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     n. 16 anno 2012

Qualche “seme di speranza” per fecondare il nostro impegno

di Gabriele Gabrielli

di Gabriele Gabrielli

Non c'è cosa più agognata che la speranza. Di questi tempi è la domanda più forte e inconfessata. Tutti la cerchiamo, bussando le porte che incontriamo lungo i nostri percorsi di vita. Non abbiamo idee chiare sulle sue sembianze. Sentiamo però che senza apertura e futuro il nostro vivere è monco, senza respiro, privo di meta. La speranza che cerchiamo è anche un mistero, all'incrocio tra finitezza e infinito. Tra particolare e universale.
La crisi, o meglio, "le" crisi che avviluppano la società e le sue molteplici sfere rendono la speranza oggi un bene ancora più prezioso, un appiglio cui ancorare l'impegno nella politica, nelle istituzioni e nei sistemi educativi, nella famiglia, nell'economia e nel lavoro.
Senza speranza, infatti, non faremmo proprio nulla. Nessuna decisione e nessuna azione sarebbero motivate. Perché non avrebbero direzione, né persistenza nel tempo.
La speranza però soffre, può vacillare e sbiadirsi; può addirittura addormentarsi, soprattutto quando tutto sembra congiurare per soffocarla: la crisi finanziaria ed economica, gli attentati e la violenza dei radicalismi culturali, gli scandali della politica e la sua superbia, il malaffare pubblico e privato, gli ospedali che non accolgono e curano come vorremmo, le scuole che non ci sono, l'informazione che vacilla per reputazione e funzione sociale, il lavoro che manca e - quando c'è - non piace.
Malgrado ogni cosa sembra contribuire a precarizzare la speranza, questa tuttavia non si fa sottomettere nè spegne la propria voce. Continua invece il suo lavoro sottotraccia, con tenacia e senza cedimenti. Prende la forma di tante piccole ma robuste testimonianze che - se manteniamo viva l'attenzione - possiamo ascoltare, vedere e incontrare tutti i giorni. Non alla televisione, o molto raramente; né sulla stampa. Ma nella vita quotidiana. La speranza allora ci rimprovera benevolmente, ci invita a smetterla di lamentarci e divertirci al gioco del catastrofismo. Guardati attorno e muoviti - sembra dirci - alza lo sguardo verso il futuro, abbi coraggio e non nasconderti.
Ho sentito tutto questo qualche sera fa, quando sono riuscito finalmente a leggere una email di un giovane poco più che ventenne. L'ha voluta condividere con me un amico, Enrico Loccioni. E' un imprenditore che quando apre la sua cartella ha sempre qualche cosa che ti sorprende. Mi ha detto: "Ho ospitato un giovane ingegnere edile per un giorno e mezzo. Gli aveva parlato della nostra impresa il nonno che conosco. Dopo qualche giorno mi ha scritto queste riflessioni. Sono rimasto di stucco. Mi farebbe piacere se volessi leggerle".
Prendo soltanto uno spunto tra i molti che mi ha suggerito la sua lettura. Alessandro, dopo aver sperimentato con la sua visita che ci sono ambienti organizzativi dove si lavora e crea con gioia e spirito di collaborazione, quasi di comunità, potendosi fare innovazione e sentirsi pienamente persone, scrive così:
"Ringrazio molto per l'esperienza: resterà fondamentale per me e mi ha dato un'ulteriore dimostrazione del fatto che questo Paese non è soltanto come lo raccontano in televisione o sui giornali, ma ha al suo interno dei semi di speranza molto forti e fecondi e che il contributo di una singola persona può fare molto più di quanto il detto ‘nel suo piccolo, ha fatto qualcosa' lasci credere".
Sono "semi di speranza" che invitano a ribellarci contro quanti vogliono - con qualunque forma - chiudere il futuro a noi e soprattutto alle più giovani generazioni, innalzando mura e ponendo ostacoli di ogni sorta.
Ma non c'è "siepe" - per riecheggiare i versi de L'Infinito di Giacomo Leopardi, il poeta di Recanati nelle Marche - che possa contenere il nostro pensiero e la tensione umana verso la conoscenza e l'eterno. Del resto, non è anche sulla speranza che poggia il progresso?
Anche questa riflessione non è farina del mio sacco, ma una riflessione del giovane ingegnere edile che aggiunge: "Perché non far leggere ‘L'Infinito' ai neo-assunti?"

Gabriele Gabrielli
Docente Università LUISS Guido Carli
Presidente Fondazione Lavoroperlapersona - www.lavoroperlapersona.it

 

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