hronline
     n. 18 anno 2012

Non scadiamo nell’ideologia dei numeri

di Gabriele Gabrielli

di Gabriele Gabrielli

Dilaga la tendenza - per usare le parole di Giulio Giorello - "a dare i numeri" che, uscendo dagli ambiti dell'ingegneria e dell'economia, coinvolge ogni campo del sapere e dell'esperienza. Siamo continuamente alla ricerca di modelli, strumenti e algoritmi per misurare ogni cosa. Vogliamo attribuire un valore a tutti i fenomeni che osserviamo nella nostra vita e nel mondo fuori di noi, o in quello che invece costruiamo. I sondaggi guidano decisioni, fanno rinviare provvedimenti, formano alleanze a tempo e variabili, in attesa della successiva misurazione delle preferenze e delle intenzioni. Del resto, già duemilacinquecento anni fa, Pitagora diceva che "il numero è il principio di tutte le cose". Alla misura associamo dunque ordine e armonia. La capacità di misurare modera soprattutto la nostra ansia di controllare e dominare ogni cosa, sottolineando la nostra fragilità.
Nelle scienze del comportamento organizzativo (che studiano il comportamento umano nelle organizzazioni indagando sulle sue molteplici cause e variabili) e del management, d'altro canto, sappiamo bene che questa ricerca è presente da sempre. Quando si pensa al management, infatti, ossia a quella complessa attività combinatoria di risorse di varia natura finalizzata a organizzare la produzione di beni e servizi per rispondere ai bisogni dell'umanità, vengono subito alla mente le metriche e i metodi di misurazione cui sottoponiamo questa delicata responsabilità e i suoi risultati, le caratteristiche dei prodotti, dei servizi e dei processi che ne qualificano la ragion d'essere e ne strutturano il funzionamento. Le imprese sono diventate nel tempo, di pari passo con lo sviluppo delle scienze e della cultura manageriale, luoghi di misura della qualità, delle percezioni condivise e degli atteggiamenti dei collaboratori (il clima organizzativo), della performance, della personalità e delle emozioni, dell'apprendimento e della motivazione.
La disponibilità di accurati e affidabili processi di misurazione diventa motivo di tranquillità per investitori, azionisti e stakeholder. Poter disporre di metriche, misure e indicatori da esibire in sempre più efficaci e colorati "cruscotti gestionali", anche tridimensionali, è funzionale a molte esigenze: a quelle di controllo dei processi che si hanno in carico, delle responsabilità assegnate e delle performance conseguite, di valorizzazione economica per i mercati, di supporto ai processi decisionali, di identificazione delle aree di miglioramento su cui concentrare gli sforzi e le azioni, di incentivazione al cambiamento.
Le misure in questo senso ci sono di aiuto per semplificare una realtà sempre più dinamica e complessa da governare. Anche se non bisogna mai dimenticare che sono "soggettive", perché dipendono sempre dalla prospettiva scelta e dai fattori considerati. Occorre allora non esagerare e tenere sempre i piedi per terra e non costruire pericolose ideologie dei numeri, soprattutto quando oggetto di misurazione si vorrebbe far diventare ciò che è senza valore perché inestimabile, come la persona.

Gabriele Gabrielli
Docente Università LUISS Guido Carli
Presidente Fondazione Lavoroperlapersona (www.lavoroperlapersona.it)

 

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