In questo periodo non sono mai mancate le preziose indicazioni e l'incoraggiamento di leader e autorità civili e morali che - per nulla propense a inchinarsi alla ideologia della ricerca del consenso - sanno parlare al cuore della gente lanciando sfide e richiamando ciascuno alle proprie responsabilità. E' straordinaria la sintonia che traspare da due recenti interventi, uno di papa Benedetto XVI e l'altro del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il primo, in occasione della sua visita a Sansepolcro (13 maggio) ricordando come "il bene comune conta più del bene del singolo", chiede ai giovani di "non rinchiudersi in se stessi, ma di farsi carico degli altri" invitandoli a "saper pensare in grande" avendo il coraggio di osare. Dieci giorni dopo, nell'aula bunker di Palermo per commemorare Giovanni Falcone, il presidente Napolitano - rotto dalla commozione - esprime cosi l'affidamento del Paese sulle nuove generazioni: " ... completate con impegno la vostra formazione, portate avanti il vostro apprendistato civile, e scendete al più presto in campo, aprendo porte e finestre se vi si vuole tenere fuori ...". Un appello straordinario rivolto, a ben guardare, non solo ai giovani, che donano - per usare ancora le parole di Benedetto XVI - "nuovo sapore all'intera società", ma a un'intera classe dirigente che deve avere il coraggio di farsi da parte, in tutti i campi, lasciando spazi per creare opportunità, aprendo senza indugio le finestre dell'accesso al lavoro e a maggiori responsabilità per i più giovani. Nessuno ci ha dato l'autorità di giudicare le nuove generazioni, piuttosto condividiamo la responsabilità e il dovere di accoglierle e aiutarle. Soprattutto quando la terra trema e lo sciame sismico non sembra volerci accordare nemmeno una tregua. "Pensate in grande", ha detto il papa esortando i giovani. Siamo noi che dobbiamo farlo per primi, con iniziative coraggiose e assumendocene i costi se ci sono, lasciando che all'"apprendistato civile" dei giovani si accompagni anche l'apprendistato e l'impegno nei luoghi di lavoro.

Presidente Fondazione Lavoroperlapersona - www.lavoroperlapersona.it

 

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